LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Recidiva motivazione: quando il ricorso è inammissibile

Un soggetto condannato per reati legati agli stupefacenti ha presentato ricorso in Cassazione contestando la mancanza di motivazione sull’applicazione della recidiva. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che il giudice di merito aveva correttamente valutato la pericolosità sociale dell’imputato non basandosi solo sui precedenti, ma analizzando il legame tra la condotta passata e il nuovo reato. Il provvedimento chiarisce i requisiti per una corretta recidiva motivazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Motivazione: La Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso Generico

L’applicazione della recidiva, e in particolare la sua motivazione, rappresenta un punto cruciale nel diritto penale, capace di incidere significativamente sull’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che regolano la recidiva motivazione, chiarendo quando un ricorso su questo tema risulta inammissibile. L’analisi di questa decisione offre spunti importanti per comprendere l’approccio della giurisprudenza alla valutazione della pericolosità sociale del reo.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per reati in materia di stupefacenti. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena in quattro anni e quattro mesi di reclusione e 20.000 euro di multa. A pesare sulla condanna era stata l’applicazione della recidiva specifica infraquinquennale.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte dei giudici di merito riguardo al riconoscimento della recidiva. Secondo la difesa, non sussistevano i presupposti per applicare tale aggravante.

La Decisione della Corte: Focus sulla Recidiva Motivazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: il ricorso in sede di legittimità deve confrontarsi specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, non potendo limitarsi a una critica generica.

Inammissibilità per Mancanza di Confronto

I giudici supremi hanno evidenziato come il ricorso fosse privo di un adeguato confronto con le ragioni esposte dalla Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, infatti, era stata definita “lineare e congrua”, priva di contraddizioni e, pertanto, non soggetta al sindacato di legittimità. Il motivo di ricorso non era, quindi, deducibile in quella sede.

I Principi per una Corretta Motivazione sulla Recidiva

Il punto centrale dell’ordinanza risiede nella spiegazione di come deve essere motivata la recidiva. La Corte di Cassazione ha chiarito che la Corte d’Appello non si era limitata a un automatismo, ovvero a dedurre la pericolosità sociale del soggetto dalla semplice esistenza di precedenti penali specifici.

Al contrario, i giudici di merito avevano correttamente:
1. Esaminato il rapporto tra il reato in giudizio e le condanne precedenti.
2. Utilizzato i criteri dell’art. 133 del codice penale per valutare la personalità del reo.
3. Verificato se e in che misura la precedente condotta criminale fosse indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto”, tale da aver agito come fattore criminogeno per la commissione del nuovo reato.

Questa valutazione concreta e non astratta è il cuore di una corretta recidiva motivazione.

Analisi del Ragionamento Giuridico

Le motivazioni della Corte si allineano perfettamente con l’orientamento, anche delle Sezioni Unite, secondo cui l’aumento di pena per la recidiva non è una conseguenza automatica della precedente condanna. Il giudice ha l’obbligo di accertare in concreto se i precedenti penali siano effettivamente sintomatici di una maggiore colpevolezza e di una più accentuata pericolosità sociale dell’imputato in relazione al nuovo reato. Ignorare questo passaggio significa viziare la sentenza per mancanza di motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva svolto proprio questa analisi, rendendo il ricorso dell’imputato infondato e, in ultima analisi, inammissibile perché non coglieva il nucleo del ragionamento del giudice precedente.

Implicazioni Pratiche della Decisione

Le conclusioni che si possono trarre da questa ordinanza sono chiare. Per contestare efficacemente l’applicazione della recidiva, non è sufficiente lamentare genericamente la sua applicazione. È necessario, invece, che la difesa costruisca un motivo di ricorso specifico, che dialoghi con la motivazione della sentenza impugnata e ne evidenzi le eventuali fallacie logiche o le violazioni di legge. Questa pronuncia ribadisce che la valutazione della recidiva è un giudizio di merito, basato su elementi concreti, il cui riesame è precluso in sede di legittimità se la motivazione del giudice è congrua e immune da vizi logici.

Quando un ricorso per cassazione sulla motivazione della recidiva è inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando è proposto con un motivo generico, che non si confronta adeguatamente con le argomentazioni specifiche contenute nella sentenza impugnata e quando la motivazione di quest’ultima appare logica, coerente e priva di vizi evidenti.

Cosa deve fare il giudice per motivare correttamente l’applicazione della recidiva?
Il giudice non deve limitarsi a constatare l’esistenza di precedenti penali, ma deve esaminare concretamente il rapporto tra il nuovo reato e le condanne passate. Deve valutare, sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p., se la condotta pregressa indichi una persistente inclinazione al delitto che ha agito come fattore criminogeno per il nuovo reato.

Basta l’esistenza di precedenti penali per aumentare la pena per recidiva?
No, secondo la giurisprudenza costante richiamata nell’ordinanza, la mera esistenza di precedenti specifici non è sufficiente. È necessaria una valutazione del giudice che accerti in concreto una maggiore pericolosità sociale del reo in relazione al fatto commesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati