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Recidiva: quando il giudice non può escluderla

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto pluriaggravato, che contestava la mancata esclusione della recidiva. La Corte ha confermato che la valutazione dei giudici di merito era corretta, poiché basata sui numerosi e recenti precedenti penali dell’imputato, sintomo di una spiccata pericolosità sociale e di un’inclinazione a delinquere che giustificavano pienamente il mantenimento della recidiva nel calcolo della pena.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: quando i precedenti penali rendono inammissibile il ricorso

La valutazione della recidiva è un momento cruciale nel processo penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su quando un ricorso volto a contestare la sua applicazione possa essere ritenuto inammissibile. Il caso analizzato riguarda un imputato condannato per furto pluriaggravato, la cui storia criminale è stata ritenuta dai giudici un indicatore inequivocabile di pericolosità sociale, tale da impedire l’esclusione della recidiva.

I Fatti del Caso: Furto e Precedenti Penali

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per furto pluriaggravato, confermata sia in primo grado dal Tribunale sia in appello. All’imputato erano state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ma in regime di equivalenza con la recidiva e le aggravanti contestate. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione alla mancata esclusione della recidiva, ritenendo che i giudici non avessero adeguatamente giustificato la loro decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali: in primo luogo, perché inerente al trattamento sanzionatorio, che era stato sorretto da una motivazione congrua e adeguata; in secondo luogo, perché manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente evidenziato la gravità del quadro personale dell’imputato.

L’importanza della motivazione sulla recidiva

Il ricorrente sosteneva un difetto di motivazione, ma la Cassazione ha ribattuto che la Corte d’Appello aveva chiaramente affermato che l’imputato presentava diverse condanne recenti, accumulate in un arco temporale ristretto (dal 2017 al 2023). Questi precedenti, caratterizzati da una certa omogeneità, dimostravano una spiccata inclinazione a delinquere e una persistente pericolosità sociale, rendendolo insensibile agli ammonimenti e alle precedenti condanne. Tali circostanze, secondo la Corte, impedivano logicamente di escludere la recidiva.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Cassazione si fonda sui principi consolidati stabiliti dalle Sezioni Unite. Queste ultime hanno chiarito che, ad eccezione dei casi di recidiva obbligatoria, il giudice ha il dovere di motivare specificamente sia quando ritiene rilevante la recidiva sia quando la esclude. Il giudice non può limitarsi a un mero riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.

I Criteri di Valutazione del Giudice

Il compito del giudice di merito è quello di verificare se il nuovo episodio criminoso sia un sintomo concreto di maggiore riprovevolezza e pericolosità del reo. Per fare ciò, deve tenere conto di una serie di parametri, tra cui:

– La natura dei reati precedenti e del nuovo reato.
– La distanza temporale tra i crimini.
– L’omogeneità dei comportamenti illeciti.
– La qualità dei comportamenti e il margine di offensività.
– L’eventuale occasionalità della ricaduta.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha compiuto questa valutazione in modo corretto e completo, concludendo che il percorso criminale dell’imputato giustificava pienamente il mantenimento della recidiva. Il motivo del ricorso è stato quindi giudicato manifestamente infondato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non è sufficiente avere precedenti penali per l’applicazione automatica della recidiva, ma è necessaria una valutazione sostanziale da parte del giudice. Tuttavia, quando questa valutazione è ben motivata e si basa su elementi concreti, come una serie di condanne recenti e omogenee che delineano una chiara inclinazione al crimine, contestarla in Cassazione diventa estremamente difficile. Il ricorso che si limita a criticare tale valutazione, senza individuare un vizio logico o una palese contraddizione nella motivazione, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Perché il ricorso sulla mancata esclusione della recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché contestava il trattamento sanzionatorio, che era supportato da una motivazione congrua e adeguata, e perché era manifestamente infondato, dato che la decisione della Corte d’Appello si basava su una corretta valutazione dei numerosi e recenti precedenti dell’imputato.

Quali elementi deve valutare il giudice per applicare la recidiva?
Il giudice deve andare oltre la semplice esistenza di precedenti penali e verificare se il nuovo reato sia un sintomo effettivo di maggiore colpevolezza e pericolosità. Deve considerare la natura dei reati, il tempo trascorso, l’omogeneità dei comportamenti, l’offensività delle condotte e ogni altro parametro utile a personalizzare il giudizio sul reo.

In questo caso specifico, perché la recidiva non è stata esclusa?
La recidiva non è stata esclusa perché l’imputato aveva riportato diverse condanne, anche recenti (tra il 2017 e il 2023), che dimostravano una spiccata inclinazione a delinquere e una persistente pericolosità sociale. Queste circostanze, secondo i giudici, impedivano di considerare la sua condotta meno grave e di escludere l’applicazione della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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