Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38484 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38484 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 30 giugno 2023, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la decisone resa dal Tribunale di Roma che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di sei mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per sl reato di cui all’articolo 73, quinto comma, d.P.R. n. 309 del 1990, applicate recidiva specifica quinquennale e la diminuente per la scelta del rito.
Secondo quanto ricostruito da Giudici di merito, NOME COGNOME, in data 18 luglio 2022, avrebbe illecitamente ceduto a NOME COGNOME, dietro
corrispettivo di 100 euro, un piccolo quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 168-bis cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo al rigetto della richiesta di ammissione alla messa alla prova.
Si deduce che la Corte di appello, nel confermare l’ordinanza di rigetto di applicazione dell’istituto della messa alla prova, si è limitata a richiamare le considerazioni fatte dal giudice di primo grado in merito all’impossibilità di formulare una prognosi favorevole di astensione dell’imputato dal commettere altri reati della stessa specie, senza valutare le osservazioni fatte dalla difesa, le quali evidenziavano la contraddittorietà, e la conseguente illogicità, del ragionamento operato dal primo giudice, che da un lato affermava la pericolosità sociale dell’imputato, ma al contempo sceglieva di applicare una misura cautelare mite, quale quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 99 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo all’applicazione della recidiva specifica infraquinquennale.
Si deduce che la Corte d’Appello avrebbe commesso un errore di valutazione nell’applicare l’istituto della recidiva. Si rileva che l’ultimo reato contestato non può esser stato commesso in data 15-16 giugno 2016, come indicato nel certificato del casellario giudiziario, in quanto il COGNOME in tale data risultava esser sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. Si osserva, inoltre, che, anche riferendosi all’altro reato risultante dal certificato del casellario, la Corte di appello non avrebbe comunque potuto considerare la recidiva infraquinquennale, considerato che la data di commissione di tale fatto è il 2 settembre 2015 e rispetto al reato in epigrafe, commesso il 18 luglio 2022, sono passati sette anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano il rigetto della richiesta di ammissione alla messa alla prova,
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deducendo che la motivazione della sentenza impugnata si limita a reiterare quella del Giudice di primo grado e che l’affermazione della pericolosità contrasta con l’applicazione di una misura cautelare mite, quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Invero, la Corte d’appello spiega in modo puntuale e congruo perché deve escludersi la possibilità di una prognosi favorevole in ordine all’astensione dell’imputato dal commettere ulteriori reati. In particolare, si evidenzia che: a) l’attuale ricorrente è gravato di un precedente penale specifico; b) la condotta in contestazione non è occasionale, in quanto l’acquirente ha dichiarato di essere un cliente abituale dell’imputato per l’acquisto di cocaina, fornendo anche indicazioni sui pregressi acquisti.
Né le valutazioni della Corte d’appello possono riténersi contrastate dal rilievo dell’applicazione di una misura cautelare mite, quale quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Invero, a prescindere da ogni altra considerazione, appare sufficiente considerare che l’applicazione della precisata misura è comunque indicativa del riconoscimento del pericolo di reiterazione.
Infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano l’applicazione della recidiva infraquinquennale, deducendo che il fatto oggetto della precedente condanna non può essere datato 15 o 16 giugno 2016, essendo all’epoca l’attuale ricorrente detenuto, e, comunque è anteriore di oltre cinque anni al reato in contestazione.
Invero, come già precisato dalla giurisprudenza, ed in linea con il chiaro dettato legislativo dell’art. 99, secondo comma, n. 2, cod. pen. («se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente»), ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale, il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come dies a quo non già la data di commissione dell’ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 32785 del 13/07/2021, COGNOME, Rv. 281860-01, e Sez. 6, n. 15441 del 17/03/2016, COGNOME, Rv. 266547-01).
E, nella specie, la sentenza di applicazione della pena per il precedente reato (sentenza emessa dal G.u.p. del Tribunale di Roma il 5 luglio 2017) è passata in giudicato il 7 marzo 2018, data della dichiarazione di inammissibilità del pertinente ricorso per cassazione. Quindi, meno di cinque anni prima della data di commissione del fatto per il quale è stata pronunciata la sentenza impugnata, individuata nell’imputazione nel giorno 18 luglio 2022.
Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese Così deciso il 05/04/2024