Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7854 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7854  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME] NOME nato in Albania il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 26/01/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta rassegnata, ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 137 del 2020 succ. modd., dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato quella emessa dal Tribunale di Verona in data 16 gennaio 2019 (all’esito del rito abbreviato) ed ha revocato, nei confronti di NOME, la misura dell’espulsione ai sensi dell’art.13 d.lgs. 286/98, confermando per il resto la gravata sentenza che aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di cui all’art.13, comma 13, d.lgs. 286/98 (commesso il 23 ottobre 2018 in Verona) e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti rispetto alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione con la riduzione per il rito abbreviato.
In particolare, la Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilità ed il trattamento sanzionatorio anche rispetto alla contestata recidiva ritenendo infondato l’appello sul punto.
Avverso la predetta sentenza NOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insisten per l’annullamento della decisione impugnata.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito all’applicazione della recidiva. Al riguardo osserva che la Corte territoriale (come già il primo giudice) avrebbe omesso qualsiasi concreta valutazione rispetto alla applicabilità della recidiva, operando sulla base di un automatismo e non già in forza di un accertamento soggettivo applicando, in tal modo, erroneamente la disposizione di cui all’art.99 cod. pen., senza tenere conto delle ragioni poste a base del reato commesso e della distanza temporale dei due precedenti penali rispetto al fatto oggetto del presente procedimento. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Invero, la sentenza impugnata si è fedelmente attenuta al consolidato principio di diritto (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838; Sez. 3,
n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263464; Sez. 6, n. 43438 del 23/11/2010, COGNOME, Rv. 248960), secondo cui, ai fini della rilevazione della recidiva, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illeci sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, alla loro distinta offensività, all consecuzione temporale, alla genesi della ricaduta, nonché ad ogni parametro significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Nel riconoscere l’aggravante, strettamente inerente alla persona dell’odierno ricorrente, la Corte di appello di Venezia non si è infatti attestata sui so precedenti penali dell’imputato (quattro violazioni della legge stupefacenti ed una rapina che aveva portato anche all’espulsione ex art.235 cod. pen.), ma li ha posti in relazione con la rinnovata condotta delittuosa posta in essere successivamente all’espulsione, osservando che tali elementi denotavano indifferenza rispetto alle decisioni dell’Autorità Giudiziaria ed un giudizio di più accentuata capacità criminale dell’imputato.
Il ricorrente, rispetto a siffatta motivazione palesemente esente da vizi del ragionamento logico, pur lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, suggerisce una lettura alternativa degli elementi processuali ai fini dell’applicazione della recidiva, operazione non consentita in questa sede di legittimità.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (v. Corte costituzionale, sent. 13 giugno 2000, n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2023.