Recidiva qualificata e calcolo della pena: la Cassazione fa chiarezza
La corretta determinazione della pena è un principio cardine del nostro sistema giudiziario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46326/2024) ha ribadito questo concetto, intervenendo per correggere un errore di calcolo commesso da un tribunale in un caso di resistenza a pubblico ufficiale aggravato da recidiva qualificata. Questa decisione sottolinea l’importanza di una rigorosa applicazione delle norme che disciplinano gli aumenti di pena, in particolare quando si tratta di istituti complessi come la recidiva.
I Fatti del Caso
Il Tribunale di Bergamo aveva condannato un imputato per il reato di resistenza continuata a pubblico ufficiale. Oltre al reato base, all’imputato era stata contestata e riconosciuta la recidiva qualificata, una circostanza che prevede un sensibile aumento della sanzione. Il giudice di primo grado aveva fissato la pena base in sei mesi di reclusione. Su questa base, aveva poi applicato un primo aumento per la recidiva e un secondo per la continuazione tra i vari episodi di resistenza, arrivando a una pena finale di un anno.
Tuttavia, proprio nel calcolare l’aumento per la recidiva si è annidato l’errore.
Il Ricorso del Procuratore Generale: Errore di Calcolo sulla recidiva qualificata
Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia ha presentato ricorso in Cassazione, non contestando la colpevolezza dell’imputato, ma esclusivamente il metodo di calcolo della pena. Secondo il Procuratore, il Tribunale aveva violato l’articolo 99, quarto comma, del codice penale.
La norma prevede che, in caso di recidiva qualificata, l’aumento di pena da applicare sia pari a due terzi. Il giudice di merito, invece, aveva aumentato la pena base di sei mesi di soli tre mesi, applicando quindi un aumento della metà e non dei due terzi come prescritto. Un errore matematico con dirette conseguenze sulla libertà personale dell’imputato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso pienamente fondato. Gli Ermellini hanno constatato l’evidente errore di calcolo. La pena base era stata fissata in sei mesi. L’aumento per la recidiva qualificata avrebbe dovuto essere di quattro mesi (i due terzi di sei), portando la pena a dieci mesi, e non di tre mesi come erroneamente calcolato dal Tribunale.
La Corte ha specificato che, trattandosi di un mero errore di calcolo e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, poteva procedere direttamente alla rideterminazione della pena, senza bisogno di rimandare il caso a un altro giudice. Questa facoltà è prevista dall’articolo 620, lettera l), del codice di procedura penale, che consente alla Cassazione di pronunciare un annullamento senza rinvio e di correggere direttamente la decisione impugnata.
Le Conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio. Procedendo alla correzione, ha ricalcolato la pena applicando correttamente l’aumento di quattro mesi per la recidiva sulla base di sei mesi, a cui ha poi aggiunto l’ulteriore aumento per la continuazione, fissando la pena finale e complessiva in un anno e un mese di reclusione. La sentenza rappresenta un importante promemoria sulla necessità di precisione e rigore nell’applicazione delle norme penali sostanziali, anche negli aspetti apparentemente più tecnici come il calcolo degli aumenti di pena.
Qual è stato l’errore commesso dal Tribunale nel calcolare la pena?
Il Tribunale ha applicato un aumento per la recidiva qualificata pari alla metà della pena base (tre mesi su sei), invece dell’aumento di due terzi (quattro mesi su sei) come previsto tassativamente dall’art. 99, quarto comma, del codice penale.
Qual è il corretto aumento di pena per la recidiva qualificata contestata nel caso?
Per la recidiva reiterata infraquinquennale, qualificata ai sensi dell’art. 99, quarto comma, cod. pen., la legge impone un aumento della pena nella misura fissa di due terzi.
Perché la Corte di Cassazione ha potuto modificare direttamente la pena senza un nuovo processo?
La Corte di Cassazione ha agito in base all’art. 620, lettera l), del codice di procedura penale. Questa norma le conferisce il potere di annullare la sentenza senza rinvio e rideterminare la pena quando l’errore è puramente giuridico o di calcolo e non richiede nuovi accertamenti sui fatti della causa.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46326 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46326 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia avverso la sentenza n. 3451/23 del Tribunale di Bergamo del 21/12/2023 nel procedimento nei confronti di COGNOME COGNOME n. Osio di Sotto (Bg) 14/05/1977
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della
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sentenza impugnata limitatamente alla determinazione dell’aumento irrogato per la riconosciuta recidiva reiterata infraquinquennale
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica ha dichiarato l’imputato NOME COGNOME responsabile del delitto di resistenza continuata a pubblico ufficiale (art. 81, 337 cod. pen.) aggravata dalla recidiva qualificata, condannandolo alla pena di un anno di reclusione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale distrettuale, deducendo la violazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. per avere il Tribunale, nella determinazione della pena, aumentato quella base fissata in sei mesi di reclusione sino a nove mesi, erroneamente applicando un aumento della metà e non di due terzi, derivante dalla rituale contestazione della recidiva qualificata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Nel disporre l’aumento a titolo della ritenuta recidiva qualificata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. il giudicante lo ha erroneamente calcolato nella misura di tre mesi (metà) anziché di quattro mesi (due terzi) rispetto alla misura della pena base, individuata in sei mesi di reclusione, su cui ha poi applicato un ulteriore aumento di tre mesi a titolo di continuazione interna.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente alla pena, che va rideterminata ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen. nella misura di un anno e un mese di reclusione.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e visto l’art. 620, comma 1, lett. I) cod. proc. pen. ridetermina la pena in complessivi un anno e un mese di reclusione.
Così deciso, il 20 giugno 2024 Il consigliere est so re Il Presidente