Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 586 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 586 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME n. Carpi (Mo) 17/01/1971 avverso la sentenza n. 110/24 della Corte di appello di Bologna del 11/01/2024
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha ribadito la responsabilità di NOME COGNOME in ordine ai reati di resistenza (art. 337 cod. pen.) e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale (art. 75, comma 1, d. Igs. n. 159 del 2011), entrambi aggravati dalla recidiva qualificata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. proc. pen., confermando la pena ritenuta di giustizia in primo grado dal Tribunale di Modena.
2 Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che articola i motivi di seguito esposti.
Nullità della sentenza per mancata corrispondenza tra motivazione e dispositivo, asseritamente contemplante il nome di tale NOME COGNOME in favore del quale la Corte di appello avrebbe rideterminato la pena.
Violazione dell’art. 42, primo comma, cod. pen. per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la condotta dell’imputato era affetta da coscienza e volontà.
Violazione dell’art. 157 cod. pen. in relazione alla mancata declaratoria di responsabilità della contravvenzione di cui all’art. 75, comma 1, d. Igs. n. 159 del 2011, maturata prima della pronuncia in appello.
Erronea applicazione delle norme sulla recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 II ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Palesemente destituito di fondamento risulta il primo motivo di doglianza: nella sentenza di appello contenuta nel fascicolo dell’esecuzione non v’è traccia di alcuna discrasia tra motivazione e dispositivo e men che mai di quella denunciata dal ricorrente, verosimilmente frutto di un refuso circoscritto alla copia notificatagli.
La medesima sanzione di inammissibilità deve colpire il secondo motivo di censura. La Corte territoriale ha, infatti, congruamente argomentato – con impiego di argomenti insuscettibili di censure sul piano semantico e logico – che al momento del controllo degli operanti di polizia l’imputato versava in stato di
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evidente ubriachezza, essendosi già reso responsabile di plurime minacce a terzi avventori dell’esercizio pubblico in cui avvenne il controllo (pag. 3 sent.).
Da dove la difesa del ricorrente tragga il convincimento che l’imputato versasse in uno stato di minorata capacità d’intendere e di volere con effetti scriminanti non è dato, del resto, comprendere dal ricorso, atteso oltre tutto il chiaro tenore, da un lato dell’art. 87 cod. pen. a norma del quale la disposizione della prima parte dell’art. 85, comma primo, cod. pen. non si applica a chi si è messo in stato d’incapacità di intendere e di volere al fine di commettere il reato odi prepararsi una scusa (actio libera in causa) e dall’altro, dell’art. 94, primo comma, cod. pen. secondo cui se il reato è commesso in stato di ubriachezza abituale, è la pena ad essere aumentata e non la responsabilità a venir meno.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di censura.
Al ricorrente è stata contestata, venendo dal giudice ritenuta, la recidiva qualificata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. che, ai sensi del cbn. disp. degli artt. 157, primo e secondo comma e 161, secondo comma, ult. parte, cod. pen. comporta che il termine massimo di prescrizione per il reato di cui al capo C: di natura contravvenzionale (art. 75, comma 1, d. Igs. n. 159 del 2011) sia scaduto il giorno 7 aprile 2024, in epoca, cioè, successiva, alla impugnata pronuncia di appello, risultando la stessa irrilevante (v. la fondamentale Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266) attesa l’inammissibilità di tutti gli altri motivi di ricorso.
Manifestamente infondato oltre che generico è, infatti, anche l’ultimo motivo di ricorso in tema di recidiva, debitamente contestata e correttamente ritenuta in virtù dei numerosi precedenti gravanti sul ricorrente in materia di armi, resistenza a pubblico ufficiale, rapina, tentata estorsione, violazione della misura di sorveglianza (v. pag. 3 sent.), indicativi di una personalità proclive al delitto e in relazione alla quale i reati oggetto di condanna sono stati correttamente ritenuti quale forma di accresciuta pericolosità.
Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 29 ottobre 2024
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