Recidiva e Pericolosità Sociale: La Cassazione Conferma la Condanna
L’applicazione della recidiva nel diritto penale rappresenta un tema delicato, poiché comporta un inasprimento della pena per chi commette un nuovo reato dopo una precedente condanna. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre uno spunto cruciale per comprendere come i giudici valutino questo istituto, collegandolo strettamente alla pericolosità sociale del reo. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato era stato condannato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.). Il punto centrale del suo ricorso alla Corte di Cassazione non riguardava la colpevolezza in sé, ma la contestazione di una circostanza aggravante: la recidiva. Secondo la difesa, l’applicazione di tale aggravante era infondata.
La Valutazione della Recidiva da Parte della Corte d’Appello
Prima di arrivare in Cassazione, la Corte d’Appello aveva già esaminato la questione, fornendo una motivazione dettagliata per giustificare l’applicazione della recidiva. I giudici di secondo grado avevano sottolineato come la decisione non fosse automatica, ma basata su un’analisi concreta del caso.
In particolare, avevano considerato due elementi fondamentali:
1. Le concrete modalità del fatto: Il modo in cui i reati erano stati commessi.
2. I numerosi precedenti penali: Il passato criminale dell’imputato, caratterizzato da condotte che destavano un particolare allarme sociale.
La combinazione di questi fattori, secondo la Corte d’Appello, non era irragionevole interpretarla come un sintomo di una spiccata pericolosità e di una “accresciuta capacità a delinquere”. In altre parole, il nuovo reato non era un episodio isolato, ma si inseriva in un percorso criminale che dimostrava una maggiore inclinazione a violare la legge.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel valutare il ricorso, ha ritenuto il motivo presentato “manifestamente infondato”. Gli Ermellini hanno sposato in pieno la linea argomentativa della Corte d’Appello, definendola “logica, coerente e puntuale”.
La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione sulla recidiva non è un mero calcolo matematico basato sui precedenti, ma un giudizio sulla personalità del reo e sulla sua attuale pericolosità. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali, connotati da allarme sociale, erano stati correttamente letti come indicatori di una personalità incline al delitto. Le modalità del nuovo reato (resistenza e lesioni) non facevano altro che confermare questa valutazione, manifestando una pericolosità concreta che si traduceva in una maggiore capacità di delinquere. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
La decisione si conclude con una condanna per il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia conferma un principio fondamentale: la recidiva non è una ‘etichetta’ da applicare automaticamente. È il risultato di un’attenta valutazione del giudice che deve considerare il passato criminale di un individuo alla luce del nuovo reato commesso. Se da questa analisi emerge una concreta e accresciuta pericolosità sociale, l’inasprimento della pena attraverso la recidiva è pienamente giustificato. La sentenza serve da monito, chiarendo che un passato criminale significativo ha un peso rilevante nella valutazione della condotta attuale di un imputato.
Quando è giustificata l’applicazione della recidiva?
L’applicazione della recidiva è giustificata quando le concrete modalità del fatto, lette alla luce dei numerosi precedenti penali, sono sintomatiche di una pericolosità sociale e di un’accresciuta capacità a delinquere dell’imputato.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello sulla recidiva logica, coerente e puntuale, senza vizi che ne giustificassero l’annullamento.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria, in questo caso di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11262 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso in relazione alla sentenza di condanna per i reati di cui agli artt. 337 e 582 cod. pen. è inammissibile perché avente ad oggetto una censura manifestamente infondata;
Considerato, invero, che con riferimento alla configurabilità della recidiva contestata, la Corte di appello ha motivato in maniera logica, coerente puntuale, là dove ha osservato che le concrete modalità del fatto per cui procede, lette alla luce dei numerosi precedenti penali, connotati da u particolare allarme sociale, erano da valutarsi – in maniera non irragionevole come sintomatiche di pericolosità, che si sostanziava in una accresciuta capacità a delinquere (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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