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Recidiva infraquinquennale: quando si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati in materia di armi. Il caso verteva sulla corretta applicazione della recidiva infraquinquennale, con la Corte che ha ribadito un principio fondamentale: il termine di cinque anni per la configurazione della recidiva non decorre dalla data di commissione del reato precedente, ma dalla data della sentenza di condanna definitiva. La decisione conferma anche che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Infraquinquennale: Come si Calcola? La Cassazione Chiarisce

L’applicazione della recidiva infraquinquennale è un tema cruciale nel diritto penale, poiché può influenzare significativamente l’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione su come calcolare il termine di cinque anni previsto dalla legge, risolvendo i dubbi sollevati da un ricorrente. Analizziamo insieme il caso e i principi di diritto affermati dai giudici.

Il Fatto: Condanna e Ricorso in Cassazione

Il caso nasce dalla condanna di un individuo a quattro anni e quattro mesi di reclusione e a una multa, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. Le accuse erano gravi, spaziando da reati in materia di armi a ricettazione, con l’aggravante di legami con ambienti della criminalità organizzata.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Un’errata applicazione della recidiva infraquinquennale, sostenendo che il calcolo del periodo di cinque anni fosse stato eseguito in modo non corretto.
2. Una motivazione carente riguardo alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva.

La Questione sulla Recidiva Infraquinquennale

Il cuore del ricorso risiedeva nel disaccordo sul momento da cui far partire il calcolo dei cinque anni per la recidiva. Secondo la difesa, questo termine avrebbe dovuto decorrere dalla data di commissione del reato precedente (avvenuto nel 2016). Se questa tesi fosse stata accolta, la recidiva non sarebbe stata applicabile.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione. I giudici hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 99, comma 4 del codice penale, il riferimento temporale corretto non è il momento in cui il reato precedente è stato commesso, bensì la data in cui la sentenza di condanna per quel reato è diventata definitiva. Nel caso di specie, la condanna precedente risaliva al 28 novembre 2018, data da cui far partire il conteggio. Di conseguenza, il nuovo reato rientrava pienamente nel quinquennio, giustificando l’applicazione dell’aggravante.

La Determinazione della Pena e il Potere Discrezionale del Giudice

Per quanto riguarda la seconda doglianza, relativa all’entità della pena, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la quantificazione della sanzione è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o assente.

Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva ampiamente giustificato la sua decisione facendo riferimento alla gravità dei fatti e ai precedenti penali dell’imputato. La motivazione è stata quindi ritenuta adeguata e coerente, precludendo ogni possibilità di riesame da parte della Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure sollevate erano manifestamente infondate. Sul primo punto, ha sottolineato come la tesi del ricorrente fosse in palese contrasto con il dettato normativo dell’art. 99 c.p., che ancora in modo inequivocabile il calcolo alla data della condanna. Inoltre, ha valorizzato la valutazione del giudice d’appello sulla persistente pericolosità sociale del soggetto, desunta dalla sua contiguità con ambienti criminali e dalla detenzione di un’arma da fuoco.

Sul secondo punto, richiamando una nota sentenza delle Sezioni Unite (sent. Ricci), ha ricordato che il compito della Cassazione non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena, ma solo di verificare la logicità e coerenza del percorso argomentativo che ha portato a tale decisione. Essendo la motivazione della Corte d’Appello immune da vizi, anche questa doglianza è stata respinta.

Conclusioni: I Principi Affermati

Questa ordinanza, pur nella sua sinteticità, ribadisce due principi giuridici di fondamentale importanza pratica:

1. Calcolo della Recidiva: Il termine di cinque anni per la contestazione della recidiva infraquinquennale decorre dalla data della condanna definitiva per il reato precedente, non dalla data di commissione dello stesso.
2. Potere Discrezionale sulla Pena: La determinazione della pena da parte del giudice di merito è insindacabile in Cassazione se supportata da una motivazione logica, coerente e non contraddittoria, basata su elementi concreti come la gravità del fatto e i precedenti dell’imputato.

Da quando decorre il termine di cinque anni per la recidiva infraquinquennale?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di cinque anni non decorre dalla data in cui è stato commesso il reato precedente, ma dalla data della sentenza di condanna relativa a quel reato, come stabilito dall’art. 99, comma 4, del codice penale.

La Corte di Cassazione può modificare l’entità di una pena decisa da un altro giudice?
No, la Corte di Cassazione non può modificare la pena decisa dal giudice di merito (Tribunale o Corte d’Appello) se la motivazione fornita è adeguata, logica e coerente. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate sono state ritenute manifestamente infondate. In particolare, il ricorrente ha interpretato erroneamente la norma sulla recidiva e ha tentato di ottenere una nuova valutazione nel merito sulla determinazione della pena, cosa non consentita in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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