Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24092 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA DI COGNOME NOME nato a AGRIGENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dr.ssa COGNOME
Nessun avvocato è presente
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Roma con sentenza del 15 novembre 2022 ha integralmente confermato la decisione, appellata dagli imputati, con cui il Tribunale di Roma il 30 marzo 2022, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili, in concorso tra loro, dei reati di detenzione di cocaina e di cessione della stessa (violazione dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il 29 marzo 2022), in conseguenza condannando ciascuno, riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche, stimate, quanto a COGNOME, equivalenti alla riconosciuta recidiva, con la continuazione, operata la diminuzione per il rito, alla pena di giustizia.
Ricorrono per la cassazione della sentenza gli imputati, tramite un medesimo ricorso curato dal comune Difensore di fiducia, affidandosi ad un motivo (il primo), comune ad entrambi, con cui si denunzia promiscuamente violazione di legge e difetto ‘di motivazione; con un secondo motivo di impugnazione, svolto nell’interesse del solo NOME COGNOME, si censurano promiscuamente ulteriore violazione di legge e vizio di motivazione.
2.1. Con il primo motivo la Difesa degli imputati lamenta la mancata riqualificazione dei fatti nella violazione del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, riqualificazione che era stata sollecitata nell’atto di appello.
Si richiama la motivazione che svolge al riguardo la Corte territoriale alle pp. 5-7, ove si sottolinea essersi in presenza di spaccio non occasionale e non piccolo posto in essere da parte di soggetti, entrambi già censurati da precedenti specifici, trovati in possesso di 45 grammi di cocaina da cui possono ricavarsi 225 dosi singole, cioè un numero di dosi “non contabili a decine” e si sottopone la stessa a censura.
Infatti, la Corte di appello si sarebbe limitata a richiamare per relationem la motivazione di primo grado senza misurarsi effettivamente con le doglianze svolte in appello e trascurando che «l’elemento che differenzia la fattispecie criminosa di cui al comma 5° rispetto all’altra ipotesi più gravemente sanzionata dall’art. 73, 1° comma, d.P.R. n. 309/90, risiede nella complessiva minore portata dell’attività svolta dallo spacciatore, desunta dalle peculiari caratteristiche del caso concreto» (così alla p. 5 del ricorso). Non si è valutato, secondo la Difesa, se la quantità fosse compatibile con una provvista, se il numero di dosi ricavabili, non esiguo, fosse comunque compatibile con il “piccolo spaccio”, non si è accertato quanto sia durato l’appostamento della polizia giudiziaria, quanti acquirenti si siano con certezza diretti ad acquistare stupefacente e se l’attività fosse svolta in modo professionale o meno.
2.2. Con il secondo motivo, nell’interesse del solo NOME COGNOME, si lamenta violazione dell’art. 99 cod. pen. e, nel contempo, vizio di motivazione, che sarebbe mancante e, comunque, illogica e contraddittoria con riferimento alla sussistenza della contestata recidiva specifica infraquinquennale.
Si rammenta che la Corte di appello (alla p. 8) si è limitata a richiamare quanto già si legge nella decisione di primo grado (alla p. 13), ove si afferma che sussiste la recidiva contestata poiché l’imputato è gravato da un precedente specifico per fatti commessi in Roma nel giugno 2016, con passaggio in giudicato avvenuto in data 5 aprile 2017.
L’affermazione sarebbe erronea nel riferimento alla infraquinquennalità, poiché sono trascorsi più di cinque anni tra il precedente evocato e il fatto per cui è processo, che risale al 29 marzo 2022, e inoltre priva della necessaria motivazione, che, secondo il reiterato insegnamento, che si richiama, della Corte di cassazione, a Sezioni sia Unite che semplici, deve dare atto delle ragioni della maggiore pericolosità dell’imputato, non potendo al riguardo trascurarsi né che il fatto già in giudicato era meno grave, poiché qualificato come violazione del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 né che in relazione al fatto per cui si procede i Giudici di merito hanno comunque bilanciato in regime di equivalenza la recidiva con le circostanze attenuanti generiche.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il processo, originariamente fissato innanzi a Sez. 7, con ordinanza del 14 dicembre 2023 è stato restituito a Sez. 4 per la trattazione nelle forme ordinarie.
Il Difensore ha chiesto tempestivamente la discussione orale.
Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 31 gennaio 2024, da valere come memoria, ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati, per le seguenti ragioni.
2.Quanto alla prima questione, posta nell’interesse di entrambi, la – pur non diffusa – motivazione circa la mancata riconduzione del fatto al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, che si rinviene alla p. 7 della sentenza impugnata e alla p. 3 di quella di primo grado, risulta sufficiente, non illogica e con incongrua, avendo la Corte territoriale affermato essersi in presenza di spaccio non occasionale e non piccolo posto in essere da parte di soggetti, entrambi già
censurati da precedenti specifici, trovati in possesso della non trascurabile quantità di 45 grammi di cocaina, da cui possono ricavarsi ben 225 dosi singole, mentre il Tribunale ha valorizzato le modalità organizzative, con l’impiego di un appartamento formalmente non riconducibile a nessuno dei due imputati, elemento questo con cui il ricorso non si confronta, e la presenza di una fiorente clientela.
3.Venendo al secondo motivo, nell’interesse del solo COGNOME, occorre tenere presente che, per costante interpretazione di legittimità, «Ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come “dies a quo” non già la data di commissione dell’ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto» (Sez. 2, n. 32785 del 13/07/2021, COGNOME, Rv. 281860; in termini v. già, tra le numerose, Sez. 4, n. 36131 del 24/05/2007, COGNOME, Rv. 237651), onde, nel caso di specie, sono decorsi meno di cinque anni tra il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato il reato presupposto, passaggio in giudicato avvenuto – si legge nel ricorso e nella sentenza impugnata – il 5 aprile 2017, mentre i fatti per cui è processo risalgono al 22 marzo 2022, onde il motivo sul punto è destituito di fondamento.
Il riconoscimento della recidiva è affidato a motivazione complessivamente che risulta complessivamente sufficiente, avendo il Tribunale (alla p. 3) fatto riferimento alla natura del reato e alla contiguità temporale, costituenti certa espressione di maggiore proclività a delinquere, mentre la Corte territoriale (alla p. 8) ha sottolineato l’esistenza di precedente specifico, inquadrandosi il fatto ulteriore nel percorso criminale dell’imputato.
4.Consegue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 22/02/2024.