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Recidiva: quando è sintomo di pericolosità sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990. La Corte ha confermato la corretta valutazione della recidiva da parte dei giudici di merito, i quali hanno ritenuto la reiterazione del reato un sintomo effettivo di maggiore pericolosità sociale, giustificando così il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche e il diniego della seconda sospensione condizionale della pena.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: quando la reiterazione del reato dimostra una reale pericolosità sociale?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: la recidiva. Non basta un precedente penale per un aggravamento automatico della pena; il giudice deve compiere una valutazione concreta per stabilire se la commissione di un nuovo reato sia effettivamente un sintomo di maggiore pericolosità sociale del reo. Analizziamo questa importante decisione per comprenderne i principi e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato dalla Corte d’appello di Roma per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La Corte territoriale, in sede di rinvio dalla Cassazione, aveva confermato la sentenza di primo grado, che riconosceva l’equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva specifica. L’imputato aveva già riportato una precedente condanna per un reato analogo commesso nel 2013, per il quale aveva beneficiato della sospensione condizionale della pena. Contro la decisione della Corte d’appello, l’imputato proponeva ricorso per cassazione lamentando tre violazioni di legge: l’errato riconoscimento della recidiva, il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche e il diniego della seconda sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione operata dai giudici di merito. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei tre motivi di ricorso, ritenendoli tutti infondati. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza impugnata, seppur sintetica, soddisfaceva i requisiti minimi richiesti dalla giurisprudenza per giustificare sia il riconoscimento della recidiva sia il bilanciamento delle circostanze.

Le Motivazioni della Decisione

La valutazione della recidiva e della pericolosità sociale

Il punto centrale della pronuncia riguarda i criteri per il riconoscimento della recidiva. La Cassazione ribadisce un principio consolidato: il giudice non può limitarsi a un mero riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. È necessario, invece, verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia un “effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore”.

Nel caso specifico, la Corte d’appello aveva correttamente evidenziato come il nuovo reato si inserisse in un “percorso delinquenziale” dell’imputato. La continuità nell’attività illecita, in assenza di segnali di ravvedimento, è stata considerata espressione di una maggiore pericolosità sociale e di un notevole grado di allarme sociale. Secondo la Cassazione, questa motivazione è sufficiente a dimostrare che il giudice ha valutato i parametri richiesti, come la natura dei reati, la loro omogeneità e la personalità del reo, concludendo che il nuovo delitto era espressione di una “maggiore capacità delinquenziale”.

Il Bilanciamento delle Circostanze e la Sospensione della Pena

Anche riguardo al secondo motivo, relativo al bilanciamento tra attenuanti e aggravanti, la Corte ha respinto le doglianze. Si chiarisce che il giudice di merito non è tenuto a fornire una motivazione specifica sul perché abbia optato per l’equivalenza anziché per la prevalenza delle attenuanti, a meno che la difesa non abbia formulato una richiesta precisa, indicando elementi di fatto concreti a supporto. Nel caso in esame, la Corte d’appello ha ritenuto la concessione delle attenuanti generiche già “generosa” a fronte della gravità del fatto e della recidiva, e tale valutazione discrezionale, non essendo illogica o arbitraria, sfugge al sindacato di legittimità.

Infine, per quanto concerne la richiesta di una seconda sospensione condizionale della pena, la Corte ha semplicemente constatato la presenza di circostanze ostative: l’imputato ne aveva già beneficiato due volte e il nuovo reato era stato commesso nel quinquennio dalla prima sospensione.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione consolida l’orientamento secondo cui la recidiva non è un automatismo sanzionatorio, ma richiede una valutazione sostanziale da parte del giudice. La decisione sottolinea che anche una motivazione sintetica può essere considerata adeguata, purché da essa emerga chiaramente che il giudice ha considerato la reiterazione del reato come un indice concreto e attuale di pericolosità sociale. Per la difesa, ciò significa che per contestare efficacemente la recidiva o per chiedere la prevalenza delle attenuanti è fondamentale argomentare su elementi di fatto specifici che possano contrastare la presunzione di maggiore pericolosità derivante dai precedenti penali.

Quando la reiterazione di un reato giustifica il riconoscimento della recidiva?
Quando è un sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità dell’autore. Il giudice deve valutare in concreto la natura dei reati, la distanza temporale tra essi, la personalità del reo e ogni altro parametro significativo, non limitandosi al semplice riscontro formale di precedenti penali.

Il giudice deve sempre motivare in dettaglio perché non concede la prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva?
No. In tema di bilanciamento delle circostanze, il giudice non è tenuto a specificare le ragioni per cui ha dichiarato l’equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che la parte non abbia presentato una richiesta specifica indicando circostanze di fatto concrete che la legittimino. Una motivazione che ritiene la soluzione dell’equivalenza la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena è considerata sufficiente.

È possibile ottenere una terza sospensione condizionale della pena?
No. L’ordinanza conferma che la legge pone dei limiti precisi. Aver già ottenuto il beneficio per due volte e aver commesso il nuovo reato nel quinquennio dalla prima sospensione sono circostanze che impediscono un’ulteriore concessione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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