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Recidiva: motivazione necessaria per l’aggravante

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta a causa di un vizio di motivazione. I giudici di merito avevano applicato l’aggravante della recidiva senza spiegare adeguatamente le ragioni, nonostante avessero definito i precedenti penali dell’imputato come ‘assai risalenti’. La Suprema Corte ha ribadito che la recidiva non può essere applicata automaticamente ma richiede una valutazione concreta della maggiore pericolosità sociale, annullando la decisione limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinviando il caso alla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Obbligo di Motivazione: la Cassazione Annulla per Carenza di Giustificazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 28091 del 2024, riaccende i riflettori su un principio fondamentale del diritto penale: l’applicazione dell’aggravante della recidiva non è mai automatica. Il giudice ha il dovere di spiegare in modo chiaro e logico perché i precedenti penali di un imputato lo rendano più pericoloso socialmente in relazione al nuovo reato commesso. La mancanza di questa motivazione costituisce un vizio che può portare all’annullamento della sentenza.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per bancarotta fraudolenta, confermata sia in primo grado che dalla Corte d’Appello di Bologna. All’imputato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, ma in giudizio di equivalenza con l’aggravante della recidiva e un’altra aggravante specifica.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un unico ma cruciale vizio di motivazione. La difesa sosteneva che i giudici di merito non avevano mai spiegato le ragioni per cui era stata ritenuta sussistente la recidiva. Si evidenziava come i precedenti penali fossero molto datati, di natura diversa rispetto al reato contestato e, quindi, non espressivi di una accresciuta pericolosità sociale. Inoltre, la stessa recidiva non era stata nemmeno contestata formalmente dal Pubblico Ministero.

La Questione della Recidiva Davanti alla Cassazione

Il cuore del ricorso si è concentrato sulla palese contraddizione nella motivazione dei giudici di merito. Da un lato, nel concedere le attenuanti generiche, il giudice di primo grado aveva sottolineato il carattere ‘assai risalente’ dei precedenti penali dell’imputato. Dall’altro, però, nel bilanciare le circostanze, aveva incluso la recidiva tra le aggravanti senza fornire alcuna spiegazione a supporto di tale decisione.

Questa mancanza di motivazione, secondo la difesa, violava i principi consolidati dalla giurisprudenza, secondo cui la recidiva non può essere desunta meccanicamente dal certificato penale, ma deve essere il risultato di una valutazione concreta del rapporto tra le condotte passate e il reato attuale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno rilevato una chiara ‘carenza motivazionale’ e un profilo di ‘illogicità’ nell’argomentazione dei giudici di merito. La sentenza impugnata è stata annullata perché, dopo aver correttamente premesso che i precedenti erano datati, i giudici non hanno tratto le logiche conclusioni da tale premessa.

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla sussistenza della recidiva non deve basarsi su ‘un astratto canone di pericolosità sociale desumibile dal certificato penale’. Al contrario, deve fondarsi ‘sulla falsariga del concreto rapporto tra il fatto-reato per cui si procede e le pregresse condotte criminose dell’imputato, anche tenuto conto dell’epoca della loro consumazione’.

In altre parole, il giudice deve spiegare perché quei reati, commessi in passato, rendano l’imputato più colpevole o più pericoloso oggi, nel contesto del nuovo crimine. Se non lo fa, la sua decisione è illegittima. Mancando questo ragionamento, i giudici di merito hanno errato, o escludendo la recidiva dal bilanciamento senza dirlo, oppure includendola senza una giustificazione adeguata. Di fronte a questa lacuna, l’unica soluzione è stata l’annullamento della sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio.

Conclusioni: L’Importanza di una Giustizia Motivata

Questa pronuncia della Cassazione è un importante monito sull’obbligo di motivazione che grava su ogni decisione del giudice, specialmente quando incide sulla libertà personale e sull’entità della pena. La recidiva è uno strumento che può aumentare significativamente la sanzione, ma il suo utilizzo deve essere ponderato e giustificato. Non può trasformarsi in uno stigma indelebile basato sul passato di una persona. La sentenza riafferma che la pena deve essere sempre giusta, proporzionata e, soprattutto, motivata in ogni suo aspetto, garantendo che ogni cittadino sia giudicato per ciò che ha fatto e non semplicemente per chi è stato in passato.

Quando un giudice può applicare l’aggravante della recidiva?
Un giudice può applicare la recidiva non automaticamente, ma solo dopo aver valutato concretamente se i precedenti reati indichino una maggiore pericolosità sociale dell’imputato in relazione al nuovo reato commesso. Deve fornire un ragionamento che consideri il tempo trascorso, la natura dei reati e il loro legame con il fatto attuale.

È sufficiente che un imputato abbia precedenti penali per considerare applicabile la recidiva?
No. Secondo la sentenza, non basta un astratto richiamo ai precedenti risultanti dal certificato penale. Il giudice deve illustrare il ‘concreto rapporto’ tra il nuovo reato e le condotte criminose passate per giustificare l’applicazione dell’aggravante.

Cosa succede se un giudice non motiva adeguatamente l’applicazione della recidiva?
Se la motivazione è carente, illogica o del tutto assente, la sentenza può essere annullata dalla Corte di Cassazione, come accaduto in questo caso. L’annullamento può essere limitato alla sola determinazione della pena (trattamento sanzionatorio), con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova e corretta valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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