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Recidiva: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro il riconoscimento della recidiva. La Corte ha ritenuto che il motivo di ricorso fosse generico e non contestasse specificamente la valutazione della Corte d’Appello, la quale aveva adeguatamente motivato la recidiva sulla base della progressione criminale e della crescente pericolosità sociale dell’imputato.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Ricorso in Cassazione: i Limiti della Contestazione

L’istituto della recidiva rappresenta uno degli aspetti più dibattuti del diritto penale, incidendo direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire quando e perché un ricorso volto a contestare l’applicazione di questa circostanza aggravante rischi di essere dichiarato inammissibile. Il caso analizzato dimostra l’importanza di formulare motivi di impugnazione specifici e puntuali, pena l’impossibilità per il giudice di legittimità di entrare nel merito della questione.

Il Fatto alla Base del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna, applicando l’aggravante della recidiva. L’imputato, attraverso il suo difensore, lamentava la violazione dell’art. 99 del codice penale e un vizio di motivazione da parte dei giudici di secondo grado. Sostanzialmente, la difesa contestava il fondamento stesso del riconoscimento della recidiva, ritenendo che la Corte d’Appello non avesse giustificato adeguatamente la sua decisione.

La Valutazione della Corte di Cassazione sulla Recidiva

La Suprema Corte ha esaminato l’unico motivo di ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Secondo i giudici, l’applicazione della recidiva da parte della Corte territoriale era stata supportata da una motivazione “adeguata, logica e coerente con le risultanze processuali”. Di conseguenza, tale valutazione, essendo correttamente argomentata nel merito, non poteva essere riesaminata in sede di legittimità.

La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Se la motivazione esiste ed è priva di vizi logici evidenti, la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Il Ragionamento degli Ermellini

I giudici di legittimità hanno osservato come la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato la “progressione criminosa” dell’imputato. La pluralità di delitti commessi in passato era stata interpretata come un chiaro segnale di una “pericolosità ingravescente”. La commissione dell’ulteriore delitto oggetto del processo era, secondo i giudici di merito, la dimostrazione più recente di questa pericolosità.

Di fronte a questa argomentazione, il ricorso dell’imputato è stato giudicato “aspecifico”. Invece di contestare punto per punto la logicità del ragionamento della Corte d’Appello, la difesa si era limitata a negare genericamente le circostanze, scontrandosi con l’evidenza processuale. Questa genericità ha reso il ricorso inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

Impatto e Conseguenze Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per la pratica legale: quando si impugna una sentenza, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, è essenziale formulare critiche precise e circostanziate. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso con la decisione del giudice precedente. È necessario, invece, individuare le specifiche illogicità o le errate applicazioni della legge presenti nella motivazione della sentenza.

Nel caso specifico della recidiva, la cui applicazione è spesso frutto di una valutazione discrezionale del giudice, il compito della difesa è ancora più delicato. Bisogna dimostrare che tale discrezionalità è stata esercitata in modo palesemente illogico o in violazione dei criteri legali. In assenza di una tale critica puntuale, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

Come viene giustificata l’applicazione della recidiva da parte di un giudice?
La recidiva viene giustificata sulla base di una motivazione adeguata, logica e coerente con le prove processuali. Ad esempio, il giudice può basarsi sulla ‘progressione criminosa’ di un imputato, ovvero la pluralità di reati commessi, per dimostrare una sua crescente pericolosità sociale.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione contro la recidiva può essere respinto come inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se è ‘aspecifico’, cioè se si limita a negare genericamente le conclusioni del giudice precedente senza contestare in modo specifico e argomentato i presunti vizi logici o giuridici della sua motivazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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