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Recidiva: quando il ricorso è inammissibile

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro l’applicazione della recidiva, sottolineando che i motivi devono essere specifici e non meramente assertivi. La Corte ha confermato la discrezionalità del giudice nel valutare la maggiore pericolosità sociale del reo basandosi sul suo curriculum criminale.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto della recidiva rappresenta uno degli aspetti più dibattuti nel diritto penale, incidendo direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali per comprendere i requisiti di ammissibilità di un ricorso che contesta l’applicazione di tale aggravante. Il caso in esame dimostra come la genericità e la mancanza di un confronto specifico con le motivazioni della sentenza impugnata conducano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Processo

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Venezia, proponeva ricorso per Cassazione tramite il suo difensore. L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata disapplicazione della recidiva. L’appellante chiedeva, quindi, l’annullamento della sentenza di secondo grado, sostenendo che i giudici non avessero correttamente valutato le circostanze per escludere l’aumento di pena.

La Valutazione della Recidiva da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno evidenziato come i motivi proposti fossero del tutto privi di specificità e assertivi. In altre parole, il ricorrente si era limitato a richiamare principi giurisprudenziali in modo astratto, senza collegarli a specifiche richieste e senza indicare le ragioni di fatto e di diritto che avrebbero dovuto sostenerle.

Il ricorso, secondo la Corte, non si confrontava adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello, la quale era stata ritenuta logica, congrua e giuridicamente corretta. La decisione dei giudici di merito si basava su una valutazione approfondita del curriculum criminale dell’imputato, da cui emergevano la sua pervicacia e la non occasionalità della sua condotta delittuosa.

Il Potere Discrezionale del Giudice

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Su quest’ultimo incombe unicamente l’onere di fornire una motivazione adeguata. Tale motivazione deve incentrarsi sull’idoneità della nuova condotta criminosa a rivelare una maggiore capacità a delinquere del reo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adempiuto a tale onere, effettuando una concreta verifica degli elementi indicativi di una accentuata pericolosità sociale.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione della Cassazione sono chiare. In primo luogo, un ricorso è inammissibile quando non riesce a superare la soglia della genericità. Non è sufficiente contestare una decisione; è necessario articolare una critica puntuale, specifica e pertinente, dimostrando perché la motivazione del giudice inferiore sarebbe errata o illogica. Nel caso di specie, il ricorso si è rivelato una mera affermazione di dissenso, priva di un reale contenuto censorio.

In secondo luogo, la Corte territoriale aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale. Aveva esaminato gli elementi forniti dal giudice di primo grado, come il curriculum criminale, e ne aveva tratto la logica conclusione che l’imputato manifestasse una persistente inclinazione al crimine. Questa valutazione, essendo immune da vizi logici o giuridici, non poteva essere sindacata in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la contestazione dell’applicazione della recidiva richiede un’argomentazione rigorosa e specifica. Non basta invocare la disapplicazione dell’aggravante; occorre dimostrare, confrontandosi punto per punto con la sentenza impugnata, perché la valutazione del giudice di merito sarebbe viziata. La decisione sottolinea l’importanza del potere discrezionale del giudice nel valutare la personalità del reo, un potere che, se esercitato con motivazione logica e congrua, è insindacabile in Cassazione. Per il ricorrente, l’esito è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a riprova che i ricorsi infondati hanno conseguenze concrete.

Quando un ricorso contro l’applicazione della recidiva è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, privi di specificità, assertivi e non si confrontano adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Il giudice ha l’obbligo di motivare l’aumento di pena per recidiva?
Sì, il giudice ha l’onere di fornire un’adeguata motivazione, con particolare riguardo all’idoneità della nuova condotta a rivelare la maggiore capacità a delinquere del reo, ma la decisione rientra nel suo potere discrezionale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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