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Recidiva: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sussistenza della recidiva. Il motivo del ricorso è stato ritenuto generico e non in grado di confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, la quale si basava su un precedente specifico commesso solo due mesi prima, considerato un chiaro indice della capacità a delinquere e della mancanza di resipiscenza del soggetto.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Ricorso in Cassazione: Analisi di una Dichiarazione di Inammissibilità

L’istituto della recidiva è uno degli elementi più dibattuti nel diritto penale, incidendo direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare i requisiti di ammissibilità di un ricorso che contesta proprio la valutazione della recidiva da parte dei giudici di merito. Vediamo come la specificità dei motivi di ricorso sia un requisito imprescindibile per superare il vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Quest’ultima aveva confermato la condanna, ritenendo sussistente la contestata recidiva. La difesa dell’imputato, non condividendo la valutazione dei giudici di secondo grado, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a un unico motivo: la presunta mancanza e manifesta illogicità della motivazione con cui era stata affermata la recidiva.

La Tesi Difensiva: Una Motivazione Apparente

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello si sarebbe limitata ad affermare la sussistenza della recidiva in modo ‘apodittico’, ovvero senza fornire un’argomentazione logica e concreta a sostegno della propria decisione. In sostanza, la difesa lamentava che la motivazione fosse solo apparente e non spiegasse realmente perché le circostanze del caso giustificassero l’applicazione di tale aggravante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso non può essere generico, ma deve confrontarsi specificamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata.

La Suprema Corte ha osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la motivazione della Corte d’Appello non era affatto illogica o carente. I giudici di merito avevano infatti basato la loro valutazione su un elemento di fatto preciso e significativo: l’imputato aveva commesso un altro reato specifico solo due mesi prima del fatto per cui si stava procedendo. Questo precedente, così ravvicinato nel tempo, è stato considerato un indice inequivocabile di due fattori cruciali:

1. Una marcata capacità a delinquere: la vicinanza temporale tra i due reati dimostra una particolare inclinazione a violare la legge.
2. La mancanza di resipiscenza: il comportamento dell’imputato evidenzia una totale assenza di ravvedimento dopo il precedente reato, indicando che la precedente esperienza con la giustizia non ha avuto alcun effetto deterrente.

La Corte di Cassazione ha quindi concluso che il motivo di ricorso era inammissibile perché non si confrontava con questa precisa e logica argomentazione, limitandosi a una critica generica e astratta della motivazione. In altre parole, non è sufficiente affermare che una motivazione è illogica; è necessario spiegare perché lo è, smontando punto per punto il ragionamento del giudice.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi opera nel diritto: un ricorso in Cassazione deve essere un atto di alta tecnica giuridica, mirato e specifico. Le censure generiche, che non si calano nella concretezza della motivazione impugnata, sono destinate a essere dichiarate inammissibili. Nel caso della recidiva, la valutazione del giudice di merito, se basata su elementi concreti come la natura e la prossimità temporale dei precedenti, è difficilmente scalfibile con contestazioni astratte. La decisione comporta, inoltre, conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà del filtro di ammissibilità operato dalla Suprema Corte.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era generico e non si confrontava specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. La difesa si è limitata a criticare la decisione sulla recidiva come illogica, senza però analizzare e contestare l’argomentazione specifica della Corte d’Appello.

Come ha giustificato la Corte d’Appello la sussistenza della recidiva?
La Corte d’Appello ha ritenuto sussistente la recidiva sulla base di un precedente reato specifico commesso dall’imputato appena due mesi prima del fatto in giudizio. Questo elemento è stato considerato un chiaro indicatore della sua marcata capacità a delinquere e della sua mancanza di ravvedimento (resipiscenza).

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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