Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30282 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30282 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GENOVA il 06/09/1966
avverso la sentenza del 13/02/2025 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dr. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il difensore dell’imputato ha inoltrato, a propria volta, conclusioni scritte con cui ha insistito nelle ragioni di ricorso.
Ritenuto in fatto
1. E’ stata impugnata la sentenza della Corte d’appello di Roma che, in parziale riforma della sentenza deliberata in primo grado dal Tribunale di Roma, ha statuito la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 217 e 224 R.D. n.267 del 1942, così derubricata l’originaria imputazione di bancarotta fraudolenta documentale, commesso in
qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita dal Tribunale di Roma.
2.Il ricorso per cassazione, a firma di difensore abilitato, si è affidato ad un solo motivo, che ha dedotto vizio di omessa motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della recidiva, perché il giudice d’appello avrebbe fondato il giudizio su elementi di valenza neutra, collegati al ruolo svolto dal prevenuto nell’impresa fallita, all’entità del passivo e alla mancanza di collaborazione con la curatela del fallimento.
Considerato in diritto
Il ricorso è nel complesso infondato.
1.L’unica doglianza formulata con il ricorso per cassazione pecca di sostanziale genericità e non coglie comunque nel segno, perché non si confronta compiutamente con il tessuto espositivo della decisione impugnata, che -oltre a richiamare la disinvolta propensione dell’imputato ad assumere la veste di amministratore in ambito imprenditoriale e a censurarne l’atteggiamento refrattario a qualsiasi forma di collaborazione con il curatore della procedura concorsuale, che ha accumulato un passivo ingente – ha messo in rilievo la ‘gravità del fatto’, l’esistenza di ‘ numerose condanne anche per delitti specifici’ e il preoccupante profilo di professionalità nell’accettazione di ruoli ‘evidentemente dietro compenso’ al vertice di ‘ società decotte ‘ . Si tratta di un corredo giustificativo, ponderato nel suo complesso, rispettoso dei principi esegetici tracciati dalla giurisprudenza di questa Corte, in base ai quali la facoltatività dell’applicazione della recidiva impone al giudice, sia nel caso in cui disponga tale applicazione che nel caso contrario, uno specifico dovere di motivazione in proposito (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251690); e secondo cui, in caso di ritenuta sussistenza della recidiva, è doverosa un’argomentazione che, precisando gli elementi fattuali presi in considerazione e i criteri utilizzati per valutarli, dia conto della maggiore rimproverabilità del reo per non essersi fatto distogliere dalla risoluzione criminosa per effetto delle precedenti condanne (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, in motivazione; Sez. U n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, in motivazione); che esalti, in definitiva, il nesso di ‘continuità’ tra i precedenti penali e l’ultimo reato sub judice . E va inoltre ribadito che, in tema di recidiva, è certamente richiesta al giudice una specifica motivazione, ma tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un già avviato processo delinquenziale (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782). Ancora, l’esclusione della recidiva facoltativa contestata richiede uno specifico onere motivazionale da parte del giudice che, tuttavia, può essere adempiuto anche implicitamente
ove si sia in concreto apprezzata la sussistenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore (Sez. 3, n. 4135 del 12/12/2017 – dep. 2018, NOME, Rv. 272040; così anche, Sez. 2, n. 39743 del 17/09/2015, COGNOME, Rv. 264533; Sez. 2, n. 40218 del 19/06/2012, Fatale, Rv. 254341), come convenientemente avvenuto nel caso di specie.
Né la doglianza di ricorso, che assume i connotati di semplice nota di dissenso, si è fatta premura di allegare le presunte ragioni di distonìa tra il nuovo reato e le pregresse esperienze giudiziarie del ricorrente.
2.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di reiezione del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 09/07/2025