Recidiva Guida Senza Patente: la Cassazione Conferma la Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del Codice della Strada: la recidiva guida senza patente. Questa condizione trasforma un illecito amministrativo in un vero e proprio reato. La pronuncia in esame chiarisce i criteri per la prova della recidiva e le conseguenze sul trattamento sanzionatorio, confermando la linea dura nei confronti di chi viola ripetutamente la legge.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un automobilista condannato dalla Corte di Appello di Salerno alla pena di due mesi di arresto e 2.300 euro di ammenda per il reato di guida senza patente, commesso il 25 maggio 2022. La condanna penale era scattata proprio in virtù della contestata recidiva nel biennio.
Contro questa sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione tramite il proprio difensore, sollevando due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente lamentava, in primo luogo, una violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo all’effettiva sussistenza del requisito della recidiva guida senza patente. Secondo la difesa, non era stata adeguatamente provata la precedente violazione nel biennio, elemento indispensabile per la configurabilità del reato.
In secondo luogo, si contestava una motivazione ‘inesistente’ in merito alla pena inflitta. In appello era stata chiesta la riduzione della pena detentiva al minimo e la sua conversione in una sanzione pecuniaria, istanza che la Corte territoriale aveva respinto.
L’Analisi della Corte sulla Prova della Recidiva
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. Per quanto riguarda la recidiva guida senza patente, i giudici di legittimità hanno stabilito che la Corte d’Appello aveva correttamente accertato la sua esistenza. La prova era stata fornita attraverso i verbali di contestazione di precedenti violazioni, risalenti al 7 marzo 2021 e al 14 maggio 2022, regolarmente acquisiti agli atti.
La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per escludere la depenalizzazione e ritenere provata la recidiva, è sufficiente che l’accusa alleghi elementi positivi in tal senso. Questi elementi, uniti alla mancanza di prove contrarie da parte della difesa, sono sufficienti a dimostrare la reiterazione dell’illecito nel biennio.
La Pena e il Ruolo dei Precedenti Penali
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte territoriale aveva giustamente confermato la pena e negato la sua conversione in sanzione pecuniaria, basando la propria decisione sui numerosi precedenti penali dell’imputato.
La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare un importante principio processuale: una sentenza non è viziata se non risponde esplicitamente a ogni singola argomentazione difensiva, qualora il rigetto di tale argomentazione sia chiaramente desumibile dalla struttura complessiva della motivazione. In questo caso, il riferimento ai precedenti penali era una ragione più che sufficiente per giustificare sia l’entità della pena sia il diniego della sua conversione.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su due pilastri. Il primo è la semplicità della prova della recidiva: i verbali di contestazione amministrativa sono considerati prova sufficiente, invertendo di fatto l’onere probatorio sulla difesa, che dovrebbe dimostrare l’illegittimità o l’inesistenza di tali precedenti. Il secondo pilastro è la discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena, una discrezionalità che diventa quasi insindacabile in sede di legittimità se motivata in modo logico, come nel caso di specie, con il richiamo alla biografia criminale dell’imputato.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce che la recidiva guida senza patente è un elemento che viene preso molto seriamente dall’ordinamento. La pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: chi viene fermato più volte senza patente nel giro di due anni non può sperare di cavarsela con una semplice multa. Inoltre, una storia di precedenti penali, anche per reati diversi, può precludere l’accesso a benefici come la conversione della pena detentiva in pecuniaria, rendendo la sanzione molto più afflittiva.
Quando la guida senza patente diventa reato?
La guida senza patente si trasforma da illecito amministrativo a reato quando viene commessa con ‘recidiva nel biennio’, ovvero quando la stessa violazione viene ripetuta entro due anni dalla precedente.
Come si prova la recidiva nel biennio per la guida senza patente?
Secondo la Corte, per provare la recidiva è sufficiente allegare elementi positivi, come i verbali di contestazioni precedenti. La decisione si basa su questi elementi, a meno che la difesa non fornisca prove contrarie che ne dimostrino l’infondatezza.
I precedenti penali possono impedire la conversione della pena detentiva in pecuniaria?
Sì, la Corte ha confermato che i numerosi precedenti penali di un imputato costituiscono una valida ragione per il giudice di negare la sostituzione della pena detentiva (in questo caso, l’arresto) con una pena puramente pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7226 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a EBOLI il 17/03/1992
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Salernoha confermato la condanna di NOME COGNOME alla pena di mesi 2 di arresto e C 2.300,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17 D. Lgs. n. 285 del 30 aprile 1992. Fatto accertato il 25.05.2022 in Salerno.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione lamentando, con il primo motivo, violazione di legge ed insufficienza di motivazione rispetto all’art. 116, comma 15, C.D.S. ed al requisito della recidiva nel biennio; con secondo motivo, motivazione inesistente in relazione al trattamento sanzionatorio, e, nello specifico, al motivo di appello in cui chiedeva la riduzio al minimo della pena detentiva e la sua conversione in sanzione pecuniaria.
Il ricorso è inammissibile.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte di appello ha correttamente rilevato la sussistenza della recidiva nel biennio, sulla base dei verbali contestazione risalenti rispettivamente al 7 marzo 2021 ed al 14 maggio 2022 e acquisiti al fascicolo processuale unitamente al verbale del 25.05.2022. (fol.2). La decisione della Corte territoriale è in linea con la giurisprude costante di questa Corte di legittimità e richiamata in motivazione (fol.3 secondo cui, in tema di guida senza patente, per ritenere provata la recidiva nel biennio e quindi escludere la depenalizzazione, è sufficiente allegare elementi positivi in tale senso. Essi, unitamente alla mancanza di prove contrarie fornite dalla difesa, conducono alla dimostrazione della recidiva (cfr Sez.7, ordinanza n.30502 del 10/07/2024, Rv. 286879).
Il secondo motivo è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha ritenuto di dover confermare la pena inflitta dal primo giudice escludendo altresì la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria, richiamando in proposito i numerosi precedenti penali dell’imputato, analiticamente elencati (fol.3). Va ricordato che, secondo principi costantemente affermati da questa Corte GLYPH (Sez. 4 – n. 5396 del 15/11/2022, GLYPH Rv. 284096 GLYPH – GLYPH 01 GLYPH ; Sez. 5 – , n. 6746 del 13/12/2018, Rv. 275500 – 01) non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argonnentativa della sentenza. Vi è dunque ampio
riferimento alla ragioni della reiezione del motivo di impugnazione relativo riduzione del trattamento sanzionatorio.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cass delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. p pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2025.