Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6012 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6012 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 27/08/1989
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria che ha parzialmente riformato – unicamente in relazione alla quantificazione della pena- la pronunzia emessa dal GUP del Tribunale di Locri, con la quale l’imputata era stata ritenuta responsabile dei reati di associazione per delinquere e furto pluriaggravato con recidiva reiterata aggravata, di cui agli artt. 416, comma 1 e 2 cod. pen. (capo A); artt. 110, 624, comma 1, 625, comma 2, in relazione al comma 1, nn. 4, 5 e 7 cod. pen. (capo D); artt. 110, 624, comma 1, 625, comma 2, in relazione al comma 1, nn. 4, 5 e cod. pen. (capo E).
Ritenuto che il primo motivo con cui la ricorrente contesta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del sodalizio criminoso di cui al capo A) e della circostanza aggravante di cui all’att. 625, comma 1, n.7 cod. pen, è del tutto generico quanto alla prima doglianza; è manifestamente infondato rispetto alla seconda, risolvendosi nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione dì una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838);
La censura non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede è esclusa in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci ad impedire la sottrazione della “res”, ostacolandone la facilità di raggiungimento, e non da condizioni di mero controllo saltuario ed eventuale (Sez. 5, n. 6351 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 280493; Sez. 4, n. 26131 del 26/02/2020, COGNOME, Rv. 280387; Sez. 5, n. 9245 del 14/10/2014, dep.2015, Felici, Rv. 263258). Se, dunque, affinché possa essere esclusa la circostanza aggravante di cui sopra, è necessario che sia attuata una sorveglianza costante e che consenta un intervento immediato, correttamente la Corte territoriale ha escluso che tali condizioni si siano verificate nel caso di specie.
Ritenuto che il secondo motivo con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza della recidiva qualificata di cui all’art. 99, comma 4, cod. pen. è manifestamente infondato dal momento che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti
condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”. Nello specifico, entrambi i giudici di merito, con motivazione esente dai descritti vizi logici (cfr. pag. 41 sentenza di primo grado e pag. 8 sentenza di secondo grado), hanno riconosciuto come i numerosi precedenti penali a carico dell’imputata, dai quali si evince la sussistenza di un’abitualità a commettere reati di furto, abbiano fondato il riconoscimento della contestata recidiva.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025 Il Consigliere estensore
Il Presidente