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Recidiva guida senza patente: basta la testimonianza

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per il reato di guida senza patente. Per la Corte, la recidiva guida senza patente nel biennio, che trasforma l’illecito da amministrativo a penale, può essere provata anche solo con la testimonianza di un agente di polizia, senza la necessità di produrre l’atto definitivo della violazione precedente.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva guida senza patente: la testimonianza dell’agente è prova sufficiente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di recidiva guida senza patente. La prova della precedente violazione, necessaria per far scattare il reato, non richiede necessariamente la produzione di documenti ufficiali che ne attestino la definitività. Un ‘minimo di prova’, come la testimonianza di un agente di polizia, può essere considerato sufficiente, spostando sull’imputato l’onere di dimostrare il contrario. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 116, comma 15, del Codice della Strada, ovvero la guida senza patente commessa per la seconda volta in un biennio (recidiva). La pena era stata rideterminata in quattro mesi di arresto e tremila euro di ammenda. L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. L’errata valutazione della prova sulla recidiva guida senza patente, sostenendo che non fosse stata dimostrata la definitività della precedente violazione.
2. L’errata applicazione delle norme sulla determinazione della pena (artt. 132 e 133 c.p.) e la mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche.

La Decisione della Corte e la prova della recidiva guida senza patente

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondati entrambi i motivi. La parte più significativa della decisione riguarda il primo punto, quello sulla prova della recidiva. I giudici hanno confermato un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui per dimostrare la recidiva nel biennio non è indispensabile un’attestazione documentale della definitività della precedente violazione.

È sufficiente un ‘minimo di prova’, che può consistere anche nella sola testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria che ha effettuato il controllo. Se l’agente testimonia di un precedente controllo in cui era stata elevata la medesima contestazione, e l’imputato non fornisce elementi contrari (ad esempio, la prova di aver impugnato con successo il verbale precedente), il requisito della recidiva si considera integrato.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il primo motivo di ricorso era generico e aspecifico, in quanto si limitava a riproporre questioni già correttamente valutate dal giudice di merito. Citando un precedente specifico (Sez. 7, ord. n. 11916 del 14/03/2024), la Cassazione ha sottolineato che la testimonianza dell’agente, unita alla mancata allegazione di prove contrarie da parte del ricorrente, costituisce un quadro probatorio sufficiente per affermare la recidiva. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato la testimonianza dell’operante di polizia che aveva riferito del precedente controllo con analoga contestazione.

Anche il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, è stato giudicato manifestamente infondato. La decisione di negare le circostanze attenuanti generiche era stata giustificata sulla base dell’assenza di elementi positivi di valutazione e della personalità negativa dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali. Secondo la Corte, questa motivazione è pienamente conforme ai criteri legali. Richiamando un’altra sentenza (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016), si è ribadito che il diniego delle attenuanti può basarsi anche solo sui precedenti penali, poiché essi sono un indicatore significativo della personalità del reo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di notevole importanza pratica. Chi viene fermato per guida senza patente e sa di aver commesso la stessa violazione nei due anni precedenti, non può sperare di eludere la responsabilità penale semplicemente perché l’accusa non produce in giudizio il verbale definitivo della prima contestazione. La testimonianza dell’agente accertatore assume un valore probatorio determinante. Per l’imputato, diventa cruciale attivarsi per fornire la prova contraria, dimostrando, ad esempio, che la precedente multa è stata annullata o non è ancora definitiva. In assenza di tali prove, il giudice può legittimamente ritenere integrato il reato di recidiva guida senza patente sulla base della sola deposizione testimoniale.

Come si prova la recidiva nel biennio per il reato di guida senza patente?
Non è necessaria un’attestazione documentale della definitività della precedente violazione. È sufficiente un ‘minimo di prova’, come la testimonianza dell’agente di polizia, unita alla mancata allegazione di elementi contrari da parte dell’imputato.

La testimonianza di un poliziotto è sufficiente per configurare il reato?
Sì. Secondo la Corte, la testimonianza dell’agente di polizia che riferisce di un precedente controllo con analoga contestazione è una prova sufficiente, a meno che l’imputato non dimostri che la precedente contestazione non è diventata definitiva.

I precedenti penali possono giustificare da soli il diniego delle attenuanti generiche?
Sì. La Corte ha confermato che le circostanze attenuanti generiche possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, in quanto questi elementi sono sufficienti a formulare un giudizio negativo sulla sua personalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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