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Recidiva: quando i precedenti aggravano la pena

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18776/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità (circa 1 grammo di hashish). La Corte ha confermato la corretta applicazione della recidiva, ritenendo che i precedenti specifici dell’imputato per reati analoghi dimostrassero una sua radicata dedizione al traffico illecito e una maggiore pericolosità sociale, giustificando così l’aggravamento della pena nonostante la modesta quantità di stupefacente.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Spaccio di Lieve Entità: La Cassazione Conferma la Linea Dura

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale: l’applicazione della recidiva anche in contesti di reati considerati di modesta gravità. La decisione sottolinea come la storia criminale di un individuo possa influenzare pesantemente la valutazione della sua condotta attuale, anche a fronte di un fatto oggettivamente minore, come la detenzione di una piccola quantità di sostanza stupefacente. Questo caso offre uno spaccato chiaro di come i giudici bilanciano la gravità del singolo reato con la pericolosità sociale del reo.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Genova per il reato di detenzione a fini di spaccio di circa un grammo di hashish, un’ipotesi delittuosa prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/90), che disciplina i fatti di lieve entità. L’imputato ha contestato in Cassazione l’applicazione dell’aggravante della recidiva, sostenendo che i giudici di merito non avessero considerato adeguatamente la modesta gravità della condotta.

L’argomentazione difensiva si basava sull’idea che una quantità così esigua di droga dovesse portare a una valutazione più mite, escludendo l’applicazione di un’aggravante che comporta un significativo inasprimento della pena.

La Decisione della Corte e l’Applicazione della Recidiva

La Corte di Cassazione ha respinto completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per due ragioni principali: genericità e manifesta infondatezza.

In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto generico perché non si confrontava con la personalità del ricorrente, così come emergeva dalle sue precedenti condanne. In secondo luogo, e più significativamente, è stato giudicato manifestamente infondato nel merito. La Corte ha infatti avallato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva giustamente sottolineato che l’imputato, nei due anni precedenti, aveva riportato altre condanne per fatti analoghi. Questo elemento, secondo i giudici, non era trascurabile.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nella valutazione della pericolosità sociale del reo. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente e logicamente dedotto, dai precedenti specifici, una “radicata dedizione al traffico illecito” da parte dell’imputato. La ripetizione di condotte criminali dello stesso tipo, anche se di lieve entità, è stata interpretata come un indicatore di una scelta di vita e di una sistematica attività criminale.

Di conseguenza, la commissione dell’ultimo reato non è stata vista come un episodio isolato e di poco conto, ma come l’ennesima manifestazione di una persistente pericolosità. La motivazione della Corte d’Appello, che indicava gli elementi dimostrativi di tale accresciuta pericolosità, è stata considerata “idonea e corretta”. Pertanto, l’applicazione della recidiva non era solo legittima, ma doverosa per riflettere adeguatamente la personalità dell’imputato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel giudizio penale, non si valuta solo il singolo fatto, ma anche il suo autore. La recidiva non è un automatismo, ma la sua applicazione è giustificata quando i precedenti penali indicano una maggiore inclinazione a delinquere e una pericolosità sociale concreta. La decisione chiarisce che anche una serie di reati minori, se commessi in un arco di tempo ravvicinato e della stessa natura, può delineare un quadro di “professionalità” criminale che merita una risposta sanzionatoria più severa. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo serve come monito: la fedina penale ha un peso determinante e la ripetizione di illeciti, anche se apparentemente piccoli, può portare a conseguenze legali molto serie.

Può essere applicata la recidiva per un reato di spaccio di lieve entità?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la recidiva può essere applicata anche in caso di reati di spaccio di lieve entità, qualora i precedenti penali specifici dell’imputato dimostrino una sua particolare pericolosità e una tendenza a commettere reati della stessa specie.

Perché la Corte ha ritenuto l’imputato più pericoloso nonostante la piccola quantità di droga?
La Corte ha basato la sua valutazione sul fatto che l’imputato avesse riportato altre condanne per reati analoghi nei due anni precedenti. Questa ripetizione è stata interpretata come prova di una “radicata dedizione al traffico illecito”, che manifesta una maggiore pericolosità sociale al di là della gravità del singolo episodio.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Con la dichiarazione di inammissibilità, il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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