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Recidiva: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro l’applicazione della recidiva. La Corte stabilisce che non basta negare la recidiva, ma è necessario confrontarsi con la motivazione del giudice che ha valutato la pericolosità sociale e l’inclinazione al delitto dell’imputato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Ricorso in Cassazione: Quando la Contestazione è Inammissibile

L’applicazione della recidiva è un tema centrale nel diritto penale, poiché incide direttamente sull’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini entro cui è possibile contestare tale aggravante in sede di legittimità, sottolineando l’importanza di un confronto puntuale con le motivazioni del giudice di merito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine da una condanna per furto aggravato. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado e riducendo la pena a due anni di reclusione e 930 euro di multa, aveva confermato l’applicazione della recidiva qualificata, ai sensi dell’art. 99, comma 4, del codice penale.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’erronea applicazione della legge penale con specifico riferimento alla mancata esclusione della recidiva, sostenendo che non ne ricorressero i presupposti applicativi.

La Valutazione della Recidiva in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nel fatto che il motivo proposto dall’imputato è stato ritenuto non deducibile in sede di legittimità. Secondo i giudici supremi, il ricorso era privo di un adeguato confronto con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

In altre parole, non è sufficiente affermare genericamente che la recidiva non doveva essere applicata; è necessario, invece, smontare pezzo per pezzo il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice d’appello per giustificarne l’applicazione. Mancando questa critica specifica, il ricorso perde di fondamento e non può essere esaminato nel merito.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello lineare, congrua e priva di contraddizioni. Il giudice di merito, infatti, non si era limitato a prendere atto dell’esistenza di precedenti penali specifici a carico dell’imputato. Al contrario, aveva svolto un’analisi concreta, basata sui criteri dettati dall’articolo 133 del codice penale, per valutare la personalità del reo.

Nello specifico, la Corte d’Appello aveva esaminato il rapporto tra il furto per cui si procedeva e le condanne precedenti, concludendo che la pregressa condotta criminosa fosse indicativa di una ‘perdurante inclinazione al delitto’. Questo elemento era stato considerato un ‘fattore criminogeno’ che aveva influito sulla commissione del nuovo reato. Una simile valutazione, basata su un’analisi del merito e motivata in modo logico, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e non riesaminare i fatti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: per contestare efficacemente l’applicazione della recidiva in Cassazione, non è sufficiente una semplice negazione. È indispensabile articolare una critica mirata, che evidenzi specifici vizi di logica o contraddizioni manifeste nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito nel collegare i precedenti penali alla commissione del nuovo reato e alla conseguente valutazione di maggiore pericolosità sociale. In assenza di ciò, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando l’applicazione della recidiva può essere contestata in Cassazione?
La contestazione in Cassazione è possibile solo se si evidenzia un vizio di logica o una contraddizione nella motivazione del giudice di merito. Un ricorso generico che si limita a negare la sussistenza della recidiva, senza confrontarsi con le argomentazioni della sentenza impugnata, è inammissibile.

Cosa deve valutare il giudice per applicare l’aumento di pena per la recidiva?
Il giudice non deve limitarsi a constatare l’esistenza di precedenti penali. Deve esaminare concretamente, sulla base dei criteri dell’art. 133 cod. pen., il rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti, verificando se la condotta passata indica una perdurante inclinazione al delitto che ha influito sulla commissione del nuovo reato.

Cosa succede se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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