Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4152 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 08/04/1996
avverso la sentenza del 08/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurator
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla carenza motivazionale in relazione all’art.131 bis cod.pen.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte dì Appello di Napoli ha confermato la decisione del Tribunale di Torre Annunziata che aveva riconosciuto COGNOME NOME colpevole del reato ascritto di guida senza patente, con la recidiva nel biennio e lo aveva condannato alla pena di giustizia.
La Corte di appello ha escluso che il fatto rientrasse nella disciplina abrogativa di disposizioni penali di cui al Dcr.Lgs. n. 8/2016, trattandosi di ipotesi tipizzata di recidiva nel biennio, riconosciuta come autonoma figura di reato ex art.1, comma 2 del suddetto decreto, la quale deve essere interpretata non già come mera ipotesi di reiterazione dell’illecito depenalizzato, ma quale ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio e che il biennio andava computato individuando come dies a quo la data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il reato in precedenza commesso ovvero la definitività dell’accertamento di una precedente contestazione amministrativa che, nella specie, era intervenuta in data 17/09/2019 e che l’imputato non aveva impugnato in sede amministrativa.
Avverso tale pronuncia ha interposto ricorso per cassazione COGNOME il quale ha articolato i seguenti motivi di ricorso.
Con il primo deduce violazione di legge ai sensi degli artt.178 lett.c) cod.proc.pen., in ragione della omessa notifica del decreto di citazione all’imputato, non risultando agli atti processuali che, a seguito di una prima notifica non andata a buon fine, la citazione sia stata notificata al domicilio dichiarato, prima di procedersi ai sensi dell’art.161 comma 4 cod.proc.pen. e pertanto alla notifica al difensore.
3.1. Con una seconda articolazione denuncia violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’accertamento dell’elemento costitutivo del reato rappresentato dalla recidiva nel biennio, laddove il giudice distrettuale si era limitato ad affermare, in termini del tutto apodittici, che l’accertamento relativo alla precedente contestazione amministrativa dell’illecito di guida senza patente, era divenuto definitivo, riversando sul ricorrente la prova di avere proposto impugnazione avverso detto accertamento e omettendo del tutto di indicare un minimo di prova di siffatta definitività.
3.2. Con una terza articolazione assume violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento al rigetto della richiesta di esclusione della
punibilità ai sensi dell’art.131 bis cod.pen. ricorrendone tutti i presupposti oggettivi e soggettivi.
3.3. In relazione al trattamento sanzionatorio deduce violazione di legge laddove il giudice distrettuale non aveva proceduto alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale per l’acquisizione del provvedimento del Tribunale di sorveglianza che aveva pronunciato l’estinzione di uno dei due precedenti di cui risultava gravato il PALUMBO relativi al traffico di stupefacenti ai fini di consentire una rivalutazione del trattamento sanzionatorio, anche per il riconoscimento dei benefici della sospensione condizionale della pena e della conversione della pena detentiva nella pena sostitutiva breve in relazione alla quale proponeva un autonomo motivo di doglianza.
3.4. La difesa dell’imputato ha depositato memoria difensiva di replica alle conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, che aveva concluso per l’infondatezza dei motivi di ricorso ad eccezione di quello concernente la mancata applicazione dell’istituto di cui all’art.131 bis cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Ritiene il Collegio che i motivi siano inammissibili in quanto manifestamente infondati, in quanto il primo manifestamente infondato e i restanti generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME).
2.11 motivo di ordine processuale, concernente la asserita nullità della vocatio in iudicium dell’imputato si presenta manifestamente infondato; la notificazione all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello presso lo studio del difensore di fiducia, invece che presso il domicilio eletto, in quanto eseguita in forme diverse da quelle prescritte, ma in concreto idonea a determinare una conoscenza effettiva dell’atto, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, che, quindi, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (sez.6, n.43755 del 24/09/2014, COGNOME, Rv.260434; Sez.5, n.27546 del 3/04/2023, COGNOME, Rv.284810). Va peraltro evidenziato che, celebrato il giudizio di appello alla udienza del 8/04/2024, il difensore presente ha del tutto omesso di eccepire la omessa rinnovazione della citazione dell’imputato, decadendo pertanto dalla possibilità di dedurre la nullità nel successivo grado di giudizio ai sensi degli artt.178, comma 1 lett.c)., 180 e 182 comma 2 cod.proc.pen.
Quanto poi alla obiettività giuridica del reato a seguito dell’intervento parzialmente abrogativo della disposizione contravvenzionale, va invero evidenziato che ai fini della qualificazione dell’illecito costituito dalla guida senza patente, commesso in data anteriore alla entrata in vigore del Dcr. Lgs. 8/2016, la recidiva ricorre quando sia intervenuto, nel biennio antecedente al fatto, l’avvenuto definitivo accertamento giudiziale di un precedente reato della medesima specie. Come rilevato anche nella Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 111/01/2016, la previsione di una norma di raccordo quale l’art.5 della suddetta disciplina sulla depenalizzazione, ha avuto la funzione di eliminare ogni incertezza, escludendo che possa ritenersi che la fattispecie decada per effetto del venire meno dell’elemento costitutivo, rappresentato appunto dalla recidiva in senso tecnico penalistico, ossia per l’assenza di un illecito penale accertato e ascrivibile all’autore della nuova infrazione (sez.4, n.48779 del 21/09/2016, P.M. in proc.S., Rv.268247; n.27398 del 6/04/2018, PM in proc. Dedominici; Rv.273405). GLYPH Invero la suddetta disposizione non possiede solo valenza interpretativa, al fine di definire l’ambito di applicazione della fattispecie autonoma di reato, già ipotesi aggravata dell’art.116 C.d.S., quando la contravvenzione faccia seguito ad una precedente condanna per fatto della stessa specie. In realtà, per i fatti commessi successivamente alla entrata in vigore del d. Igs. 8/2016, la recidiva risulta integrata non più solo quando risulti il precedente giudiziario specifico, ma anche quando risulti una violazione amministrativa precedentemente accertata (sez.4, n.48779 del 21/09/2016, PM in proc.S., Rv. 268247; n.27504 del 27/04/2017, P., Rv.270707), in tale modo dovendo intendersi il riferimento compiuto dall’art.5 alla “reiterazione dell’illecito depenalizzato”.
3.1 Orbene non pare dubbio che nella specie ricorra appieno la recidiva nel biennio in ragione della precedente contestazione (in data 17/09/2019), per analoga inosservanza, che risultava definitivamente accertata per mancata opposizione nei termini, come risulta evidenziato dai giudici di merito sulla base delle emergenze processuali, non essendo peraltro necessaria la produzione di una attestazione documentale della definitività dell’accertamento del pregresso illecito, risultando sufficiente un minimo di prova come l’allegazione del verbale di contestazione, la testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria, unitamente alla mancata allegazione da parte del ricorrente di elementi contrari (sez.7, n.11916 del 14/03/2024, COGNOME, Rv.286200).
Manifestamente infondati, nei termini sopra evidenziati, sono gli altri motivi di doglianza.
4.1. In relazione al motivo concernente l’applicazione della causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità, va osservato che, per la sua
configurabilità, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazìone del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940). Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno. A tale fine, pur non potendosi riconoscere nella fattispecie il carattere dell’abitualità, nel senso normativo indicato dall’art.131 bis comma 4 cod.pen. come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, non può non considerarsi, ai sensi della stessa disposizione, la particolare conformazione della condotta contravvenzionale ascritta (caratterizzata dalla reiterazione dell’azione antidoverosa che, da sola, vale ad integrare un illecito amministrativo) e la circostanza, valorizzata dal giudice distrettuale, che il COGNOME risulta incorso in un precedente della stessa specie nell’anno precedente quello di commissione dei fatti oggi ascritti. Tali elementi ostano al riconoscimento della speciale causa di non punibilità (cfr. sez.6, n.20491 del 20/04/2022, M., Rv.280344; sez.1, n.1523 del 5/11/2018, COGNOME, Rv.274794; sez.6, n.11780 del 21/01/2020, P., Rv.278722), di talchè il giudizio espresso dalla Corte distrettuale in relazione ai profili di non modesta offensività della condotta e di reiterazione dell’illecito appaia complessivamente corretto, sebbene manifestato in modo implicito attraverso la valorizzazione della condotta recidivante e il riferimento ai pregressi precedenti penali del reo.
4.2. Quanto alla misura del trattamento sanzionatorio, il motivo di ricorso proposto dal ricorrente si appalesa inammissibile in quanto manifestamente infondato, atteso che la pena base, confermata dal giudice di appello, sebbene non improntata al minimo edittale, risulta ampiamente giustificata sia in relazione alla offensività della condotta ascritta, sia in ragione della personalità criminale del prevenuto e comunque modulata in termini ancorati ai minimi edittali, a prescindere che in relazione ad una delle due precedenti sentenze di condanna per fatti concernenti il traffico di stupefacenti sia intervenuta pronuncia
di estinzione del reato. GLYPH Sul punto la Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, rv. 256197; Sez.3, n.42121 del 8/04/2019, Egbule, Rv.277058), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pèna congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così sez. 2, n. 36245 del 26.6.2009, COGNOME, Rv. 245596).
La motivazione del giudice di appello in relazione alla graduazione del trattamento sanzionatorio risulta pertanto sufficientemente argomentata e non presenta travisamenti od errori manifesti tali da richiedere interventi di adeguamento e di correzione del giudice di legittimità, così come le statuizioni concernenti il mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena e della sostituzione della pena detentiva ai sensi degli artt.545 bis cod.proc.pen. fondate su un giudizio prognostico sfavorevole ai sensi degli artt.164, comma 1, cod.pen., e 5 L.689/81 sull’astensione del COGNOME dalla commissione di ulteriori fatti-reato e sulla funzione rieducativa della pena pecuniaria sostitutiva.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma l’8 ottobre 2024
Il Consigliere estensore