Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26286 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26286 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BRESCIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a CREMONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2023 del TRIBUNALE di CREMONA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del PG, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Cremona ha assolto NOME COGNOME dal reato previsto dall’art.116, commi 15 e 17, d.lgs. 30 aprile 1992, n.285 in quanto – previa esclusione della contestata recidiva nel biennio – il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Il Tribunale ha esposto che la suddetta recidiva era stata contestata in quanto l’imputato – privo di patente di guida poiché revocata con provvedimento del Prefetto di Cremona del 18/05/2006 – si era posto alla guida di un veicolo, come constatato all’esito del controllo eseguito il 16/03/2019, risultando che lo stesso era stato sottoposto a precedente controllo il 08/05/2018; in occasione del quale era altresì stato contestato all’imputato di avere commesso analoga infrazione il 17/11/2017.
Il Giudice di primo grado ha quindi esposto che – se poteva ritenersi provato che l’imputato fosse stato trovato alla guida in assenza della patente di guida in precedenti occasioni – sulla base di quanto dichiarato dall’operante di P.G. e dei documenti in atti, non vi era la prova certa che per i precedenti episodi fosse intervenuto un accertamento definitivo dell’infrazione da parte dell’autorità competente e né dal casellario risultav che l’imputato fosse stato condanNOME per il reato di guida senza patente nel biennio antecedente alla data di contestazione relativa al presente giudizio; conseguendone la mancata dimostrazione della recidiva nel biennio e l’assoluzione del prevenuto previa riqualificazione del fatto sotto la specie della sola violazione amministrativa prevista nell’ipotesi semplice regolata dall’art.116 C.d.s..
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia, articolando un unitario motivo di impugnazione; con il quale – in relazione all’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – ha dedotto la violazione di legge in riferimento alla violazione dell’art.507 cod.proc.pen..
Ha dedotto che, prima di giungere a una pronuncia assolutoria e alla luce delle risultanze del casellario giudiziale e delle dichiarazioni re dall’operante di P.G., il giudice avrebbe dovuto riscontrare se l’accertamento delle precedenti infrazioni – poste alla base della contestazione della recidiva – fossero effettivamente state definite sul piano amministrativo.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In riferimento specifico all’ipotesi contravvenzionale in questione va ricordato che, per lettura giurisprudenziale del tutto consolidata, per l’integrazione della recidiva nel biennio idonea, ai sensi dell’art. 5 d.lgs 5 gennaio 2016, n. 8, ad escludere il reato dall’area della depenalizzazione, non è sufficiente che sia intervenuta la rnera contestazione dell’illecito depenalizzato ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato (Sez. 4, n. 6163 del 24/10/2017, dep. 2018, Okere, Rv. 272209; Sez. 4, n. 27398 del 06/04/2018, Dedomerici, Rv. 273405), elemento di fatto della cui prova è onerato il pubblico ministero (Sez. 4, n. 44905 del 12/10/2023, COGNOME, Rv. 285318).
Ciò posto – sulla scorta dell’assenza di elementi idoneamente congruenti al fine di dedurre la definizione de ll precedenti accertamenti e del conseguente mancato adempimento rispetto all’onere gravante sull’accusa – deve ritenersi che alcuna censura idonea a essere sollevata nel giudizio di legittimità possa essere ascritta nei confronti del giudice procedente, in relazione alla mancata attivazione dei poteri officiosi previsti dall’art.507 cod.proc.pen..
Atteso che – per giurisprudenza assolutamente consolidata – la mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo di ricorso per cassazione, può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione ai sensi dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente articolato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (tra le altre, Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016′ dep. 2017, COGNOME, Rv. 269270; Sez. 2, n. 884 del 22/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285722); derivandone quindi il necessario presupposto logico in base al quale non rientrava tra i doveri d’ufficio del giudice, la cui violazione poss essere censurata ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ovvero d), cod.proc.proc., l’attivazione dei poteri previsti dall’art.507 cod.proc.pen..
Va quindi concluso per il rigetto del ricorso.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 5 giugno 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente