Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17809 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17809 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a NAPOLI il 17/02/1971 NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a NAPOLI il 02/05/1976
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che si riporta alla requisitoria scritta e conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore dei ricorrenti, avvocato COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città, che ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli, in concorso tra loro e con una terza persona non identificata, del furto pluriaggravato di un telefono cellulare sottratto con destrezza alla persona offesa, su un bus di linea, e approfittando di circostanza di luogo in ragione dell’età della vittima tali da ostacolarne la difesa.
Avverso l’indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME articolando sei motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. In sintesi, il ricorrente denuncia erronea applicazione di norme di legge penale e correlati vizi della motivazione con riferimento a plurimi profili del trattamento sanzionatorio.
In specie, si duole:
dell’erroneo riconoscimento della recidiva, confusamente motivato;
del diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., tenuto conto del modesto valore della res, e delle circostanze attenuanti generiche, dolendosi della mancata valutazione di elementi favorevoli all’imputato;
della genericità della motivazione con cui la Corte di appello ha confermato il discostannento dal minimo edittale;
della illogicità della motivazione con cui è stata negata la sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore, avvocato NOME COGNOME articolando due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge, per essere stata omessa la valutazione della esistenza di cause di non punibilità, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; in particolare, sostiene che la denuncia della p.o. non presenti i caratteri della querela, invocando la relativa declaratoria di non procedibilità. Inoltre, risultando il Tortora gravato da un unico precedente definito con sentenza di patteggiamento, irrevocabile da oltre cinque anni, il reato sarebbe estinto ex art. 445 cod. proc. pen, con conseguente violazione dell’art. 163 cod. pen. in relazione al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
3.2. Con il secondo motivo, denuncia erroneo riconoscimento della recidiva, essendo il ricorrente gravato da un solo precedente, definito con sentenza di
patteggiamento emessa oltre cinque anni prima dei fatti, con conseguente estinzione del reato.
Vi è memoria difensiva nell’interesse del COGNOME, con la quale, rappresentando e documentando l’offerta risarcitoria di mille euro, ingiustificatamente ricusata dalla p.o., invoca la declaratoria di estinzione del reato ai sensi dell’art. 162-ter, co. 1 ultimo periodo, cod. pen., trattandosi d reato procedibile a querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi non sono fondati.
1.In primo luogo, va ricordato che si è di fronte ad una doppia condanna conforme e cioè a due pronunzie, di primo e di secondo grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle conformi rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che viene a saldarsi perfettamente con quella precedente, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, in considerazione del fatto che entrambe le pronunzie hanno offerto una congrua e ragionevole giustificazione del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti del ricorrente. In presenza di una “doppia conforme”, dunque, la sentenza impugnata e quella di primo grado si integrano tra loro (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997 – dep. 05/12/1997, COGNOME, Rv. 209145), cosicchè la motivazione deve essere apprezzata congiuntamente ( Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
2.Ricorso Battista.
2.1.Procedendo, quindi, a una lettura congiunta delle due sentenze di merito, non può non osservarsi – con riferimento al primo motivo di ricorso come il primo giudice, effettivamente, nello scrutinio della recidiva, pur effettuando una chiara distinzione tra le posizioni dei due imputati, abbia, nondimeno, indicato sempre il nome del COGNOME: a pg. 6 della sentenza, riferendosi a lui come soggetto pluripregiudicato per l’elevato numero di precedenti specifici, anche recenti, e meritevole del riconoscimento della contestata recidiva, per essere il fatto sub judice espressione di una più spiccata pericolosità e maggiore riprovevolezza del prevenuto; alla pagina seguente, testualmente affermando, ancora una volta riferendosi al COGNOME: ” La recidiva va, viceversa, esclusa per il coimputato COGNOME, gravato da un unico precedente specifico ( per il reato di furto) risalente a quasi un decennio orsono”.
2.1.1. Ora, a fronte di tale evidente erronea indicazione dei nominativi a cui riferire le valutazioni svolte ai fini della recidiva, non può non osservarsi come la lettura del certificato penale dia conto – chiaramente – del fondamento del ragionamento svolto dal giudice di primo grado, incentrato sui curricula criminali dei due imputati. Da essi risulta, infatti, che il COGNOME è gravato da un unico
precedente, definito con sentenza di patteggiannento, per un furto; invece, il Battista annovera plurimi precedenti per reati, anche gravi, contro il patrimonio, e per violazione del T.U. stupefacenti, “commessi senza soluzione di continuità durante tutto l’arco della sua vita” ( cfr. pg . 4 della sentenza impugnata), e protrattisi fino al 2019. Questo elemento di riscontro consente di ritenere che il ragionamento con il quale il Tribunale ha riconosciuto la recidiva vada, all’evidenza, riferito al NOME, essendo egli, a differenza del COGNOME, gravato da molteplici, gravi e recenti precedenti. Tant’è che, nel dispositivo della citata sentenza, il Tribunale- coerentemente con il ragionamento svolto nella parte motiva, epurata della svista omissiva commessa nella trascrizione grafica del nominativo degli imputati, quanto specificamente alla posizione del NOME, – ha escluso espressamente la recidiva nei confronti del solo COGNOME.
2.1.2. E’ pur vero che anche la Corte di appello è incorsa in analoga confusione: a pg. 3, nella parte dedicata allo scrutinio delle circostanze attenuanti generiche, si legge che “COGNOME annovera numerosissimi precedenti per reati contro il patrimonio e anche il Battista un precedente per furto”, essendo vero esattamente il contrario, concetto ribadito a pg. 4: ” Non può escludersi la recidiva per COGNOME… .gravato da numerosissimi precedenti. Nondimeno, la sentenza impugnata dà atto espressamente della corretta valutazione del primo giudice, nella parte in cui ha escluso, discrezionalmente, la recidiva nei confronti del COGNOME, per non averne ritenuto “nell’ambito dei propri poteri discrezionali e fermo il carattere facoltativo di tale aggravante, la sussistenza alla luce delle circostanze del caso concreto” ( pg. 3).
2.1.4. Come si legge nel dispositivo la Corte di appello ha confermato la decisione del primo giudice nei confronti di entrambi gli appellanti.
Dunque, in sintesi, la congiunta lettura delle sentenze di merito evidenzia ampiamente il percorso logico – giuridico seguito dai giudici di merito nella valutazione della sussistenza o meno della contestata recidiva, cosicchè, pur in presenza dei ricordati refusi, finisce per risultare solo apparente il denunciato vizio di contraddittorietà della motivazione, che, invece, nel suo insieme, e congiuntamente alla parte dispositiva, consente di affermare che la recidiva sia stata riconosciuta solo nei confronti del COGNOME mentre è stata esclusa per COGNOME. Conseguentemente, non hanno pregio le doglianze formulate, sul punto, con il primo motivo di ricorso.
2.2. Non ha pregio la doglianza della difesa di Battista finalizzata al riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, rispetto alla quale la Corte territoriale ha adeguatamente replicato all’analogo motivo d’appello, evidenziando come il pregiudizio occasionato non possa ritenersi lievissimo, alla L luce, non solo del valore intrinseco del bene sottratto, ma anche dalle modalità
complessive dei fatti, e dovendosi tenere conto del danno patrimoniale che sarebbe stato arrecato alla persona offesa nel caso in cui la refurtiva non fosse stata recuperata. La decisione si pone in linea con consolidata giurisprudenza di questa Corte, a mente della quale la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrilevante: ai fini dell’accertamento della tenuità del danno è, inoltre, necessario considerare, oltre al valore in sé della cosa sottratta, anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della “res”.( Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014 Rv. 260201), senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Rv. 269241; nonché, ex plurimis, Sez. 4, n. 16218 del 02/04/2019 COGNOME, Rv. 275582). Trattasi di valutazione discrezionale propria del giudice di merito, neppure sindacabile in questa sede di legittimità, perché esente da incongruenze logiche, laddove, nel caso di specie, la Corte di appello ha considerato come non possa rientrare nei confini interpretativi suddetti il furto di un telefono cellulare il cui costo è di circa 175 euro.
2.3. Anche il diniego, in favore del Battista, delle circostanze attenuanti generiche, è un punto della decisione adeguatamente giustificato dalla Corte di appello, facendo riferimento alle modalità insidiose dei fatti (per la preordinazione e la scelta della vittima molto anziana e particolarmente vulnerabile), e alla personalità del reo, pluripregiudicato, altresì sottolineandosi la mancanza di indici di resipiscenza e la affatto spontanea ammissione dei fatti e consegna del cellulare, avvenute dopo che il furto ea stato scoperto dalla p.g.. La valutazione della Corte di appello soddisfa i parametri indicati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la “ratio” della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato, comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826).
2.4. Sono manifestamente infondate le censure relative alla determinazione della pena e al mancato accoglimento della richiesta di applicazione di una sanzione sostitutiva, avendo il giudice considerato, nella specie, quale pena base, quella minima edittale di anni tre di reclusione, ai sensi dell’art. 625 co. 2
cod. pen., in presenza di plurime aggravanti ( art. 625 n. 5 e 8 bis, 61 n. 5 cod. pen.), ritenute dal primo giudice, con motivazione non intaccata dalle doglianze difensive.
2.5. Quanto alla mancata sostituzione della pena, il giudice, in caso di diniego della sostituzione della pena detentiva non può limitarsi a valutare la congruità della pena attraverso i criteri di gravità del fatto e di pericolosità d soggetto, ma è tenuto anche a motivare, in chiave prognostica, le ragioni per cui gli elementi considerati rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa ( Sez. 5, n. 39162 del 04/10/2024, Rv. 287062), richiedendo ” i fondati motivi” che, ai sensi della dell’art. 58, comma 1, seconda parte, legge 24 novembre 1981, n. 689, come sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. f), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non consentono la sostituzione della pena, un’adeguata e congrua motivazione in merito al giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare forme sanzionatorie consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurare effetti alla pena (Sez. 5 n. 17959 del 26/01/2024,Rv. 286449) Di tali coordinate, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione, argomentando specificamente e adeguatamente in merito alla ritenuta inidoneità a favorire la rieducazione del condannato e il suo reinserimento sociale di misure diverse alla rieducazione del condannato, per il carattere affatto occasionale della condotta e per la notevole propensione a delinquere e scarsissima resipiscenza, altresì ritenendo non assicurata la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati per la trasgressiva personalità dell’imputato.
In presenza di argomentazioni puntuali e coerenti con l’accertamento giudiziale, il calcolo della pena deve ritenersi, dunque, frutto di legittim esercizio di potere discrezionale di merito, non sindacabile nella presente sede.
3.Ricorso Tortora.
3.1. Non è fondato il primo motivo di ricorso svolto nell’interesse del Tortora. La Corte territoriale ha, infatti, messo in luce come la vittima abbia sporto regolare denuncia-querela nei confronti degli autori del furto, chiedendone la punizione, tanto trovando riscontro nella consultazione degli atti, laddove la denuncia della p.o. contiene espressa istanza di punizione.
3.2. Non ha pregio neppure la ulteriore censura, sempre veicolata con il primo motivo, con cui il Tortora si duole della mancata sospensione condizionale della pena. In primo luogo, dalla lettura della, non contestata, sintesi dei motivi di appello, non si rileva che la difesa abbia invocato il suddetto beneficio, cosicchè, non è censurabile il silenzio sul punto della Corte di appello. In tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di
motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito.( Sez. U n. 22533 del 25/10/2018 (dep. 2019 ), Salerno, Rv. 275379).
3.2.1. In ogni caso, è vero che l’estinzione del reato oggetto di una sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., opera “ipso iure” e non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione (Sez. 6 , N. 6673 del 18/02/2016, Rv. 266120 ; conf. Sez. 2 n. 994 del 25/11/2021 (dep. 2022) Rv. 28251502), nondimeno, ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, la sentenza di applicazione della pena, in quanto equiparata a sentenza di condanna, costituisce un precedente penale, valutabile anche nell’ipotesi in cui sia già intervenuta, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., l’estinzione del reato cui essa si riferisce ( Sez. 3, n. 43095 del 12110/2021, Rv. 282377), in quanto la predetta diposizione di legge non esclude che il giudice possa tener conto di tale precedente, motivando specificamente perché, in concreto, tale pronuncia offra elementi rilevanti ai fini di un negativo giudizio prognostico.(Sez. 6, n. 46400 del 13/09/2017, Rv. 271389). Nel caso di specie, il giudice di primo grado – che ha comminato al Tortora la pena di anni due di reclusione, oltre alla multa – ha fatto corretta applicazione degli indicati principi, avendo negato il beneficio sul rilievo espresso che ” Le risultanze del casellario giudiziale risultano per il Tortora ostative al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena”, ovvero considerando il precedente ostativo rispetto a tale beneficio.
3.3. Quanto al secondo motivo, per le osservazioni che si sono già svolte al punto 2.1., non ha fondamento la doglianza incentrata sulla recidiva, dal momento che la lettura della sentenza di primo grado rende palese, come innanzi rilevato, che il riferimento al COGNOME quale gravato da plurimi precedenti penali sia un mero errore materiale, non reiterato in dispositivo, ove chiaramente viene esclusa nei confronti del COGNOME la recidiva, con statuizione che ha trovato conferma nella sentenza impugnata.
3.4. E’ manifestamente infondata la deduzione, formulata con la memoria integrativa nell’interesse del COGNOME, con la quale, rappresentando e documentando l’offerta risarcitoria di mille euro, che sarebbe stata ingiustificatamente ricusata dalla p.o., si invoca la declaratoria di estinzione del reato ai sensi dell’art. 162-ter, co. 1 ultimo periodo, cod. pen., dal momento che, secondo l’espressa previsione normativa, il risarcimento o l’offerta reale ex art. 1208 e ss. cod. civ., devono intervenire entro il termine massimo della
dichiarazione di apertura del dibattimento, salvo che il giudice abbia fissato un ulteriore termine, su istanza di parte, che abbia dimostrato di non avere potuto
adempiere tempestivamente. Nel caso di specie, infatti, per quanto emerge dalla documentazione allagata dal ricorrente, l’offerta reale – non accolta dalla p.o. – è
intervenuta solo con missiva ricevuta dalla p.o. in data 11 marzo 2025 (sentenza di primo grado del 03/01/2024). Come è stato già chiarito, la causa di estinzione
del reato di cui all’art. 162-ter cod. pen., è rilevabile in sede di legittimità, ne processi in cui la dichiarazione di apertura del dibattimento sia successiva alla
data di entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, a condizione che la condotta riparatoria sia intervenuta entro il termine massimo rappresentato da
detta dichiarazione, e che il giudice di merito abbia sentito le parti e valutato la congruità della somma offerta, in tal senso conducendo il tenore letterale della
disposizione in esame, secondo la quale, prima della pronuncia della sentenza di estinzione del reato, devono essere «sentite le parti e la persona offesa»,
audizione, che, indubbiamente, spetta al giudice di merito, in quanto funzionale alla valutazione della congruità delle restituzioni e dei risarcimenti e
dell’eliminazione «ove possibile» delle conseguenze dannose o pericolose del reato (Sez. 4 n. 39304 de/ 14/10/2021, Rv. 282059). Non sono utilmente invocabili nel senso propugnato dal ricorrente, alcune pronunce della Corte di legittimità in cui è stato affermato che la suindicata disciplina può trovare applicazione nel giudizio che si svolge dinanzi alla Corte di Cassazione (Sez.5, n.7815 del 17/12/2018, dep. 2019, Blini, n.m.; Sez.6, n.26285 del 4/05/2018, Connite, Rv.273489), esse riferendosi a processi pendenti dinanzi alla Corte al momento di entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n.103, per i quali trovava applicazione la disciplina transitoria dettata dall’art. 1, comma 2, I. n.103 cit..
Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 19 marzo 2025 Il Co iliere estens