Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29725 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29725 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato da COGNOME NOME, nato a San Severo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Bari del 21/03/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 04/11/2020, la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del GUP presso il Tribunale di Foggia del 03/12/2021, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione in relazione al reato di cui agli articoli 81 e 513-bis cod. pe
Avverso il provvedimento ricorre l’imputato deducendo, con il primo e unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla omessa disapplicazione della recidiv e all’eccessivo aumento per la continuazione.
N
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alla recidiva.
Ed infatti, la giurisprudenza della Corte è nel senso che «in tema di recidiva facoltativa, richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa» (Sez. 2, n. 51257 del 16/11/2023, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, COGNOME, Rv. 274782 – 01).
Già con sentenza n. 20798/2011 (ud. 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664 – 01), le Sezioni Unite della Corte hanno evidenziato che il giudizio sulla recidiva non riguarda l’«astratt pericolosità» del soggetto o un suo status personale svincolato dal fatto reato. Esso postula, piuttosto, la valutazione della gravità dell’illecito commisurata alla maggiore attitudin delinquere manifestata dal soggetto agente, idonea ad incidere sulla risposta punitiva – sia in termini retributivi che in termini di prevenzione speciale – quale aspetto della colpevolezza della capacità di realizzazione di nuovi reati, soltanto nell’ambito di una relazione qualificata i precedenti del reo e il nuovo illecito da questo commesso, che deve essere concretamente significativo in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, e avuto riguardo ai parametri indicati dall’art. 133 cod. pen., sotto il profilo della più accentuata colpevolez della maggiore pericolosità del reo.
Si è poi affermato che, in caso di contestazione della recidiva nelle ipotesi previste da un dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., il giudice è tenuto a verificare in concreto s reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosit suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al li di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni alt parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, a di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. 3, 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419 – 01; Sez. 6, n. 43438 del 23/11/2010, COGNOME, Rv. 248960 – 01).
Ancora, si è precisato che il giudice è tenuto a verificare «se e in qual misura la pregress condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito qua fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice» (Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284425 – 01).
Tra gli elementi da tenere in considerazione per i motivi di cui sopra, vi è anche l’eventual lasso di tempo trascorso tra le pregresse fattispecie e quella attualmente giudicata, certamente indice di una relazione qualificata (Sez. 3, n. 16047 del 14/03/2019, COGNOME, n.m.).
Tale dovere, tuttavia, può ritenersi adempiuto anche nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di
processo delinquenziale già avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, COGNOME, Rv. 274782), e può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, come nel caso in cui la sentenza richiami la negativa personalità dell’imputato desumibile dalla particolare pericolosità social della condotta da costui posta in essere (Sez. 6, n. 20271 del 27/04/2016, COGNOME, Rv. 267130 01).
E’ comunque necessario che, dal complesso della motivazione, emerga che il giudice ha valutato i parametri di cui sopra e ritenuto che il nuovo delitto costituisca espressione di u «maggiore capacità delinquenziale».
Nel caso di specie, la sentenza impugnata si limita a richiamare la motivazione della sentenza di primo grado, la quale, a sua volta, rappresenta la sussistenza di «un effettivo legame tra l’illecito per cui si procede e le precedenti violazioni, espressivo di una maggiore pericolos sociale dell’imputato, non incline al rispetto delle prescrizioni a lui imposte e quindi incapace autocontrollo».
Tale motivazione, è, in tutta evidenza, meramente «apparente», circostanza che ricorre in presenza di parte motiva che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, 4787 del 10/11/1993, COGNOME), come, per esempio, nel caso di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, COGNOME; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, COGNOME) e, più in AVV_NOTAIO, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti min coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260314).
Ancora, è apparente la motivazione meramente tautologica, che ricorre allorquando essa «si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a soste della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682 – 01; Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263100 – 01).
Nel caso di specie, il riferimento alla «incapacità di autocontrollo» è con ogni evidenza una motivazione tautologica, in quanto, così ragionando, ogni forma di recidiva reiterata andrebbe applicata automaticamente, perdendo la sua natura facoltativa.
La sentenza va pertanto annullata in riferimento al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Bari.
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Il motivo relativo alla continuazione è assorbito dall’accoglimento del motivo sulla recidiva.
La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari. Così deciso il 23/05/2024.