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Recidiva facoltativa: quando va motivata la condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto e uso indebito di carte di credito. La Corte ha confermato che l’applicazione della recidiva facoltativa era correttamente motivata dai giudici di merito, i quali avevano evidenziato le numerose condanne precedenti per reati analoghi e la commissione dei nuovi fatti a pochi mesi dalla scarcerazione, elementi che dimostrano un’accresciuta capacità criminale e la mancanza di un effetto dissuasivo delle pene precedenti.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Facoltativa: Obbligo di Motivazione Rafforzato per il Giudice

L’istituto della recidiva facoltativa rappresenta uno strumento cruciale nel diritto penale per calibrare la pena in base alla storia criminale del reo. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce l’importanza di una motivazione specifica, anche se sintetica, che giustifichi la decisione di applicare o meno tale aggravante. Analizziamo insieme la vicenda processuale e il principio di diritto affermato.

I fatti di causa

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per i reati di furto aggravato e tentato indebito utilizzo di carte di credito. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la contestazione del trattamento sanzionatorio con riferimento alla mancata disapplicazione della recidiva.

Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere sussistente l’aggravante, senza considerare adeguatamente la sua situazione personale e la natura dei fatti commessi.

Il motivo del ricorso e l’applicazione della recidiva facoltativa

L’unico punto di contestazione sollevato dall’imputato riguardava l’applicazione della recidiva facoltativa. Si sosteneva che la sentenza impugnata non avesse adeguatamente giustificato perché, nel caso specifico, i precedenti penali dovessero tradursi in un aumento di pena. La difesa mirava a ottenere una riconsiderazione della sanzione, escludendo l’aumento derivante dalla recidiva.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, non riscontrando alcun vizio logico nella motivazione della Corte d’Appello.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito. La motivazione della Corte d’Appello, secondo la Cassazione, era immune da censure perché basata su elementi concreti e specifici che giustificavano ampiamente l’applicazione della recidiva facoltativa. In particolare, i giudici avevano evidenziato due aspetti fondamentali:

1. La natura dei precedenti: l’imputato era gravato da numerosissime condanne per reati della stessa indole, ovvero furto e indebito utilizzo di carte di credito. Questo dimostra una persistenza nel commettere una specifica tipologia di illeciti.
2. L’inefficacia delle pene precedenti: l’uomo aveva scontato lunghi periodi di detenzione, l’ultimo dei quali terminato solo pochi mesi prima dei nuovi reati. Questo fatto, secondo la Corte, dimostrava in modo palese che le precedenti condanne non avevano avuto alcun effetto dissuasivo, rivelando anzi un’aumentata capacità criminale.

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un importante principio di diritto: in tema di recidiva facoltativa, il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica sia quando la applica, sia quando la esclude. Tale dovere è adempiuto anche con un’argomentazione sintetica, purché dia conto del fatto che la nuova condotta rappresenta una “significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato”.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato, sottolineando che la recidiva non è un automatismo legato alla mera presenza di precedenti penali. La sua applicazione deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice, che deve esaminare la biografia criminale del reo per accertare se i nuovi reati siano effettivamente sintomo di una maggiore pericolosità sociale e di un’inclinazione a delinquere non scalfita dalle precedenti condanne. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la contestazione sull’applicazione della recidiva deve confrontarsi specificamente con gli argomenti del giudice di merito, dimostrando perché, nel caso concreto, quei precedenti non siano indicativi di una maggiore colpevolezza.

Quando un giudice deve motivare l’applicazione della recidiva facoltativa?
Il giudice ha sempre l’obbligo di fornire una motivazione specifica, sia nel caso in cui decida di applicare la recidiva, sia nel caso in cui decida di escluderla. La motivazione può essere anche sintetica, ma deve dar conto delle ragioni della scelta.

Quali elementi possono giustificare l’applicazione della recidiva facoltativa?
Elementi rilevanti sono la presenza di numerose condanne precedenti per reati della stessa natura, il fatto che le pene già scontate non abbiano avuto un effetto dissuasivo e la commissione di nuovi reati a breve distanza dalla scarcerazione. Questi fattori possono indicare un’aumentata capacità criminale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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