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Recidiva: obbligo di motivazione del giudice

Un cittadino straniero, condannato per permanenza illegale nel territorio nazionale, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha ritenuto infondato il motivo legato al ‘giustificato motivo’ per la permanenza (indigenza e pandemia), ma ha accolto il ricorso sul tema della recidiva. La sentenza è stata annullata con rinvio perché il giudice di merito non aveva adeguatamente motivato le ragioni per cui i precedenti penali rendessero l’imputato più pericoloso, limitandosi a un’applicazione automatica dell’aggravante.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Obbligo di Motivazione: La Cassazione Fa Chiarezza

L’applicazione dell’aggravante della recidiva non può essere un automatismo basato sulla semplice esistenza di precedenti penali. È necessario che il giudice motivi in modo specifico perché il nuovo reato sia un sintomo di maggiore pericolosità sociale. Questo è il principio fondamentale ribadito dalla Corte di Cassazione Penale nella recente sentenza n. 22246 del 2024, che ha annullato parzialmente una condanna per permanenza illegale di un cittadino straniero.

Il Caso in Esame: Permanenza Illegale e il Ricorso per Cassazione

Un cittadino straniero veniva condannato dal Giudice di Pace per il reato di cui all’art. 14, comma 5-quater, del D.Lgs. 286/1998. In sostanza, nonostante avesse ricevuto diversi decreti di espulsione e allontanamento, aveva continuato a permanere nel territorio italiano senza un giustificato motivo.

La difesa presentava ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali della sentenza di primo grado:
1. Il mancato riconoscimento di un “giustificato motivo” per la permanenza, individuato nello stato di indigenza e nelle difficoltà legate alla pandemia da Covid-19.
2. L’errata applicazione dell’aumento di pena per la recidiva contestata, senza un’adeguata motivazione e senza aver considerato la concessione delle attenuanti generiche.

L’Applicazione della Recidiva: L’Errore del Giudice di Pace

Il Giudice di Pace aveva determinato la pena base nel minimo edittale, aumentandola poi significativamente per la contestata recidiva. Tuttavia, come evidenziato dalla Cassazione, questa decisione non era supportata da una motivazione che andasse oltre la semplice constatazione formale dei precedenti penali dell’imputato. Si trattava di un’applicazione quasi automatica, che non teneva conto dei principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte.

Il “Giustificato Motivo”: Un’Allegazione Insufficiente

Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile. I giudici hanno chiarito che, sebbene spetti al giudice il potere-dovere di rilevare d’ufficio l’esistenza di un giustificato motivo, spetta all’imputato l’onere di allegare concretamente le circostanze che gli hanno impedito di lasciare il territorio nazionale. Nel caso di specie, i riferimenti generici allo stato di indigenza e alla pandemia sono stati ritenuti insufficienti, in assenza di prove concrete che dimostrassero l’impossibilità materiale per il singolo soggetto di ottemperare all’ordine di espulsione.

La Recidiva: Un Automatismo Inammissibile

Il secondo motivo, relativo alla recidiva, è stato invece accolto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’applicazione della recidiva facoltativa impone al giudice un preciso onere di motivazione. Non basta verificare l’esistenza di precedenti condanne. Il giudice deve spiegare perché il nuovo episodio criminale sia “concretamente significativo” in relazione alla natura e al tempo dei reati precedenti, e come esso dimostri una “più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo”.

Nel caso specifico, la motivazione del Giudice di Pace era del tutto assente, essendosi risolta in una mera elencazione dei precedenti penali dell’imputato. Questa mancanza costituisce un vizio di motivazione che impone l’annullamento della sentenza sul punto.

Le Conclusioni: L’Importanza della Motivazione Individualizzata

La sentenza in commento è di fondamentale importanza perché riafferma il principio secondo cui la risposta sanzionatoria deve essere sempre individualizzata e proporzionata. L’aumento di pena per la recidiva non può essere una conseguenza meccanica del passato criminale di un individuo, ma deve essere il frutto di una valutazione concreta e motivata da parte del giudice. Questi deve analizzare se la reiterazione del reato sia effettivamente un sintomo di una personalità più incline a delinquere e di una maggiore riprovevolezza. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante della recidiva, rinviando gli atti al Giudice di Pace per un nuovo giudizio che dovrà colmare il vuoto motivazionale rilevato.

La condizione di povertà o la pandemia da Covid-19 costituiscono un “giustificato motivo” per non rispettare un ordine di espulsione?
No. Secondo la sentenza, queste circostanze, se allegate in modo generico, non sono sufficienti. L’imputato ha l’onere di fornire prove concrete che dimostrino come tali situazioni gli abbiano reso materialmente impossibile lasciare il territorio nazionale.

Il giudice può applicare l’aggravante della recidiva semplicemente perché l’imputato ha precedenti penali?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice non può applicare l’aumento di pena per la recidiva in modo automatico. È obbligato a fornire una motivazione specifica che spieghi perché il nuovo reato, in relazione ai precedenti, è sintomo di una maggiore pericolosità e colpevolezza del reo.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla una sentenza limitatamente a un punto specifico come la recidiva?
La sentenza viene annullata solo per la parte viziata. Il caso viene rinviato al giudice del grado precedente (in questo caso il Giudice di Pace, ma una persona fisica diversa) che dovrà emettere una nuova decisione solo su quel punto specifico (l’applicazione della recidiva), attenendosi ai principi indicati dalla Cassazione e fornendo una motivazione adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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