Recidiva: La Cassazione Conferma la Condanna per Mancanza di Critica
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso emblematico riguardante l’applicazione della recidiva, un’aggravante che può incidere notevolmente sulla determinazione della pena. La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo penale: un ricorso, per essere efficace, non può limitarsi a una contestazione generica, ma deve confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprendere meglio i criteri che guidano i giudici in questa materia.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato in primo grado per due episodi di furto aggravato, presentava ricorso alla Corte di Appello. I giudici di secondo grado riformavano parzialmente la sentenza, dichiarando il non doversi procedere per uno dei due reati e rideterminando la pena per l’altro. Tuttavia, confermavano l’applicazione dell’aggravante della recidiva qualificata, prevista dall’art. 99, comma 4, del codice penale.
Insoddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della contestata recidiva, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la difesa non aveva mosso alcuna critica specifica e puntuale al ragionamento esposto nella sentenza della Corte di Appello. Il ricorso si limitava a una doglianza astratta, senza entrare nel merito delle argomentazioni che avevano portato i giudici a confermare l’aggravante.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella valutazione della Corte sulla motivazione della sentenza d’appello. I giudici di merito avevano chiaramente spiegato perché la recidiva non poteva essere esclusa. Essi avevano valorizzato le “numerose condanne” riportate dall’imputato, tra cui una molto recente per un reato della stessa natura (furto), avvenuta nel 2021.
Questi precedenti, secondo la Corte d’Appello, non erano un mero dato anagrafico, ma elementi concreti che rivelavano due aspetti cruciali:
1. Accentuata colpevolezza: La reiterazione dei reati dimostrava una maggiore consapevolezza e volontà criminale.
2. Maggiore pericolosità: La tendenza a delinquere indicava una personalità incline a commettere ulteriori illeciti.
La Cassazione ha osservato che questa valutazione era congrua, logica e pienamente conforme all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (il cosiddetto “dritto vivente”). Le Sezioni Unite, infatti, hanno più volte ribadito che il giudice deve valutare in concreto se i precedenti penali siano sintomo di una maggiore riprovevolezza e pericolosità del reo. In questo caso, la Corte d’Appello aveva compiuto esattamente questa analisi.
Poiché il ricorso non si era confrontato con questo nucleo argomentativo, ma si era limitato a negare i presupposti dell’aggravante senza smontare la logica della decisione, è stato giudicato inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per contestare efficacemente l’applicazione della recidiva, non è sufficiente affermare che essa sia ingiusta. È necessario, invece, sviluppare una critica puntuale e argomentata, dimostrando perché i precedenti penali, nel caso specifico, non siano indicativi di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale. Un ricorso generico, che ignora le motivazioni del giudice di merito, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un giudice può applicare l’aggravante della recidiva?
Il giudice può applicare la recidiva quando valuta che i precedenti penali dell’imputato siano concretamente significativi di una sua accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità sociale, e non un semplice dato anagrafico.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. La difesa, infatti, non si è confrontata in modo critico con le motivazioni della sentenza impugnata, che aveva adeguatamente giustificato l’applicazione della recidiva sulla base dei numerosi precedenti penali dell’imputato.
Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Un motivo di ricorso è considerato “generico” quando si limita a una contestazione astratta della decisione, senza formulare critiche specifiche, pertinenti e puntuali contro il ragionamento logico-giuridico sviluppato dal giudice nella motivazione della sentenza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 972 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 972 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 28/06/1984
avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo in data 31 marzo 2023, che ha parzialmente riformato la sentenza di condanna inflittagli per i delitti di cui agli artt. 624 comma 1, nn. 2 e 7 cod. pen. (capo a) e artt. 624 e 625, comma 1, n. 2 cod. pen. (capo b), dichiarando il non doversi procedere in ordine al reato a lui ascritto al capo b) e per l’e rideterminando la pena (fatto commesso in Palermo il 12 gennaio 2016);
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il proposto motivo, che deduce, sotto l’egida della violazione degli artt. 99 cod. pe 192 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione, l’insussistenza dei presupposti per l’applicazi della contestata e ritenuta recidiva di cui all’art. 99, comma 4, cod. pen., è generic manifestamente infondato, perché formulato senza alcun confronto, men che meno, critico con il tenore della sentenza impugnata (vedasi pag. 3 della sentenza impugnata), che ha dato conto con congrui riferimenti in fatto, non illogicamente valutati, di come la recidiva non potesse ess disapplicata in ragione delle numerose condanne riportate dall’imputato, l’ultima delle quali p furto nel 2021, suscettibili di rivelarsi concretamente significative di un’accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità, tanto in conformità all’insegnamento impartito dal dritto vivente in materia (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, Rv. 284878; Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838);
– ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2023
Il consigliere estensore
Il Presidente