Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4834 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
NOME
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze ha riformato solo sotto il profilo sanzionatorio la sentenza di primo grado che aveva condannato NOME per il delitto di furto.
In particolare, rigettati gli ulteriori motivi di appello, la Corte territoria accolto quello relativo alla circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. che è stata dunque riconosciuta in regime di equivalenza rispetto alla recidiva di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen.
Ricorre per cassazione l’imputato – a mezzo del difensore – deducendo, con il primo motivo, violazione di legge penale con riguardo alla ritenuta obbligatorietà dell’aumento di pena in ragione della recidiva e, con il secondo motivo, analogo vizio con riguardo alla mancata declaratoria di prevalenza della riconosciuta circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. rispetto alla recidiva, ossequio a Corte cost. n. 141 del 11/07/2023.
Il Procuratore generale ha concluso per iscritto nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
La difesa ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso è inammissibile.
4.1. La corte territoriale non ha affatto ritenuto obbligatorio l’aumento di pena per la recidiva.
Al contrario, ha reso una motivazione pienamente conforme al dictum delle Sezioni Unite, secondo cui «la recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell’ipotesi di recidiva reiterat prevista dall’art. 99, comma quinto, cod. pen., nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata. (Nell’enunciare tale principio, la Corte ha precisato che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condott e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo d devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di
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colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali)» (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibé, Rv. 247838).
Espressamente la Corte fiorentina ha preso posizione sui presupposti di applicazione della recidiva così come contestata, giudicando la condotta ascritta all’imputato «sintomatica di una perdurante noncuranza del rispetto della legge ed espressione di una maggiore pericolosità sociale, considerato che si è di fronte all’ennesimo furto, consumato subito dopo altra precedente condanna (che, a sua volta, faceva seguito ad una carriera delittuosa iniziata nel 1994) e seguito da altri reati ed altri furti».
Quando dunque la Corte, a conclusione del ragionamento, ha dichiarato «obbligata» la scelta di procedere ad un inasprimento della pena, ha semplicemente tratto le logiche conclusioni rispetto alle premesse svolte e non ha certo dichiarato obbligatoria l’applicazione della circostanza.
Il primo motivo è dunque manifestamente infondato.
4.2. La Corte costituzionale, con la sentenza richiamata dal ricorrente, ha dichiarato illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. l’art 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. sulla recidiva di c all’art. 99, quarto comma, cod. pen.
Ciò naturalmente non significa che la prevalenza della circostanza predetta sulla recidiva sia “obbligatoria”.
Ebbene, la Corte territoriale ha precisato che la riconosciuta attenuante «non appare prevalente né equivalente» rispetto alla recidiva, rendendo dunque un giudizio sul punto e comparando le circostanze in bilanciamento.
Va allora ricordato che «le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto» (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931).
In ogni caso, del tutto fuori fuoco, come già nel primo motivo, è la deduzione della violazione di legge in luogo del vizio, non dedotto, di motivazione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 12/01/2024