Recidiva Facoltativa: Quando la Propensione a Delinquere Giustifica la Pena
La valutazione della recidiva facoltativa rappresenta un momento cruciale nel processo penale, poiché incide direttamente sulla determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10064/2024) offre un importante chiarimento sui requisiti di motivazione che il giudice deve soddisfare per applicare tale aggravante. L’analisi del percorso criminale di un imputato diventa fondamentale per stabilire se un nuovo reato sia un episodio isolato o la continuazione di una tendenza a delinquere.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello per il reato di falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità, ai sensi dell’art. 495 del codice penale. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo alla decisione dei giudici di merito di applicare la recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, del codice penale.
Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente giustificato la sua scelta, limitandosi a un’applicazione automatica dell’aggravante senza una reale valutazione della sua necessità nel caso specifico.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva Facoltativa
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestatamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno stabilito che la Corte d’Appello ha operato una corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di recidiva facoltativa. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la motivazione fornita non era né assente né apparente.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella validazione del ragionamento seguito dal giudice di merito. La Corte ha sottolineato che, in tema di recidiva facoltativa, il giudice ha l’obbligo di fornire una specifica motivazione sia quando la applica, sia quando la esclude. Questo dovere si considera adempiuto quando la motivazione, anche se sintetica, dà conto del fatto che la condotta illecita per cui si procede rappresenta una “significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato”.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva valorizzato, attraverso l’esame delle precedenti condanne, come l’imputato avesse manifestato nel tempo una “crescente propensione a delinquere”. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente a giustificare l’applicazione dell’aggravante. La decisione si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale (citando Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018), secondo cui non è necessaria una motivazione prolissa, ma è indispensabile che emerga il collegamento logico tra i reati passati e quello attuale, a dimostrazione di una persistenza nel crimine.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione della recidiva facoltativa non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere però esternata in una motivazione adeguata. Tale motivazione deve incentrarsi sulla personalità del reo, desunta dai suoi precedenti penali, e sulla loro capacità di indicare una tendenza a commettere nuovi reati. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, questa pronuncia conferma che la storia criminale di un individuo può legittimamente pesare sulla quantificazione della pena per un nuovo reato, a patto che il giudice spieghi chiaramente perché quel passato è rilevante nel presente.
Per applicare la recidiva facoltativa è sempre necessaria una motivazione del giudice?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il giudice è tenuto a fornire una specifica motivazione sia nel caso in cui decida di applicare la recidiva, sia nel caso in cui decida di escluderla.
Quali elementi deve contenere la motivazione per essere considerata valida?
La motivazione, anche se concisa, deve dimostrare che il nuovo reato non è un fatto isolato, ma costituisce la prosecuzione di un percorso criminale già avviato, evidenziando una crescente propensione a delinquere da parte dell’imputato basata sui suoi precedenti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10064 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10064 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAZARA DEL VALLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Torino del 20 luglio 2023 ha confermato la pronunzia di condanna del Tribunale di Novara in ordine al reato di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale della sua identità (art. 495 cod. pen.).
-Ritenuto che il primo ed unico motivo – con cui il ricorrente denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla disapplicazione della recidiva ex art. 99 comma 4 cod. pen. – è manifestatamente infondato; il giudice di merito ha fatto corretta applicazione ( pag.3: la motivazione valorizza attraverso la disamina delle precedenti condanne come l’imputato nel corso del tempo abbia manifestato una crescente propensione a delinquere) dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di recidiva facoltativa, è richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa; tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782).
-Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7/2/2024