Recidiva e Discrezionalità del Giudice: la Cassazione Dichiara un Ricorso Inammissibile
L’istituto della recidiva rappresenta uno degli aspetti più dibattuti del diritto penale, incidendo direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 45158/2024, offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi e sui limiti del sindacato di legittimità riguardo alle valutazioni discrezionali del giudice di merito. Il caso in esame riguarda un ricorso dichiarato inammissibile perché basato su motivi generici, che non si confrontavano con le solide argomentazioni della sentenza impugnata.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in appello per i reati di evasione e false dichiarazioni, con l’aggravante della recidiva reiterata e specifica. La difesa decideva di presentare ricorso in Cassazione, articolando due motivi principali:
1. Errata applicazione della recidiva: Secondo il ricorrente, mancavano i presupposti per l’applicazione dell’aggravante, contestando la valutazione fatta dai giudici di merito.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava inoltre la decisione della Corte d’Appello di non concedere le attenuanti in regime di prevalenza sulle aggravanti e, più in generale, la graduazione della pena applicata.
L’analisi della Corte sulla recidiva e la genericità del motivo
La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo, definendolo ‘generico e manifestamente infondato’. La critica principale mossa dai giudici di legittimità è che il ricorso era stato formulato ‘senza alcun confronto, men che meno critico, con il tenore della sentenza impugnata’.
La Corte d’Appello aveva infatti spiegato dettagliatamente perché la recidiva non potesse essere disapplicata: i numerosi precedenti penali dell’imputato erano stati considerati indicatori concreti di una ‘accentuata colpevolezza’ e di una ‘maggiore pericolosità sociale’. Di fronte a questa motivazione, il ricorso si era limitato a una contestazione astratta, senza smontare punto per punto le argomentazioni dei giudici di merito. La Cassazione ha quindi ribadito un principio consolidato: non è sufficiente dissentire, bisogna dimostrare l’illogicità o la contraddittorietà del ragionamento del giudice.
Attenuanti e Graduazione della Pena: la Discrezionalità del Giudice
Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha ricordato che le valutazioni relative al bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, così come la quantificazione della pena entro i limiti edittali, rientrano nella ‘discrezionalità del giudice di merito’.
Questo potere non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia frutto di ‘mero arbitrio o di ragionamento illogico’. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ritenuto che il giudizio di equivalenza tra le circostanze fosse la soluzione più adeguata a garantire una pena congrua. Tale scelta, essendo sorretta da una motivazione sufficiente, non poteva essere messa in discussione dalla Cassazione. Tentare di ottenere in Cassazione una ‘nuova valutazione’ sulla congruità della pena è un’operazione non consentita.
Le motivazioni della decisione
Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nel concetto di ‘autosufficienza del ricorso’ e nel rispetto dei confini tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano astratti e non si confrontavano con le specifiche ragioni esposte nella sentenza impugnata. La Corte ha evidenziato come il giudice d’appello avesse correttamente applicato il ‘diritto vivente’, ovvero i principi consolidati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, sia in materia di recidiva sia di valutazione delle circostanze. La motivazione della sentenza di secondo grado era congrua, logica e priva di vizi, rendendo il ricorso un mero tentativo di ottenere una terza valutazione sul fatto, compito che esula dalle funzioni della Corte di Cassazione. La decisione di condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria è la conseguenza diretta dell’inammissibilità.
Le conclusioni
L’ordinanza n. 45158/2024 è un monito fondamentale per la pratica legale: un ricorso per cassazione, per avere speranza di successo, deve essere specifico, critico e puntuale. Non può limitarsi a una generica doglianza, ma deve individuare con precisione i vizi logici o giuridici della decisione impugnata. Soprattutto in materie caratterizzate da un’ampia discrezionalità del giudice di merito, come la valutazione della recidiva e la commisurazione della pena, il sindacato della Cassazione è rigorosamente limitato alla verifica della legalità e della coerenza della motivazione. Qualsiasi tentativo di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito è destinato a fallire.
Quando può essere contestata l’applicazione della recidiva in Cassazione?
L’applicazione della recidiva può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Una semplice divergenza di valutazione o una critica generica, che non si confronta con le argomentazioni della sentenza, non è sufficiente.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può ricalcolare la pena o modificare il giudizio di comparazione tra le circostanze. Questi sono compiti che rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. Il ruolo della Cassazione è solo quello di verificare che la decisione sia conforme alla legge e supportata da una motivazione adeguata e non illogica.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e manifestamente infondati. La difesa non ha formulato una critica specifica e puntuale contro le motivazioni della sentenza d’appello, limitandosi a prospettare questioni che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale aveva esercitato tale potere in modo logico e corretto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45158 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45158 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 26/02/1979
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che NOME ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, articolando due motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 18 aprile 2024, che ha confermato la condanna inflittagli per i reati di cui agli artt. 385, 495 e 61 n. 2 cod. p aggravati dalla recidiva reiterata specifica (fatti commessi in Napoli il 29 luglio 2022);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo, che deduce, sotto l’egida della violazione dell’art. 99 cod. pen. e de vizio di motivazione, l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della contestata e ritenut recidiva, è generico e manifestamente infondato, perché formulato senza alcun confronto, men che meno critico, con il tenore della sentenza impugnata (vedasi pag. 3 della sentenza impugnata), che ha dato conto con congrui riferimenti in fatto, non illogicamente valutati, d come la recidiva non potesse essere disapplicata in ragione delle numerose condanne riportate dall’imputato, suscettibili di rivelarsi concretamente significative di un’accentuata s colpevolezza e di una maggiore pericolosità, tanto in conformità all’insegnamento impartito dal dritto vivente in materia (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, Rv. 284878; Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838);
che il secondo motivo, che denuncia la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza e l’operata graduazione della pena, è articolato senza tener conto che, per diritto vivente, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra oppos circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza del pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Rv. 245931), e prospetta, comunque, questioni non consentite nel giudizio di legittimità nonché manifestamente infondate, posto, in particolare, che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., con conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o d ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, dep. 2008, Rv. 238851), come nel caso che occupa (vedasi pag. 4 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 novembre 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente