Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28462 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 41017/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato in Tunisia il 09/10/1979, avverso la sentenza del 11/09/2024 della Corte d’appello di Roma visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma – in esito a giudizio di rinvio successivo ad annullamento da parte della Corte di Cassazione – confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 29/11/2017, che aveva condannato NOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 800,00 di multa, riconosciuta l’equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva specifica.
Avverso tale sentenza gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo lamentano violazione di legge in riferimento al riconoscimento della recidiva.
2.2. Con un secondo motivo, lamentano violazione di legge in riferimento a mancato giudizio di prevalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva.
2.3. Con un terzo motivo lamentano violazione di legge in riferimento alla mancata concessione della seconda sospensione condizionale della pena.
Il ricorso Ł inammissibile.
In riferimento alla recidiva, la Corte capitolina evidenzia a pagina 2 come all’atto dell’arresto per questa causa il COGNOME avesse già riportato altra condanna per analogo reato commesso nel 2013, per il quale aveva goduto dei doppi benefici.
Il fatto odierno costituisce, secondo i giudici di appello, espressione di un percorso delinquenziale dell’imputato che, continuando nell’attività illecita, esprimeva una maggiore pericolosità sociale, in assenza di segnali di resipiscenza; inoltre, le condotte poste in essere nei quattro anni dal suo ingresso nel territorio dello Stato implicano anche un notevole grado di allarme sociale.
La motivazione appare soddisfare i requisiti minimi richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di recidiva, secondo cui il giudice Ł tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il
segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419 – 01; Sez. 6, n. 43438 del 23/11/2010, COGNOME, Rv. 248960 – 01).
Ancora, si Ł precisato che il giudice Ł tenuto a verificare «se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice » (Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, Antignano, Rv. 284425 – 01).
Tra gli elementi da tenere in considerazione per i motivi di cui sopra, vi Ł anche l’eventuale lasso di tempo trascorso tra le pregresse fattispecie e quella attualmente giudicata, certamente indice di una relazione qualificata (Sez. 3, n. 16047 del 14/03/2019, Romano, n.m.).
Tale dovere, tuttavia, può ritenersi adempiuto anche nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Franco, Rv. 274782), e può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, come nel caso in cui la sentenza richiami la negativa personalità dell’imputato desumibile dalla particolare pericolosità sociale della condotta da costui posta in essere (Sez. 6, n. 20271 del 27/04/2016, Duse, Rv. 267130 – 01).
E’ quindi necessario e sufficiente che, dal complesso della motivazione, emerga che il giudice ha valutato i parametri di cui sopra e ritenuto che il nuovo delitto costituisca espressione di una «maggiore capacità delinquenziale», dovere cui la sentenza impugnata ha ottemperato.
Quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in regime di prevalenza, questione su cui la sentenza rescindente non si Ł espressa, la Corte di appello ritiene che – a fronte della oggettiva gravità del fatto e della recidiva – non sono stati addotti elementi in grado di giustificare il richiesto favorevole bilanciamento, ritenendo finanche generosa la concessione delle attenuanti atipiche nel giudizio di primo grado.
In proposito si rammenta che In tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, per il carattere globale del giudizio, il giudice di merito non Ł tenuto a specificare le ragioni che hanno indotto a dichiarare la equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richiesta stessa (Sez. 7, Ord. n. 11210 del 20/10/2017, dep. 2018, Rv. 272460 – 01; Sez. 6, n. 6616 del 28/02/1994, COGNOME, Rv. 198524 – 01).
Inoltre, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la piø idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto ( ex multis , v. Sez. U, Sentenza n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931 – 01; Sez. 4, n. 8291 del 30/01/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 3778 del 20/10/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez. 2, Sentenza n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450 – 01).
6. In ordine alla pena sospesa, la sentenza evidenzia come la stessa sia già stata
concessa due volte e che il presente reato Ł stato commesso nel quinquennio dalla prima sospensione, circostanze, entrambe, ostative alla concessione.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 11/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME