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Recidiva: la Cassazione annulla per motivazione carente

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per ricettazione limitatamente all’aggravante della recidiva. Sebbene la colpevolezza dell’imputato sia stata confermata, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’appello non avesse adeguatamente motivato le ragioni per cui il nuovo reato dimostrasse una maggiore pericolosità sociale del soggetto, limitandosi a un generico richiamo ai precedenti penali. La sentenza stabilisce che la recidiva non è uno status automatico, ma richiede una valutazione concreta che colleghi il nuovo delitto a una maggiore colpevolezza. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio sul punto.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva non automatica: la Cassazione chiede una motivazione concreta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di recidiva: il semplice fatto di avere precedenti penali non è sufficiente per applicare automaticamente questa aggravante. La sentenza n. 43116 del 2024 chiarisce che il giudice deve spiegare in modo specifico perché il nuovo reato sia sintomo di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale dell’imputato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), in quanto trovato in possesso di motori e pezzi di ricambio di auto di provenienza furtiva. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della recidiva

Il ricorso si basava su due motivi principali. In primo luogo, si contestava la valutazione della responsabilità penale. In secondo luogo, e questo è il punto cruciale della decisione, si criticava la motivazione con cui era stata riconosciuta l’aggravante della recidiva reiterata e specifica.

Secondo la difesa, i giudici di merito si erano limitati a prendere atto dei precedenti penali dell’imputato, senza fornire una spiegazione adeguata sul perché il nuovo episodio di ricettazione dovesse essere considerato espressione di una maggiore pericolosità o di una più radicata tendenza a delinquere. Questo approccio, secondo il ricorrente, rendeva la motivazione carente e illogica.

La Decisione della Corte: la necessità di una valutazione sostanziale della recidiva

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso parzialmente fondato, accogliendo proprio la censura relativa alla recidiva. I giudici supremi hanno confermato la condanna per quanto riguarda l’accertamento della responsabilità per il reato di ricettazione, ritenendo le motivazioni dei giudici di merito logiche e sufficienti.

Tuttavia, hanno annullato la sentenza per quanto concerne l’applicazione dell’aggravante della recidiva. La Corte ha richiamato un importante orientamento delle Sezioni Unite (sent. Sabbatini, n. 32318/2023), secondo cui la recidiva non è uno status soggettivo che deriva automaticamente dal certificato penale. Al contrario, essa rappresenta una concreta espressione di maggiore colpevolezza, che deve essere dimostrata.

Le Motivazioni della Sentenza

Nella loro motivazione, gli Ermellini hanno spiegato che il giudice non può limitarsi a elencare i precedenti penali. Deve, invece, effettuare una valutazione sostanziale, spiegando come il nuovo reato, nelle sue caratteristiche oggettive e in relazione ai delitti passati, sia indicativo di una “resistenza del reo all’effetto dissuasivo” delle precedenti condanne. In altre parole, è necessario dimostrare che l’imputato non solo ha commesso un altro reato, ma che questo nuovo fatto criminoso manifesta un incremento della sua pericolosità sociale.

Nel caso di specie, la Corte d’appello si era limitata a menzionare i precedenti penali annotati sul certificato penale dell’imputato, senza argomentare sul perché la nuova condotta fosse sintomatica di una maggiore colpevolezza. Questa mancanza di motivazione specifica ha portato all’annullamento della sentenza su questo punto.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta recidiva e al conseguente trattamento sanzionatorio, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’appello di Bari per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà ora rivalutare la questione, attenendosi al principio di diritto enunciato: per applicare la recidiva, è indispensabile una motivazione specifica e puntuale che colleghi i precedenti penali alla maggiore gravità e pericolosità del nuovo reato commesso. Questa decisione rafforza la necessità di una personalizzazione della pena, evitando automatismi sanzionatori.

Un certificato penale con precedenti è sufficiente per applicare la recidiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la recidiva non è uno status desumibile automaticamente dal certificato penale, ma richiede una motivazione che dimostri come il nuovo reato sia espressione di una concreta maggiore colpevolezza o pericolosità sociale.

Cosa deve fare il giudice per motivare correttamente la recidiva?
Il giudice deve spiegare perché il nuovo reato, rapportato ai delitti oggetto delle precedenti condanne, indica una resistenza del reo all’effetto dissuasivo della pena e un rafforzamento della sua determinazione a delinquere. Un semplice riferimento ai precedenti non è sufficiente.

Qual è stata la conseguenza della decisione della Cassazione in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza limitatamente al punto sulla recidiva e sulla determinazione della pena. Ha rinviato il caso alla Corte d’appello, che dovrà riesaminare la questione e fornire una motivazione specifica e adeguata, seguendo i principi stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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