Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20744 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE)APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
si dà atto che il ricorso è stato trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’a 23, comma 8, D.L. n.137/2020,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 28/06/2023 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 3/11/2020 appellata dall’imputato NOME COGNOME, riconosciuta anche la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, n.4 cod. pen. in regime di equivalenza alla contestata recidiva, rideterminava la pena in anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 320 di multa, confermando nel resto l’impugnata decisione.
Avverso la sentenza di appello, NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, svolgendo a tal fine due distinti motivi con cui chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
2.1 Con il primo eccepisce l’erronea applicazione della legge penale relativamente al giudizio sulla sussistenza della recidiva reiterata, ritenendo che i giudici di appello non avrebbero operato un’effettiva disamina di tutte le circostanze richieste ai fini dell’applicazione della recidiva contestata al caso di specie, ma si sarebbero limitati a fare proprie ed a ribadire le argomentazioni adottate dal Tribunale di Reggio Ennilia. In ogni caso la Corte bolognese avrebbe errato laddove con riguardo all’eventuale giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla ritenuta recidiva reiterata, ha affermato che il dispositivo dell’articolo 69, comma quarto, cod. pen., poneva un divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva ex art 99, comma quarto cod. pen., senza però tener conto della sentenza della Corte costituzionale n.141 del 21/06/2023 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. l’art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen. sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.. Nel caso di specie, tale dichiarazione di incostituzionalità, avrebbe rilevanza considerato che la Corte di appello ha riconosciuto l’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen., oltre all circostanze attenuanti generiche già concesse in primo grado.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso si duole per la manifesta illogicità della motivazione, in particolare con riguardo alle argomentazioni utilizzate per individuare la riduzione di pena per il tentativo. Ad avviso del ricorrente le motivazioni adottate dalla Corte di appello, in cui è stato riconosciuto “i/ lievissimo danno complessivamente patito dalla persona offesa” avrebbero dovuto comportare conclusioni diametralmente opposte a quelle a cui è pervenuta la sentenza, con una riduzione di pena ex art. 56, comnna secondo, cod. pen. più ampia rispetto alla riduzione effettivamente apportata della misura pari alla metà.
Il ricorso è inammissibile per essere stato proposto con motivi non consentiti, o comunque manifestamente infondati.
3.1 In via preliminare va ribadito che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. La mancanza di specificità del motivo, dunque, va valutata anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822-01 e Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, in motivazione). Va affermato, dunque, che sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini assertivi e apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino – come nel caso di specie – di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di gravame non sono stati accolti (Sez. 2, n.33580 del 1/08/2023, COGNOME + altri, non massimata sul punto; Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521; Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 267611; Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256133).
Con riferimento all’eccezione relativa alla sussistenza della contestata recidiva reiterata ed infraquinquennale, si ritiene che il ricorso è inammissibile perché aspecifico, in quanto ripropone le medesime censure svolte con l’atto di appello, senza, peraltro, confrontarsi con le motivazioni svolte dalla Corte territoriale che si reputano congrua e prive di vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà. La sentenza impugnata, infatti, indica puntualmente le ragioni poste a fondamento della ritenuta recidiva, individuate nei precedenti penali dell’imputato da cui emerge la persistente indifferenza del NOME verso i precetti dell’ordinamento e la sua propensione a compiere reati come principale fonte di sostentamento economico.
Per quanto, invece, attiene al giudizio di equivalenza della ritenuta recidiva con le circostanze attenuanti, tra cui quella di cui all’art. 62, n.4, cod. pen., riconosciuta sede di appello, va rilevato che la sentenza impugnata non si è limitata a richiamare il limite di legge di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen., in parte superato con la richiamata sentenza della Corte Cost. n.141/2023, ma ha svolto una motivazione subordinata effettuando una valutazione nel merito. Infatti, la
Corte di appello, ha affermato sul punto quanto segue: “Per completezza deve aggiungersi che le modalità realizzative del fatto ovvero l’indifferenza dell’imputato rispetto al pericolo di essere scoperto e bloccato, denotano un’attitudine e una pervicacia nel delinquere tali da non rendere possibile un giudizio diverso da quello di equivalenza già effettuato dal giudice di príme cure”. Anche con riguardo a questo punto della motivazione, il ricorso è aspecifico, dato che si limita a dedurre la rilevanza sul giudizio di bilanciamento delle circostanze della sopravvenuta sentenza n.141/2023 della Corte costituzionale, ma non svolge alcuna specifica censura al giudizio di merito sopra riportato, che peraltro risulta compiutamente motivato.
3.2 Quanto al secondo motivo di ricorso relativo alla riduzione di pena per la fattispecie tentata ritenuta incongrua, esso è manifestamente infondato. La Corte di appello ha motivato in questi termini: “Non può accogliersi la richiesta della difesa di effettuare la diminuzione per il tentativo nella misura massíma dei due terzi, dato lo stato avanzato a cui era giunta l’azione predatoria”. L’eccezione riguarda il vizio della motivazione, che non ricorre nel caso di specie non emergendo alcuna manifesta illogicità. La valutazione compiuta dai giudici di appello di non effettuare una riduzione di pena per il tentativo nella misura massima dei due terzi è stata fondata su un criterio, quello dello stato di avanzamento della condotta illecita che, pur non essendo parametro esclusivo e dirimente (cfr. Sez.5, n.40902 del 11.10.2022, Rv.283805-01), è tuttavia un indice oggettivo della potenziale lesività della condotta in concreto perpetrata, risultata essere prossima a consumare il delitto contestato. Tale profilo non risulta incompatibile né dal punto di vista giuridico né dal punto di vista logico con l’attenuante di cui all’art. 62 n.4, cod pen., che è, invece, parametrata su una prognosi riguardante il danno patrimoniale che si sarebbe potuto cagionare alla vittima in caso di consumazione del delitto, quindi attinente ad uno specifico e più limitato profilo (cfr. Sez.5, n.2910 del 7.12.2023, Rv. 285845-01). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
5. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si si ritiene equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024
Il Consigliere estensore