Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4537 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4537 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo del 7 giugno 2022, con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi due di arresto ed euro duemilacinquecento di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17, C.d.S. (con la recidiva nel biennio).
Il NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge in relazione all’erronea configurazione della recidiva nel biennio, in quanto la precedente violazione era divenuta definitiva in data 14 febbraio 2015, cioè oltre due anni prima dalla data del reato in oggetto (2 febbraio 2018).
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen..
3. Il ricorso è inammissibile.
In ordine al primo motivo di ricorso, va premesso che questa Corte di legittimità, con riferimento alla previgente ipotesi di reato base, aveva in più occasioni chiarito che, in tema di guida senza patente, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della “recidiva nel biennio”, rileva la data del passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente rispetto a quello per il quale si procede e non la data di commissione dello stesso (Sez. 4, n. 50117 del 6/11/2019, Bano, non massimata; Sez. 4, n. 45769 del 30/09/2016, Rv. 268516; Sez. 4, n. 40617 del 30/04/2014, Rv. 260304).
Le esigenze di certezza del diritto espressamente valorizzate nella parte motiva delle richiamate sentenze del giudice di legittimità, infatti, debbono necessariamente fondarsi su un accertamento giudiziale stabile, quale è quello derivante da una sentenza passata in giudicato, e non già su una mera ipotesi tutta da dimostrare, quale è l’atto di esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero.
Analogamente, per i fatti successivi alla depenalizzazione, si è chiarito che per l’integrazione della recidiva nel biennio idonea, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 5 gennaio 2016, n. 8, ad escludere il reato dall’area della depenalizzazione, non è sufficiente che sia intervenuta la mera contestazione dell’illecito depenalizzato ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato (Sez. 6, n. 27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405; Sez. 4, n. 6163 del 24/10/2017, dep. 2018, Okere, 272209).
In tal senso il “nuovo” reato di guida senza patente contempla una nozione di recidiva che attribuisce rilevanza agli episodi di guida senza patente non più aventi
rilievo penale, i quali tuttavia devono essere stati accertati in via definitiva dall’auto rità amministrativa, essendo evidente che fino a quando la (precedente) violazione amministrativa sia suscettibile di annullamento, di essa non si potrà tenere conto ai fini della sussistenza del reato in questione (Sez. 4, n. 22162 del 03/05/2022, Disha, non massimata).
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di guida senza patente, per l’integrazione della recidiva nel biennio idonea, ai sensi dell’art. 5 d. Igs. 5 gennàio 2016, n. 8, ad escludere il reato dall’area della depenalizzazione, non è sufficiente che sia intervenuta la mera contestazione dell’illecito depenalizzato ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato (Sez. 6, n. 27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405; Sez. 4, n. 6163 del 24/10/2017, dep. 2018, Okere, NUMERO_CARTA).
La Corte territoriale, nel ribadire tali principi giurisprudenziali, ha evidenziato che la definitività dell’accertamento per la prima violazione era intervenuta in data 19 maggio 2016 e, cioè, non oltre due anni prima della data di commissione della violazione di cui al presente procedimento.
La difesa del COGNOME si limita a contestare genericamente tale dato, senza apportare elementi utili a smentire il dato della definitività di tale accertamento, in violazione del principio di autosufficienza.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, va osservato che, con l’atto di appello il COGNOME non aveva richiesto l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen..
Ebbene, non sono deducibili con il ricorso per Cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745).
Peraltro, il predetto principio di carattere generale è stato riaffermato anche con riferimento all’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen.. Questa Corte, infatti, ha aff mato che, nel caso di appello proposto per motivi relativi alla sussistenza del fatto e alla determinazione della pena, non può essere dedotta come motivo nuovo a sostegno dell’impugnazione la questione concernente la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in quanto punto della decisione impugnata distinto da quelli fatti valere con l’atto di appello originario (Sez. 3, n. 3162 del 18/11/2019, dep. 2020, Giannetto, Rv. 278255).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.