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Recidiva facoltativa: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per truffa aggravata. I motivi, incentrati su una presunta carenza di motivazione sulla recidiva facoltativa e su un’errata commisurazione della pena, sono stati giudicati generici e manifestamente infondati. La sentenza ribadisce che la motivazione sulla recidiva, anche se succinta, è valida se spiega come la condotta si inserisca in un percorso criminale preesistente, e che i motivi di ricorso non possono riguardare reati estranei al procedimento in esame.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva facoltativa: quando il ricorso generico è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42835 del 2024, ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso e sulla motivazione della recidiva facoltativa. Il caso riguarda un’imputata condannata per truffa aggravata, il cui ricorso è stato respinto per la genericità e l’infondatezza dei motivi presentati. Questa decisione sottolinea l’importanza di formulare censure specifiche e pertinenti, che si confrontino direttamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.

I fatti di causa

Il procedimento ha origine da una condanna per truffa aggravata, confermata dalla Corte di Appello di Trento. La corte territoriale aveva ritenuto l’imputata responsabile, applicando l’aggravante della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.

La difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Una critica alla motivazione con cui era stata applicata la recidiva, ritenuta un generico riferimento ai precedenti penali senza una reale analisi dei presupposti soggettivi e oggettivi.
2. Una lamentela per l’erronea applicazione dell’art. 133 del codice penale riguardo alla determinazione della pena. La difesa sosteneva che una corretta valutazione della personalità dell’imputata avrebbe dovuto portare a una pena fissata nel minimo edittale.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei motivi proposti, giudicati non idonei a superare il vaglio di legittimità. Di conseguenza, l’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni sulla recidiva facoltativa

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato generico. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: in tema di recidiva facoltativa, il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica sia quando la riconosce, sia quando la esclude. Tuttavia, questo obbligo può essere assolto anche con un’argomentazione sintetica, purché dia conto del fatto che la nuova condotta rappresenta una “significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato”.

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione, seppur succinta, a pagina 9 della sua sentenza. Il ricorso, invece, non si è confrontato con tale argomentazione, limitandosi a una critica generale. Questo mancato confronto rende il motivo generico e, pertanto, inammissibile.

Le motivazioni sull’errata commisurazione della pena

Il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La difesa lamentava l’errata determinazione della pena facendo riferimento a una continuazione tra i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La Corte ha prontamente osservato che tali reati erano del tutto estranei al procedimento in corso, che verteva esclusivamente sul reato di truffa.

Inoltre, la richiesta di una pena minima è stata considerata del tutto generica, in quanto non supportata da elementi specifici capaci di mettere in discussione il potere discrezionale del giudice di merito nella commisurazione della pena, esercitato secondo i criteri dell’art. 133 c.p.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma due principi fondamentali del processo penale. In primo luogo, un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve essere specifico e non può limitarsi a critiche astratte o generiche. È necessario che si confronti punto per punto con la motivazione della sentenza che intende impugnare. In secondo luogo, la valutazione sulla recidiva facoltativa rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e, se motivata in modo adeguato, anche se conciso, non è sindacabile in sede di legittimità. Infine, i motivi di ricorso devono essere pertinenti all’oggetto del giudizio, senza poter introdurre elementi relativi a procedimenti o reati diversi.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge, ad esempio se i motivi sono formulati in maniera generica, senza un confronto specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata, o se sono manifestamente infondati.

Come deve essere motivata dal giudice l’applicazione della recidiva facoltativa?
Il giudice deve fornire una motivazione specifica, anche se sintetica, che spieghi perché la nuova condotta criminale costituisce una significativa prosecuzione di un percorso delinquenziale già esistente. Non è sufficiente un mero elenco di precedenti penali.

Cosa succede se un motivo di ricorso si basa su reati non oggetto del procedimento?
Il motivo viene considerato manifestamente infondato, poiché non pertinente alla questione decisa. Questo contribuisce a rendere l’intero ricorso inammissibile, come nel caso di specie, dove si faceva riferimento a lesioni e resistenza a pubblico ufficiale in un processo per truffa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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