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Recidiva nel biennio: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso relativo a una violazione del Codice della Strada, sottolineando che la rilevanza penale della condotta scatta solo in caso di recidiva nel biennio. La mancanza di questo requisito essenziale ha portato alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva nel Biennio: Quando un Comportamento Diventa Penalmente Rilevante?

L’ordinanza in esame, emessa dalla Corte di Cassazione, offre un importante chiarimento su un concetto cruciale del diritto penale stradale: la recidiva nel biennio. Questo principio determina quando una condotta, altrimenti non penalmente rilevante, assume i contorni del reato. L’analisi della Suprema Corte si concentra sulla necessità che il comportamento illecito sia ripetuto entro un arco temporale di due anni per poter essere sanzionato penalmente, come previsto da specifiche norme del Codice della Strada. La decisione sottolinea come l’assenza di tale requisito renda il ricorso inammissibile, con conseguenze significative per l’imputato.

Il Caso in Esame

Il procedimento trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente contestava la propria condanna, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione per una revisione della decisione di secondo grado. Il fulcro della controversia legale risiedeva nell’interpretazione di una norma del Codice della Strada che punisce penalmente una determinata condotta solo a specifiche condizioni.

La Decisione della Cassazione sulla Recidiva nel Biennio

La Corte di Cassazione ha concluso il procedimento dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della colpevolezza o innocenza del ricorrente, ma si è fermata a una valutazione preliminare, riscontrando una carenza fondamentale nell’azione legale stessa. La Corte ha stabilito che la condotta contestata non possedeva il requisito della non abitualità, elemento necessario per integrare la fattispecie di reato.

La Rilevanza della Ripetizione dell’Illecito

Il punto chiave della decisione è che, ai sensi dell’articolo 116, comma 15, del Codice della Strada, la condotta assume rilevanza penale esclusivamente nel caso di recidiva nel biennio. In altre parole, non è sufficiente commettere l’infrazione una sola volta; è necessario che la stessa violazione venga ripetuta entro due anni dalla precedente. In assenza di questa ripetizione, il comportamento non può essere qualificato come reato.

Le Motivazioni Giuridiche

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando esplicitamente la normativa di riferimento e la giurisprudenza consolidata. La norma incriminatrice in questione è strutturata in modo da punire non il singolo episodio, ma la sua ripetizione ravvicinata nel tempo, identificando in essa un maggior grado di pericolosità sociale e di colpevolezza. Mancando la prova della commissione di un illecito precedente nei due anni, viene meno il presupposto stesso del reato.
Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta automaticamente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di tremila euro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, non avendo riscontrato ragioni valide per un esonero.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non tutte le infrazioni al Codice della Strada costituiscono reato. Per alcune di esse, il legislatore ha previsto una soglia di rilevanza penale legata alla ripetitività del comportamento. La recidiva nel biennio funge da spartiacque, distinguendo un illecito amministrativo da un vero e proprio reato. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa decisione serve come monito sull’importanza di verificare attentamente la sussistenza di tutti i presupposti normativi prima di intraprendere un’azione legale. Un ricorso basato su presupposti errati, come in questo caso, non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la condotta contestata assume rilevanza penale solo nel caso di recidiva nel biennio, ovvero se l’illecito viene ripetuto entro due anni. Poiché questo requisito non era presente, mancava un presupposto fondamentale del reato.

Qual è il requisito essenziale affinché una certa condotta prevista dal Codice della Strada assuma rilevanza penale secondo questa ordinanza?
Secondo l’articolo 116, comma 15, del Codice della Strada richiamato nell’ordinanza, il requisito essenziale è la recidiva nel biennio. La condotta diventa reato solo se l’autore commette la stessa violazione una seconda volta entro due anni dalla precedente.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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