Recidiva: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso, in particolare quando si contesta la valutazione della recidiva e il bilanciamento delle circostanze. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione dei motivi d’appello, ma deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.
I fatti del caso
Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per due episodi di furto aggravato. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza incentrato su due aspetti: la mancata esclusione della recidiva e il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante contestata. La Corte d’Appello aveva già rigettato queste richieste, confermando la decisione del primo giudice.
La decisione sulla recidiva e l’inammissibilità del ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, ha qualificato i motivi presentati come una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello. Secondo la giurisprudenza costante, un ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla corte di merito è considerato non specifico e, quindi, inammissibile. Manca, infatti, della sua funzione tipica, che è quella di sviluppare una critica mirata e argomentata contro la logica della sentenza impugnata.
In secondo luogo, la Corte ha giudicato il motivo manifestamente infondato nel merito, specialmente per quanto riguarda la contestazione sulla sussistenza della recidiva.
Le motivazioni della Corte
La Cassazione ha chiarito che il giudice di merito ha correttamente applicato i principi giurisprudenziali sulla valutazione della recidiva. Tale valutazione non può basarsi unicamente sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso dalle precedenti condanne. Il giudice deve, invece, esaminare in concreto il rapporto tra il nuovo reato e i precedenti penali, verificando se la condotta passata indichi una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che ha agito come fattore criminogeno per il reato sub iudice. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione su questo punto, rendendo la contestazione infondata.
Inoltre, per quanto riguarda il bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti, la Suprema Corte ha ribadito che si tratta di una valutazione discrezionale del giudice di merito. Tale giudizio sfugge al sindacato di legittimità, a meno che non sia il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento illogico. Se la motivazione è sufficiente, come nel caso in esame in cui il giudice ha ritenuto l’equivalenza delle circostanze la soluzione più idonea a garantire l’adeguatezza della pena, il ricorso non può essere accolto.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce due principi cardine del processo penale. Primo, la specificità dei motivi di ricorso è un requisito essenziale per l’ammissibilità: non basta ripetere le doglianze, ma occorre criticare specificamente il ragionamento del giudice precedente. Secondo, la valutazione della recidiva e il bilanciamento delle circostanze sono attività proprie del giudice di merito, il cui operato è difficilmente censurabile in Cassazione se sorretto da una motivazione logica e coerente. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della totale infondatezza del ricorso.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone gli stessi motivi dell’appello?
Perché un ricorso di questo tipo è considerato non specifico. Esso si limita a una ‘pedissequa reiterazione’ degli argomenti già esaminati e disattesi, omettendo di svolgere la sua funzione tipica, che è quella di una critica argomentata contro la specifica sentenza impugnata.
Come deve essere valutata la recidiva dal giudice?
La valutazione non può basarsi solo sulla gravità dei reati precedenti o sul tempo trascorso. Il giudice deve esaminare concretamente, secondo i criteri dell’art. 133 c.p., il rapporto tra il nuovo reato e le condanne passate per verificare se queste indichino una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che abbia influito sulla commissione del nuovo crimine.
È possibile contestare in Cassazione il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti deciso dal giudice di merito?
No, non è consentito contestarlo in sede di legittimità se la decisione del giudice di merito non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e se è sorretta da una motivazione sufficiente. Si tratta di una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12011 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12011 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ALESSANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
1.Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile di due ipotesi di reato di furto aggravato;
2.Considerato che il primo motivo ed unico di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia l’insufficienza della motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva e il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante, è inammissibile anzitutto perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01);
3. Ritenuto, altresì, che il motivo di ricorso con cui si contesta la sussistenza della recidiva, è reiterativo e manifestamente infondato, in quanto il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in particolare, pag. 5 della sentenza impugnata) dei principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del giudic non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si p e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influit quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”.
Inoltre, la contestazione del giudizio di comparazione fra opposte circostanze non è consentita in sede di legittimità ed è manifestamente infondata, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e s sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizza l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07 febbraio 2024.