LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Recidiva: la valutazione del giudice è discrezionale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7854/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’applicazione dell’aggravante della recidiva. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla recidiva non è un automatismo basato sui precedenti penali, ma un giudizio discrezionale del giudice, che deve considerare la pericolosità sociale del reo e la sua capacità criminale in base a elementi concreti, come fatto correttamente dalla Corte d’Appello nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Non un Automatismo ma una Valutazione Concreta del Giudice

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7854 del 2024 offre un importante chiarimento su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione dell’aggravante della recidiva. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la presenza di precedenti penali non comporta un automatico aumento di pena. La Suprema Corte ribadisce che il giudice ha il dovere di compiere una valutazione approfondita e motivata sulla reale pericolosità sociale del soggetto, trasformando la decisione da un mero calcolo a un giudizio ponderato sulla persona.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un cittadino straniero per la violazione della normativa sull’immigrazione (art. 13, comma 13, d.lgs. 286/98). La Corte di Appello di Venezia, pur revocando la misura dell’espulsione, aveva confermato la condanna a otto mesi di reclusione, riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti all’aggravante della recidiva contestata.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, lamentando proprio l’applicazione di tale aggravante. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero agito in modo automatico, senza effettuare una concreta valutazione sulla sua effettiva pericolosità e sulla rilevanza dei suoi precedenti penali, che includevano reati in materia di stupefacenti e una rapina. Si contestava, in sostanza, una violazione di legge e un vizio di motivazione.

L’Argomento del Ricorrente: un’Applicazione Meccanica della Norma

Il punto centrale del ricorso era l’idea che la Corte territoriale avesse omesso qualsiasi analisi soggettiva, basandosi unicamente sull’esistenza formale di precedenti condanne. La difesa sosteneva che i giudici non avessero tenuto conto né della distanza temporale tra i vari reati né delle specifiche circostanze del nuovo illecito, applicando l’art. 99 del codice penale in modo errato e superficiale.

La Valutazione della Recidiva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di Appello si era attenuta scrupolosamente ai principi consolidati dalla giurisprudenza, in particolare a quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la celebre sentenza ‘Calibè’ del 2010.

Secondo questo orientamento, il giudice non può limitarsi a un riscontro formale dei precedenti. È tenuto, invece, a verificare in concreto se la reiterazione dei reati sia un “effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore”. Questa valutazione deve basarsi su una serie di parametri:

* Natura e offensività dei reati.
* Consecuzione temporale tra i fatti.
* Personalità del reo e grado di colpevolezza.

La Decisione nel Caso Specifico

Nel caso in esame, la Corte di Appello non si era limitata a elencare i precedenti dell’imputato (quattro violazioni della legge sugli stupefacenti e una rapina). Li aveva, invece, messi in relazione con la nuova condotta, commessa dopo che era già stato espulso a seguito di una precedente condanna. Questo comportamento, secondo i giudici di merito, dimostrava una chiara “indifferenza rispetto alle decisioni dell’Autorità Giudiziaria” e una “più accentuata capacità criminale”.

La motivazione della Corte territoriale è stata quindi ritenuta logica, coerente e priva di vizi. Il tentativo del ricorrente di proporre una “lettura alternativa” degli elementi processuali è stato considerato un’istanza di riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha respinto il ricorso perché la Corte d’Appello aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale. La motivazione della sentenza impugnata non era né mancante né illogica. Al contrario, essa spiegava chiaramente perché i precedenti penali, uniti alla nuova condotta illecita posta in essere dopo un provvedimento di espulsione, fossero indicativi di una persistente e accentuata pericolosità sociale. Il giudice non ha applicato un automatismo, ma ha compiuto un’analisi fattuale e soggettiva, come richiesto dalla legge e dalla giurisprudenza di legittimità. Il ricorso, pertanto, si risolveva in una critica di merito non consentita davanti alla Cassazione.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la recidiva non è una ‘tassa’ automatica sulla criminalità pregressa, ma uno strumento che richiede un’attenta e individualizzata valutazione da parte del giudice. Il magistrato deve motivare in modo specifico le ragioni per cui la reiterazione dei reati è considerata un indice di maggiore pericolosità. Questa decisione conferma che il giudizio sulla recidiva è un momento centrale della valutazione della personalità dell’imputato, che non può essere ridotto a una mera operazione burocratica. Per i cittadini, ciò significa che la sola presenza di precedenti non è sufficiente a giustificare un aggravamento della pena, essendo sempre necessario un giudizio concreto e motivato sulla specifica situazione.

L’applicazione della recidiva è automatica in caso di precedenti penali?
No, la sentenza conferma che l’applicazione della recidiva non è mai automatica. Il giudice deve sempre compiere una valutazione concreta per stabilire se la ripetizione dei reati sia sintomo di una maggiore pericolosità sociale dell’autore.

Cosa deve valutare il giudice per decidere se applicare la recidiva?
Il giudice deve considerare vari elementi, tra cui la natura dei reati, la loro successione nel tempo, la personalità del reo e il grado di colpevolezza. Deve accertare se la nuova condotta delittuosa sia effettivamente un’espressione di una più radicata capacità a delinquere.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla recidiva?
Sì, ma solo per violazione di legge o per un vizio logico e palese della motivazione. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e di fornire una diversa interpretazione degli elementi valutati dal giudice di merito, poiché il suo ruolo è limitato al controllo di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati