Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27096 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27096 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Siracusa il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/03/2023 della Corte d’appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Siracusa, nel condannare NOME COGNOME per il delitto di evasione (art. 385 cod. pen.), dopo aver riconosciuto la contestata recidiva, aveva effettuato sulla pena base un aumento di un terzo, anziché di due terzi, come
statuito dall’art. 99, comma 4, cod. pen., nonostante la recidiva fosse reiterata ed infraquinquennale.
La Corte di appello di Catania, accogliendo l’impugnazione del pubblico ministero, rideterminava, di conseguenza, la pena irrogata in primo grado.
Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputato, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo i seguenti due motivi.
3.1. Mancata disapplicazione della recidiva e vizio della motivazione.
La Corte d’appello si è limitata ad affermare come i precedenti a carico dell’imputato, valutati in uno con il reato per cui si procede, considerato anche il lasso temporale contenuto tra i reati, evidenzino una maggiore pericolosità dell’imputato, nonostante tali precedenti siano datati e manchi una relazione qualificata con il fatto per cui vi è stata condanna.
3.2. Errata applicazione penale di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte d’appello ha negato sussistessero le condizioni per il riconoscimento delle attenuanti generiche, omettendo di valutare come, alla luce della modesta offensività della condotta, il bene giuridico tutelato dalla norma sia stato offeso in modo tenue e che l’imputato aveva ammesso gli addebiti.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta, nei termini ivi previsti, di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
OSSERVATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nell’accogliere l’impugnazione del Pubblico Ministero e rideterminare la pena conformemente a quanto disposto dall’art. 99, comma 4, cod. pen., la Corte d’appello ha richiamato la molteplicità dei precedenti a carico dell’imputato, di cui tre per evasione, e il contenuto lasso temporale intercorrente tra la commissione dei reati, tali da evidenziare una maggiore pericolosità dell’imputato.
Quindi, ha aggiunto che considerazioni sostanzialmente analoghe, in uno con la mancanza di ragioni positive, sono alla base anche del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
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La valutazione dei giudici di merito in punto di trattamento sanzionatorio ha natura discrezionale e, pertanto, se argomentata in modo compiuto e logico, sfugge al sindacato di questa Corte.
Ciò è quanto accade nel caso di specie.
La motivazione del provvedimento impugnato è, infatti, esente da vizi, vieppiù se si considera – aspetto peraltro non espressamente dedotto dal ricorrente – che, ai fini della determinazione della pena, il giudice può tenere conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del ne bis in idem (Sez. 6, n. 45623 del 23/10/2013, Testa, Rv. 257425, in un caso analogo a quello oggetto del presente giudizio in cui, mediante il riferimento ai precedenti penali, era stato negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed applicata la recidiva).
/.4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/06/2024