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Recidiva penale: valutazione oltre la gravità del fatto

Un soggetto condannato per sostituzione di persona ha impugnato la sentenza, contestando l’applicazione della recidiva. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione della recidiva penale richiede un’analisi approfondita della personalità del reo e del nesso con i precedenti, non potendosi basare solo sulla gravità o sul tempo trascorso dai reati precedenti.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Penale: La Valutazione Concreta del Giudice è Decisiva

L’applicazione della recidiva penale non è un automatismo basato sulla semplice sequenza di reati, ma richiede un’attenta e concreta valutazione da parte del giudice. Con l’ordinanza n. 10046/2024, la Corte di Cassazione torna a ribadire questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che contestava proprio la sussistenza di tale aggravante.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) emessa dal Tribunale di Brindisi e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Lecce. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’applicazione della recidiva. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero correttamente giustificato la sussistenza dell’aggravante.

La Valutazione della Recidiva Penale secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha giudicato il motivo di ricorso come manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per riaffermare i principi consolidati in materia di recidiva penale. I giudici di legittimità hanno chiarito che la valutazione del giudice non può limitarsi a considerare esclusivamente la gravità dei fatti o l’arco temporale in cui sono stati commessi. È necessario un esame più approfondito e concreto.

In base ai criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, il giudice deve analizzare il rapporto specifico tra il reato sub iudice (quello per cui si sta procedendo) e le condanne precedenti. L’obiettivo è verificare se e in quale misura la pregressa condotta criminale sia sintomo di una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che ha agito come fattore criminogeno nella commissione del nuovo reato.

L’Analisi Concreta del Giudice di Merito

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse operato correttamente. La motivazione fornita nel provvedimento impugnato è stata giudicata immune da vizi logici. I giudici di secondo grado avevano infatti giustificato l’operatività della recidiva sottolineando come la pena inflitta, seppur mite, tenesse conto della ‘pessima personalità dell’imputato e dei suoi numerosi precedenti penali, anche in delitti patrimoniali’.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda sulla correttezza dell’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito. Non è sufficiente contestare genericamente l’applicazione della recidiva; è necessario dimostrare un vizio specifico nella motivazione. In questo caso, la Corte territoriale ha adempiuto al suo dovere, collegando esplicitamente i precedenti penali e la personalità dell’imputato alla commissione del nuovo delitto. Questa connessione ha dimostrato quella ‘perdurante inclinazione al delitto’ che la legge richiede per l’applicazione dell’aggravante. Il ricorso, pertanto, non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale cruciale: la recidiva penale non è una mera etichetta da apporre a chi ha precedenti, ma una circostanza aggravante la cui applicazione deve essere rigorosamente motivata. I giudici devono andare oltre la ‘matematica’ dei reati e indagare sulla concreta pericolosità sociale del soggetto, desumendola dalla sua storia criminale e dalla sua personalità. La decisione finale ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a conferma della manifesta infondatezza delle sue doglianze.

Come viene valutata la recidiva da un giudice?
La valutazione non si basa solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma richiede un’analisi concreta del rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti. Il giudice deve verificare se la condotta passata indica una persistente inclinazione al delitto che ha influenzato la commissione del nuovo crimine, basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e adeguata per l’applicazione della recidiva, evidenziando la ‘pessima personalità’ dell’imputato e i suoi ‘numerosi precedenti penali’ come fattori indicativi di una tendenza a delinquere.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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