Recidiva e Pericolosità Sociale: La Cassazione Fa il Punto
L’applicazione della recidiva nel diritto penale rappresenta un tema delicato, che bilancia la necessità di punire più severamente chi reitera i reati con la valutazione della concreta pericolosità sociale del soggetto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 18549/2024) offre importanti chiarimenti su come questi elementi debbano essere ponderati, sottolineando che la valutazione deve ancorarsi al passato criminale dell’imputato e non ai suoi eventuali, successivi, cambiamenti di vita.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona che ha proposto ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva confermato la sua responsabilità penale e l’applicazione dell’aggravante della recidiva. La difesa della ricorrente contestava tale applicazione, sostenendo che non si fosse tenuto conto di un successivo cambiamento nelle abitudini di vita e della collaborazione fornita attraverso dichiarazioni spontanee. La tesi difensiva mirava a dimostrare un affievolimento della pericolosità sociale, tale da rendere ingiustificata l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più severo.
La Decisione della Corte e la valutazione della recidiva
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse basata su un apparato argomentativo solido e coerente, pienamente in linea con i principi che governano la materia.
La Suprema Corte ha avallato la posizione dei giudici di merito, secondo cui la sussistenza della recidiva era stata correttamente desunta da due fattori cruciali:
1. L’ininterrotta dedizione della persona a commettere reati analoghi a quello per cui si procedeva.
2. Le plurime condanne subite in passato, anche in epoca recente.
Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano in modo inequivocabile che le precedenti sanzioni non avevano avuto alcun effetto deterrente nei confronti dell’imputata.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della motivazione risiede nel principio secondo cui la pericolosità sociale, ai fini dell’applicazione della recidiva, deve essere valutata al momento della commissione del nuovo delitto. La Corte ha spiegato che le condotte precedenti e la loro continuità nel tempo rivelano un “incremento di pericolosità progressivo”.
Di conseguenza, l’asserito successivo cambiamento delle abitudini di vita e la collaborazione processuale sono stati considerati irrilevanti per questa specifica valutazione. Sebbene tali comportamenti possano avere un peso in altre fasi, come quella dell’esecuzione della pena, non possono cancellare la pericolosità dimostrata dalla catena di reati commessi. La logica del legislatore e della giurisprudenza è quella di sanzionare più aspramente chi, nonostante le precedenti condanne, dimostra una persistente inclinazione a violare la legge penale, manifestando così una maggiore colpevolezza e pericolosità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale in tema di recidiva: la sua applicazione non è un automatismo, ma il risultato di un giudizio sulla personalità e sulla storia criminale dell’imputato. Tuttavia, tale giudizio deve basarsi su elementi oggettivi e pregressi, come la natura e la frequenza dei reati commessi. La decisione della Cassazione chiarisce che la valutazione della pericolosità non può essere influenzata da comportamenti postumi al reato, riaffermando la funzione della recidiva come strumento per adeguare la pena alla gravità della condotta di chi persevera nel crimine, ignorando gli avvertimenti del sistema giudiziario.
Un cambiamento nello stile di vita dopo aver commesso un reato può escludere l’applicazione della recidiva?
No. Secondo questa ordinanza, la valutazione della pericolosità ai fini della recidiva si fonda sulla condotta criminale passata e sulla situazione al momento della commissione del nuovo reato. I cambiamenti successivi sono considerati irrilevanti per questa specifica valutazione.
Cosa si intende quando si afferma che le precedenti condanne non hanno avuto ‘effetto deterrente’?
Significa che le pene già scontate non sono state sufficienti a scoraggiare la persona dal commettere nuovi reati, dimostrando una persistente inclinazione a delinquere e una maggiore pericolosità sociale.
Quali sono le conseguenze pratiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18549 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/03/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di BOLZANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di all’imputazione, è inammissibile.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale per quanto concerne l’applicazione della contestata recidiva.
Infatti, la Corte d’appello ha confermato la sussistenza della recidiva i ragione dell’ininterrotta dedizione della prevenuta a condotte analoghe a quella scrutinata e a plurime condanne, subite anche in epoca recente, valutando – non illogicamente – che le stesse non avevano avuto alcun effetto deterrente nei confronti dell’imputata, in ciò rilevando un incremento di pericolosità progressiv da stimare al momento di commissione del delitto per cui si procede, indipendentemente dall’asserito successivo cambiamento delle abitudini di vita e dalla collaborazione prestata in sede di dichiarazioni spontanee.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2024
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