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Recidiva: quando il giudice deve escluderla?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20765/2024, ha annullato una decisione della Corte d’Appello che aveva applicato l’aggravante della recidiva basandosi su una mera prognosi negativa di futuri reati. La Suprema Corte ha ribadito che per applicare l’aumento di pena per recidiva, il giudice deve motivare in concreto come il nuovo reato dimostri un’effettiva e accresciuta pericolosità sociale del reo, non potendosi limitare a un generico giudizio previsionale.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Quando e Come il Giudice Deve Valutarla per Aumentare la Pena

L’applicazione della recidiva nel diritto penale non è un automatismo, ma richiede una valutazione attenta e specifica da parte del giudice. Con la recente sentenza n. 20765 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui criteri che devono guidare questa delicata decisione, sottolineando come un semplice giudizio prognostico negativo sul futuro del reo non sia sufficiente a giustificare un aumento di pena. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: un Ricorso contro l’Aumento di Pena per Recidiva

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di furto aggravato. La Corte d’Appello, nel confermare la condanna, aveva rigettato la richiesta della difesa di escludere l’aggravante della recidiva. La motivazione addotta dai giudici di secondo grado si basava sull’idea che i precedenti penali dell’imputato facessero ritenere “infausta la prognosi in ordine alla commissione di ulteriori reati”.

Insoddisfatto di questa giustificazione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione alla mancata disapplicazione della recidiva.

La Decisione della Cassazione e i Criteri per la Valutazione della Recidiva

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendolo e annullando la sentenza impugnata sul punto specifico della recidiva. I giudici di legittimità hanno definito la motivazione della Corte d’Appello “perplessa ed inconferente”, nonché “eccentrica” rispetto ai principi che governano la materia.

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra i presupposti per l’applicazione della recidiva e quelli per la concessione (o il diniego) della sospensione condizionale della pena.

La Differenza tra Recidiva e Sospensione Condizionale della Pena

La Cassazione ha chiarito che il riferimento a una “prognosi negativa” sulla futura commissione di reati è un criterio pertinente all’istituto della sospensione condizionale della pena. In quel contesto, il giudice valuta se il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

Per la recidiva, invece, il focus è diverso. L’aumento di pena non è una scommessa sul futuro, ma una valutazione sul passato e sul presente. Il giudice deve verificare se la nuova condotta criminosa sia concretamente “sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore”. In altre parole, il nuovo reato deve rivelare una “accresciuta capacità a delinquere”.

Gli Elementi Concreti da Valutare

Citando precedenti pronunce delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che la valutazione sulla recidiva deve essere ancorata a parametri concreti e individualizzanti, che vanno oltre il semplice riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. Tra questi elementi rientrano:

* La natura dei reati e il tipo di devianza.
* La qualità e il grado di offensività dei comportamenti.
* La distanza temporale tra i fatti.
* Il livello di omogeneità tra i diversi reati commessi.
* L’eventuale occasionalità della ricaduta.
* Ogni altro parametro significativo della personalità del reo e del suo grado di colpevolezza.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha censurato la sentenza d’appello perché ha utilizzato un ragionamento errato, confondendo due istituti giuridici distinti. La motivazione a sostegno del diniego della esclusione della recidiva è stata giudicata “eccentrica” perché non ha affrontato il vero nucleo della questione. Non si è chiesto se il nuovo furto, alla luce dei precedenti, dimostrasse una maggiore pericolosità sociale dell’imputato, ma si è limitata a una previsione generica sul suo futuro comportamento. Questo approccio svuota di significato la funzione della recidiva, che non può essere applicata in modo automatico. Il giudice ha l’obbligo di spiegare, con argomenti puntuali, perché la reiterazione dell’illecito sia un sintomo effettivo di una personalità più incline al crimine e di una condotta più riprovevole, tale da giustificare una pena più severa. Mancando questa analisi concreta, la decisione risulta viziata per violazione di legge e difetto di motivazione.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per i giudici di merito. L’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva facoltativa non è mai un atto dovuto, ma una scelta che deve essere supportata da una motivazione rigorosa e personalizzata. È necessario andare oltre la semplice consultazione del casellario giudiziale e condurre un’analisi approfondita della storia criminale e della personalità dell’imputato. Solo quando il nuovo reato, letto nel contesto dei precedenti, rivela un’effettiva e accresciuta pericolosità, l’aumento di pena può essere considerato legittimo. Di conseguenza, la Corte d’Appello dovrà ora riesaminare il punto, attenendosi ai principi stabiliti dalla Cassazione, per decidere se, nel caso specifico, l’aggravante debba essere effettivamente applicata.

Per applicare l’aumento di pena per la recidiva, è sufficiente che il giudice preveda che il condannato commetterà altri reati in futuro?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che una prognosi negativa sulla futura condotta è un criterio relativo alla sospensione condizionale della pena, non alla recidiva.

Qual è il criterio corretto che il giudice deve seguire per applicare la recidiva?
Il giudice deve verificare in concreto se il nuovo reato sia un sintomo effettivo di un’accresciuta capacità a delinquere e pericolosità dell’imputato. Questa valutazione deve basarsi su elementi specifici come la natura dei reati, la distanza temporale tra di essi, il grado di offensività e altri parametri legati alla personalità del reo.

Cosa succede se una Corte d’Appello motiva in modo errato l’applicazione della recidiva?
La sentenza può essere annullata dalla Corte di Cassazione, limitatamente alla parte che riguarda la recidiva. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice d’appello per una nuova valutazione che segua i criteri corretti, mentre la condanna per il reato resta ferma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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