Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34990 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34990 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: SCORDAMAGLIA IRENE
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2025 del GIUDICE DI PACE DI TORINO
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto inammissibilità del
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l ‘ ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Torino ha dichiarato responsabile NOME COGNOME dei delitti di minaccia continuata e di percosse in danno di NOME COGNOME (fatti commessi in Torino l’8 settembre 2022) e, per l’effetto, riconosciuta a suo carico la circostanza aggravante speciale della recidiva, reiterata specifica infraquinquennale, posta in bilanciamento in regime di equivalenza alle circostanze attenuanti generiche, l’ha condannato alla pena di euro 600,00, unificati i reati ascrittigli sotto il vincolo della continuazione.
L’appello proposto dal difensore dell’imputato avverso la predetta sentenza è stato convertito in ricorso per cassazione dal Tribunale di Torino ai sensi dell’art. 37 d.lgs. n. 274 del 2000.
L’impugnativa consta di tre motivi, qui enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione secondo quanto previsto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo si contesta la valutazione della credibilità della persona offesa e si sostiene che non ricorrerebbero, stando alla ricostruzione dibattimentale del fatto, gli estremi del delitto di minaccia, vuoi per l’assenza di effettiva intimidazione subita dalla persona offesa, vuoi per avere l’imputato inteso unicamente reagire in maniera esasperata ad una condotta provocatoria e invadente della stessa parte offesa, che l’aveva arbitrariamente ripreso con lo ‘ smartphone ‘ .
Con il secondo motivo si contesta il diniego di riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, della quale vi sarebbero stati i presupposti, avendo l’imputato agito nello stato d’ira innescato dal fatto ingiusto della NOME, che, con il riprenderlo, aveva posto in essere nei suoi confronti almeno un comportamento molesto, in quanto insistito e petulante.
Con il terzo motivo ci si duole dell’eccessività della pena irrogata (perché la pena base non era stata determinata nel minimo edittale, ancorché il più grave delitto di percosse fosse stato integrato da una mera spinta, e perché l’aumento irrogato a titolo di continuazione per il delitto di minaccia era stato ingiustificatamente severo) e, in particolare, si contesta il diniego di esclusione della recidiva in quanto non corredato da alcuna motivazione, in spregio alle direttive impartite dalla giurisprudenza di legittimità.
Con memoria depositata tramite EMAIL il 21 luglio 2025, il difensore del ricorrente si è richiamato integralmente ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le sole ragioni di seguito indicate.
Il primo motivo è infondato.
1.1. Nella sentenza impugnata la dimostrazione dei fatti contestati al ricorrente è stata non illogicamente desunta dalla testimonianza della persona
offesa (neppure costituitasi parte civile), stimata precisa e coerente e, oltretutto, riscontrata dalle dichiarazioni rese da un Ufficiale di Polizia Giudiziaria (l’Ispettore COGNOME) nonché dalla documentazione prodotta dalla stessa parte offesa (la video registrazione dei comportamenti dell’imputato).
Non è, dunque, compito del giudice di legittimità rivalutare la ricostruzione del fatto e l’apprezzamento delle prove laddove la motivazione del provvedimento impugnato dia conto, in maniera completa e congrua, come nel caso al vaglio, dell’adeguatezza, secondo i parametri della normale plausibilità, del ragionamento del giudice di merito.
1.2. Nondimeno, il Giudice di pace, nel valutare la concreta idoneità intimidatoria del gesto dell’imputato di ‘tagliare la gola’- riferito dalla parte offesa come ripetuto per ben due volte – alla stregua del contesto globalmente aggressivo in cui era stato posto in essere (avendo NOME anche spinto NOME), ha mostrato di essersi attenuto al principio di diritto secondo il quale la fattispecie di cui all’art. 612 cod. pen. è integrata anche in presenza di un mero comportamento che, considerate complessivamente le circostanze del fatto, sia oggettivamente idoneo ad ingenerare un timore tale da turbare o diminuire la libertà psichica della vittima, senza che sia necessario che quest’ultima si sia sentita effettivamente intimidita (Sez. 5, n. 11708 del 15/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278925 01; Sez. 5, n. 6756 del 11/10/2019, dep. 2020, Giuliano, Rv. 278740 – 01; Sez. 5, n. 46528 del 02/12/2008, COGNOME, Rv. 242604 – 01).
2. Il secondo motivo è generico.
Le argomentazioni del ricorrente, a sostegno della censura di illegittimo diniego di concessione della circostanza attenuante della provocazione, constano di deduzioni prive di confronto critico con la ratio della decisione, come desumibile dal complesso della motivazione rassegnata a corredo della sentenza: ossia, che il comportamento tenuto dall’imputato non poteva trovare ragione nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto della persona offesa NOME COGNOME, perché la condotta di costei di riprendere con «le modalità video del cellulare» l’imputato era giustificata proprio dalla legittima pretesa di cristallizzarne documentalmente i gesti (quello, cioè, di tagliarle la gola, già in precedenza posto in essere, e, poi, quello di spingerla) in quanto suscettibili di integrare reati (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).
Coglie parzialmente nel segno il terzo motivo di ricorso.
3.1. I profili di censura relativi alla determinazione del trattamento sanzionatorio (quanto alla determinazione della pena-base e all’aumento per la continuazione) attingono il contenuto di valutazioni discrezionali del giudice di merito non sindacabili in questa sede.
3.2. Fondata è, invece, la censura che attinge il profilo della recidiva, reiterata, specifica e infraquinquennale ritenuta a carico di NOME, non essendo stata rassegnata alcuna motivazione a sostegno del diniego di esclusione della detta circostanza aggravante ad effetto speciale. Ciò contrasta con l’obbligo di specifica ed individualizzante motivazione che incombe sul giudice di merito ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 99 cod. pen. (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878; S.U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251690; Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838); motivazione che, così come concepita dal diritto vivente, impone di «verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali» (Sez. U, n. 35738/2010, COGNOME, in motivazione).
Per tutto quanto esposto, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto della recidiva, con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di pace di Torino. Nel resto il ricorso deve essere rigettato
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto della recidiva, con rinvio per nuovo giudizio al Gdp di Torino. Rigetta nel resto il ricorso.
Così è deciso, 18/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME