Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10042 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10042 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 18/7/1946
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze del 17/3/2022
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 17.3.2022, la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pisa del 23.9.2026 limitatamente alla condanna di COGNOME per i reati di cui ai capi AA), C), E), I) e T1) e, con l ‘applica zione della recidiva, ha rideterminato la pena in anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 10.800 di multa.
Limitando l’esposizione della motivazione della sentenza impugnata in relazione ai successivi motivi di ricorso, la Corte d’Appello ha rigettato l’appello nella parte che si riferiva all’applicazione della recidiva, affermando che la recidiva
‘correttamente è stata ritenuta dal primo giudice’ e poi aggiungendo che ‘Gallop po risulta gravato da numerose precedenti condanne per ricettazioni e falso’; nella parte riservata alla determinazione del trattamento sanzionatorio, i giudici di secondo grado hanno poi ritenuto ‘la recidiva contestata in ragione della maggiore pericolosità testimoniata dai fatti se ragguardati in uno coi precedenti penali’.
A sua volta, la sentenza di primo grado aveva applicato un aumento di pena per la recidiva contestata, dando atto che ‘nel certificato del casellario giudiziale risultano annotate plurime condanne, anche per reati della stessa indole, segnatamente in tema di falso’.
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, con il quale deduce vizio di motivazione in relazione alla recidiva.
Lamenta che i l motivo d’appello riguardante la recidiva non sia stato valutato dalla C orte d’Appello di Firenze, la quale si è limitata ad evidenziare, nella sentenza impugnata, la presenza di precedenti penali, nel solco della sentenza di primo grado. I giudici di secondo grado, in particolare, non hanno risposto alla critica che lamentava l’assenza di una relazione qualificata tra i precedenti reati e il nuovo illecito nonché l ‘assenza di motivazione circa il fatto che il nuovo reato fosse idoneo a manifestare una più accentuata capacità a delinquere del reo.
Con requisitoria scritta del 31.10.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che l’onere motivazionale, in tema di recidiva, può essere adempiuto anche implicitamente, sempre che siano stati concretamente valutati i requisiti di riprovevolezza della condotta, di pericolosità del suo autore e di capacità del nuovo reato di mostrare una maggiore capacità delinquenziale dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte territoriale, pur limitandosi nella parte relativa al trattamento sanzionatorio a menzionare l’esistenza di numerose precedenti condanne per ricettazione e falso, ha fatto richiamo alle argomentazioni relative alla gravità degli addebiti contenute nel corpo della motivazione: dalla lettura congiunta delle sentenze di merito emerge che la nuova condanna per nove falsi, considerati anche i precedenti, sia espressiva di una più accentuata proclività al delitto del ricorrente.
In data 5.11.2024, il difensore dell’imputato ha trasmesso conclusioni scritte, nelle quali ha evidenziato che i reati contestati sono stati commessi nell’anno 2009 e che pertanto risultano prescritti anche nell’ipotesi in cui non si ritenesse di accogliere il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è da considerarsi inammissibile per le ragioni che di seguito saranno esposte.
Va premesso che, quando intende attribuire effetti alla recidiva, il giudice è tenuto a verificare se il nuovo episodio criminoso sia concretamente significativo sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti ed avuto r iguardo ai parametri indicati dall’art. 133 cod. pen. (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marciano, Rv. 251690 -01).
A questo proposito, è stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità che l o specifico onere motivazionale relativo all’applicazione della recidiva facoltativa contestata può essere adempiuto da parte del giudice anche implicitamente (Sez. 6, n. 14937 del 14/3/2018, COGNOME, Rv. 272803 -01; Sez. 2, n. 39743 del 17/9/2015, COGNOME, Rv. 264533 -01), ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore (Sez . 6, n. 20271 del 27/4/2016, Duse, Rv. 267130 -01).
In questa prospettiva, deve tenersi conto che, nel caso di specie, si è in presenza di un c.d. doppia conforme, sicché la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, E., Rv. 277218 -01).
Ebbene, la motivazione delle sentenze di merito sul punto segnalato nel ricorso può essere considerata congrua, in quanto, per un verso, richiama i numerosi precedenti specifici dell’imputato e, per l’altro, considera che i fatti oggetto della sentenza, se posti in relazione con i precedenti, attestano una maggiore pericolosità di COGNOME.
In questo modo, si è convenientemente attestato di fatto che, in relazione a molteplici indici -quali la natura dei reati già commessi e di quello da giudicare, il tipo di devianza di cui sono il segno, l’omogeneità dei comportamenti che li hanno integrati -, la reiterazione dell’illecito dovesse considerarsi quale sintomo di riprovevolezza e di pericolosità dell’imputato, che giustificava un inasprimento della pena.
Di conseguenza, l’onere motivazionale è stato adeguatamente assolto e, in modo congruo, è stata negata l’esclusione della applicazione della recidiva nel momento in cui si è posto l’accento sulla negativa personalità dell’imputato e sulla
medesima indole dei suoi precedenti, così debitamente evidenziando le ragioni legittimanti l’applicazione della recidiva stessa.
A fronte di ciò, il ricorso si limita a riproporre le censure già dedotte come motivi di appello, senza confutare specificamente le argomentazioni in virtù delle quali tali motivi non sono stati accolti, con la conseguenza che deve essere dichiarato inammissibile (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, Rv. 276062 -01) e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso non consente al collegio di valutare l’eventuale prescrizione dei reati, che non è stata dedotta con il ricorso per cassazione, ma che è invece oggetto della memoria pervenuta successivamente nei termini di cui all’art. 611 cod. proc. pen.
L’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (Sez. 5, n. 48044 del 2/7/2019, COGNOME, Rv. 277850 -01; Sez. 6, n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019, COGNOME., Rv. 275158 -01).
Qui deve solo rilevarsi, ad ogni modo, che la sentenza di secondo grado dà atto (p. 8) di una sospensione della prescrizione intervenuta durante il giudizio d’appello dal 20.11.2018 al 23.1.2020, che non consentirebbe comunque di ritenere prescritti i reati, né prima della sentenza impugnata né in pendenza del ricorso per cassazione, tenuto conto della concorrenza di due circostanze aggravanti ad effetto speciale e dell’aumento da operarsi conseguentemente, ex artt. 157, comma secondo, e 161, comma secondo, cod. pen., sulla pena base secondo lo schema dell’art. 63, comma quarto, cod. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21.11.2024