Recidiva: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto della recidiva è uno degli elementi più dibattuti nel diritto penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione pratica su come devono essere strutturati i ricorsi che contestano tale aggravante, pena l’inammissibilità. La decisione chiarisce che non è sufficiente riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito, ma è necessario formulare critiche specifiche e pertinenti alla sentenza impugnata. Approfondiamo i dettagli di questa pronuncia per comprendere meglio i confini del diritto di impugnazione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di lesioni personali aggravate. La Corte di Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado, riconoscendo la sussistenza dell’aggravante della recidiva. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: la presunta violazione della legge penale in relazione, appunto, al riconoscimento della recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla recidiva
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale drastica decisione risiede nel fatto che il motivo di ricorso è stato giudicato “versato in fatto e manifestamente infondato”. In sostanza, l’imputato non ha mosso censure nuove ed efficaci contro la sentenza della Corte di Appello, ma si è limitato a riproporre le medesime doglianze già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio. Questo approccio, secondo la Cassazione, non costituisce un valido motivo per investire la Corte di legittimità, il cui compito non è riesaminare il fatto, ma verificare la corretta applicazione della legge.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte di Cassazione ha sottolineato come la Corte di Appello avesse fornito una motivazione “congrua e logica”, e quindi non sindacabile in sede di legittimità, per giustificare la sussistenza della recidiva. I giudici di merito avevano infatti ravvisato i presupposti dell’aggravante, ritenendo il nuovo reato un chiaro indicatore dell’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato. Tale pericolosità era stata desunta dal collegamento tra il reato di lesioni e la sua precedente “collocazione criminale” nel settore degli stupefacenti, come già emerso da precedenti condanne. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso si è rivelato sterile, in quanto non ha saputo criticare specificamente il ragionamento logico-giuridico della Corte territoriale. La conseguenza inevitabile, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, è stata la declaratoria di inammissibilità, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, data la colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente priva di fondamento.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per contestare efficacemente una sentenza, e in particolare un aspetto delicato come la recidiva, è indispensabile formulare censure specifiche, puntuali e giuridicamente pertinenti che mettano in luce un errore di diritto o un vizio logico nella motivazione della decisione impugnata. La mera riproposizione di argomenti già vagliati e respinti equivale a un’impugnazione infondata, destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguenze economiche negative per chi la propone.
Quando un ricorso in Cassazione sulla recidiva può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando è manifestamente infondato, ad esempio se si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere censure specifiche e nuove alla motivazione della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Come ha giustificato la Corte d’Appello la sussistenza della recidiva in questo caso?
La Corte d’Appello ha ritenuto che il nuovo reato fosse dimostrativo di un’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, collocando il fatto nel contesto della sua pregressa attività criminale nel settore degli stupefacenti e ritenendolo funzionale ad essa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6624 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6624 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 25/04/1981
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di lesioni personali;
considerato che l’unico motivo, con il quale si lamenta la violazione della legge penal ordine alla sussistenza della recidiva contestata, è versato in fatto e manifestamente infonda quanto, lungi dal muovere effettive censure alla sentenza di secondo grado, si è limitato a ripo le doglianze prospettate con l’atto di appello e disattese dalla Corte di merito, la quale ha ra i presupposti della contestata recidiva ritenendo il fatto dimostrativo della sua accresciuta peric poiché lo ha collocato, con una motivazione congrua e logica che non può essere in questa sede utilmente sindacata (cfr. Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01; Sez. 1 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841 – 01), nel contesto della sua collocazione criminal nel settore degli stupefacenti e funzionale ad essa (come già palesata tramite i fatti per cui riportato precedenti);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegu ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/11/2024.