Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22999 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CUI 04VATVM) nato il 01/01/1986
avverso la sentenza del 11/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deduce, con un unico motivo, violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla ritenuta recidiva.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione) e afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illo gica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile
La Corte territoriale offre una motivazione logica e del tutto congrua, nonché corretta in punto di diritto – e che, pertanto, si sottrae alle proposte censu di legittimità – in termini di ritenuta recidiva.
3.1. Va ricordato l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice ha il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illeci sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segn alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità d ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontr formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838).
In linea con tale principio, questa Corte ha altresì affermato che: in tema di recidiva facoltativa ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare in co creto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza de
condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, De Silvio, Rv. 256713); ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputato, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419).
3.2. Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di merito, con motivazione non manifestamente illogica, ha ritenuto che correttamente sia stata applicata dal giudice di primo grado la recidiva, dal momento che i reati per cui è processo sono stati commessi dopo !a condanna ad anni tre e mesi nove di reclusione per pregresse attività di spaccio, dopo aver subìto misure custodiali e dopo aver scontato la pena (trattasi, quindi, di recidiva anche “vera”). Inoltre, trattasi di soggetto che permane illegalmente sul territorio nazionale, essendo inottemperante all’ordine del Questore di lasciare l’Italia (fatto per il quale ha riportato ulteriore condanna).
Trattasi, in conclusione, secondo la logica e coerente motivazione del provvedimento impugnato, di soggetto portatore di una pericolosità specifica, che giustifica l’aumento di pena collegato alla recidiva.
I giudici del gravarne del merito hanno, dunque, operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, di talché la sentenza impugnata non presenta i denunciati profili di censura.
3.3. Va ricordato, infatti, che secondo il dictum di questa Corte di legittimità, l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell’esercizio dei poteri discrezionali del giudice, su cui incombe solo l’onere di fornire adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo che giustifichi l’aumento di pena (Cfr. Corte Cost. sent. n. 185 del 2015 nonché, ex plurimis, sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015, COGNOME ed altro, Rv. 265684).
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R.G.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso in Roma il 10/06/2025
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