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Recidiva: la Cassazione annulla, serve motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per resistenza a pubblico ufficiale e guida in stato di ebbrezza, limitatamente all’applicazione della recidiva. La Suprema Corte ha ribadito che l’aggravante della recidiva non può essere applicata automaticamente, ma richiede una specifica motivazione da parte del giudice sulla effettiva maggiore colpevolezza e pericolosità sociale del reo, elementi che la Corte d’Appello aveva omesso di valutare. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame del punto.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Non Basta una Precedente Condanna, il Giudice Deve Motivare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19125/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione della recidiva. Questo provvedimento ribadisce un principio fondamentale: l’aggravante non è una conseguenza automatica di una precedente condanna, ma richiede una valutazione concreta e motivata da parte del giudice sulla maggiore pericolosità del reo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Cassazione

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Fermo per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. All’imputato era stata contestata e applicata la recidiva reiterata e infraquinquennale. In sede di appello, la Corte di Ancona aveva parzialmente riformato la sentenza: pur escludendo la recidiva reiterata, confermava quella infraquinquennale, limitandosi a ridurre la pena inflitta. Insoddisfatto, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio l’erronea applicazione della recidiva, sostenendo che la Corte territoriale non avesse adeguatamente motivato la sua decisione.

L’Applicazione della Recidiva sotto la Lente della Suprema Corte

Il fulcro del ricorso verteva su un unico, ma decisivo, punto: la Corte d’Appello aveva applicato l’aggravante della recidiva senza spiegare perché la nuova condotta criminale fosse effettivamente sintomatica di una ‘più accentuata colpevolezza’ e di una ‘accresciuta pericolosità’ dell’imputato. In pratica, secondo la difesa, i giudici di secondo grado avevano omesso quel giudizio concreto che la legge richiede, trattando l’aggravante come un mero automatismo legato alla presenza di un precedente penale.

La Decisione della Cassazione: Motivazione Obbligatoria

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, anche nel confermare la sola recidiva infraquinquennale e ridurre il relativo aumento di pena, la Corte d’Appello avrebbe dovuto comunque svolgere una verifica sostanziale. Non basta un precedente penale per giustificare un aumento di pena; il giudice ha il dovere di valutare se la ‘ricaduta nel reato’ sia, nel caso specifico, un indicatore effettivo di una personalità più incline a delinquere e di una colpevolezza più grave.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che il giudice di merito non può esimersi dal valutare la significatività del nuovo episodio delittuoso in relazione a quello precedente. Questa valutazione deve emergere chiaramente dalla motivazione della sentenza. Nel caso di specie, la Corte d’Appello si era limitata a un’operazione quasi ‘matematica’ di riduzione della pena, senza però entrare nel merito dei presupposti sostanziali che giustificano l’applicazione dell’aggravante. Mancava, in altre parole, quella motivazione rafforzata che dimostrasse come e perché il nuovo reato commesso dall’imputato fosse espressione di una maggiore pericolosità sociale. Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza impugnata sul punto specifico, rinviando il caso alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per tutti gli operatori del diritto. L’applicazione della recidiva non è e non deve essere un automatismo processuale. Al contrario, rappresenta un momento di profonda valutazione della personalità dell’imputato e della sua condotta. Il giudice deve sempre esplicitare le ragioni per cui ritiene che una precedente condanna renda più grave il nuovo reato, in un’ottica di personalizzazione della pena e di rispetto dei principi costituzionali. La decisione rafforza la necessità di una giustizia penale che non si limiti a etichettare, ma che sappia valutare ogni singolo caso nella sua specificità, motivando in modo puntuale ogni decisione che incide sulla libertà personale.

L’applicazione della recidiva è automatica in presenza di una precedente condanna?
No, secondo la sentenza, l’applicazione della recidiva non è automatica. Il giudice ha l’obbligo di valutare e motivare specificamente se il nuovo reato sia effettivamente sintomatico di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo.

Qual è stato l’errore della Corte di Appello nel caso esaminato?
La Corte di Appello ha confermato la recidiva infraquinquennale e ridotto la pena senza però verificare e spiegare in motivazione perché la ricaduta nel reato dovesse essere considerata un indice di maggiore pericolosità o colpevolezza, omettendo la valutazione sostanziale richiesta dalla legge.

Quali sono le conseguenze della decisione della Corte di Cassazione?
La sentenza della Corte di Appello è stata annullata limitatamente al punto sull’applicazione della recidiva. Il caso è stato rinviato alla Corte di Appello di Perugia, la quale dovrà effettuare un nuovo giudizio per valutare, con adeguata motivazione, se la recidiva contestata rappresenti concretamente una circostanza rilevante ai fini dell’aumento della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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