Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 21565 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 21565 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato in Tunisia il 18 aprile 1980;
avverso la sentenza n. 1778/24 della Corte di appello di Catania del 12 aprile 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla pronunzia relativa alla sospensione condizionale della pena.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 aprile 2024 la Corte di appello di Catania ha parzialmente riformato, riconoscendo in favore dell’imputato la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen., ritenuta equivalente alla contestata recidiva, la precedente sentenza con la quale il Tribunale di Ragusa, decidendo in esito a giudizio celebrato nelle forme ordinarie, aveva dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, del dPR n. 309 del 1990 e lo aveva, pertanto, condannato alla pena di mesi 10 di reclusione ed euri 1.800,00 di multa, oltre accessori.
Per effetto della parziale riforma la Corte etnea, confermata nel resto la sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena principale inflitta al prevenuto limitandola a quella di mesi 8 di reclusione ed euri 1.500,00 di multa.
Ha interposto ricorso per cassazione avverso siffatta decisione la difesa fiduciaria dell’imputato, affidando le proprie lagnanze a tre motivi di censura; il primo concernente il vizio di motivazione e di violazione di legge stante la ritenuta non configurabilità della recidiva infraquinquennale data la mancanza dei relativi presupposti applicativi; il secondo afferente alla valutazione di sola equivalenza fra la ritenuta recidiva e la attenuante di cui all’art. 62, n. 4) cod. pen.; il terzo concernente la mancata pronunzia in relazione alla richiesta, formulata in sede di gravame, di riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, risultato fondato è, pertanto, meritevole di accoglimento.
Giova premettere alla presente decisione il rilievo secondo il quale, non essendo stata oggetto di impugnazione il punto della sentenza riguardante la sussistenza della responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui contestato, siffatta pronunzia deve essere ritenuta oramai definitiva, essendo tuttora in discussione solo la ricorrenza o meno di elementi accessori del reato contestato (la sussistenza o meno della recidiva e la sua incidenza in termini sanzionatori) e la eventualità di disporre o meno la sospensione condizionale della pena inflitta all’imputato condannato.
Ciò chiarito, anche ai fini della derivante irrilevanza dell’ulteriore decorso del tempo sulla estinzione del reato ascritto all’imputato per l’ipotetico
maturare della prescrizione, osserva il Collegio come fondato sia già il primo dei tre motivi di doglianza lamentati dal ricorrente.
Questi, infatti, ha censurato la sentenza emessa a suo carico dalla Corte territoriale catanese nella parte in cui la stessa – sebbene la abbia considerata equivalente alla rilevata circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod pen., attenuante i cui estremi non erano stati ritenuti sussistere in sede di decisione di primo grado – ha confermato la affermazione fatta dal Tribunale di Ragusa in relazione alla recidiva contestata al prevenuto.
Rileva la Corte di cassazione che, effettivamente, la motivazione sulla base della quale la Corte di Catania ha inteso rigettare il motivo di gravame avente ad oggetto l’esclusione della contestata recidiva è viziata sia sotto il Lida tp., profilovsufficienza motivazionale che sotto quello della violazione di legge.
Invero, premesso che, da punto di vista formale, la nozione di recidiva presuppone, nella sua declinazione elementare, quanto meno la esistenza di una precedente sentenza di condanna per un delitto non colposo divenuta definitiva anteriormente alla commissione del nuovo delitto da parte del soggetto di cui si tratta, mentre dal punto di vista sostanziale è rilevante la condizione in cui si trovi il recidivo solo in quanto la sua ricaduta nel reato sia espressiva, proprio per effetto della reiterazione della condotta delittuosa, di una sua accentuata pericolosità sociale desumibile dalla sussistenza di una serie di sicuri indici sintomatici (si rimanda sotto tale profilo sia a Corte d cassazione, Sezione II penale, 14 marzo 2023, n. 10988, rv 284425, che a Corte di cassazione, Sezione III penale, 10 luglio 2017, n. 33299, rv 270418, nonché: Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 5 ottobre 2010, n. 35738, rv 247838), osserva il Collegio che nella presente occasione la Corte di Catania non solo non ha indicato quali fossero, quanto al COGNOME, gli indici rivelatori di tale maggiore riprovevolezza insita nella sua condotta e della maggiore pericolosità del suo comportamento, ma ha singolarmente richiamato, quale dato sintomatico della sussistenza della recidiva – ostativo, perciò, alla sua esclusione – il fatto che il prevenuto abbia commesso i fatti di cui alla imputazione a lui contestata “durante la violazione della misura cautelare relativa ad analogo reato”.
Osserva al riguardo il Collegio che – pur trattandosi certamente di un elemento di fatto inquietante, deponente per la intensa gravità del fatto commesso – altrettanto indubbiamente esso non è fattore idoneo a fondare il giudizio sulla sussistenza della recidiva, posto che questa, per le ragioni dianzi
illustrate, non è astrattamente riconducibile alla sola esistenza di una misura cautelare in atto.
Una tale misura, infatti, fintanto che viene applicata, presuppone la non definìtività dell’accertamento del reato contestato nel procedimento in
relazione al quale la stessa è stata disposta.
Su di essa non può, perciò, autonomamente fondarsi la legittima rilevazione della aggravante della recidiva in relazione a delitti che siano stati
commessi nel corso della sua applicazione, trattandosi di reati necessariamente non preceduti dal definitivo accertamento della penale
responsabilità per l’altro, pregresso, delitto non colposo in ordine al quale la misura cautelare è stata disposta.
La sentenza della Corte distrettuale deve, pertanto, essere annullata con rinvio quanto all’avvenuto rigetto del motivo di gravame riguardante la
sussistenza della recidiva a carico del prevenuto, essendo stato esso motivato sulla base di elementi di giudizio insufficienti e comunque normativamente non idonei alla espressione della valutazione operata dalla Corte etnea.
Spetterà pertanto, al giudice del rinvio, individuato come da dispositivo, riesaminare la fondatezza o meno del motivo di gravame sul punto a suo tempo formulato dalla difesa dell’attuale ricorrente e quindi verificare la sussistenza degli elementi effettivamente rivelatori e normativamente significativi ai fini del riscontro della recidiva contestata al prevenuto.
L’accoglimento del primo motivo di impugnazione, potenzialmente incidente sul trattamento sanzionatorio a carico del ricorrente e sulla espressione del giudizio prognostico sul futuro suo comportamento penale, temi questi oggetto, se del caso, di nuovo esame in sede di giudizio di rinvio, determina l’assorbimento dei restanti motivi di impugnazione.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta recidiva, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
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