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Recidiva e tentativo: inammissibile ricorso aspecifico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato tentato. L’appello contestava la valutazione della recidiva e la misura della riduzione di pena per il tentativo. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso aspecifici, in quanto non si confrontavano puntualmente con le argomentazioni della Corte d’Appello, sia riguardo alla propensione a delinquere dell’imputato (per la recidiva), sia riguardo allo stato avanzato dell’azione criminosa (per la quantificazione della pena per il tentativo).

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Tentativo: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità del Ricorso Aspecifico

Con la sentenza n. 20744 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su due temi cruciali del diritto penale: la valutazione della recidiva e tentativo. Il caso in esame offre importanti spunti sulla necessità di formulare ricorsi specifici e puntuali, che si confrontino criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

Il caso: un appello tra attenuanti e riduzione per tentativo

La vicenda processuale ha origine dalla parziale riforma, da parte della Corte di Appello di Bologna, di una sentenza di primo grado. La Corte territoriale, pur confermando la responsabilità dell’imputato, aveva riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante (quella del danno patrimoniale di speciale tenuità, ex art. 62 n. 4 c.p.) e, operando un bilanciamento di equivalenza con la contestata recidiva reiterata, aveva rideterminato la pena.

L’imputato, non soddisfatto, ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata applicazione della legge sulla recidiva: secondo la difesa, i giudici d’appello non avevano valutato adeguatamente la sussistenza della recidiva e, soprattutto, non avevano tenuto conto di una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 141/2023) che consentiva un giudizio di prevalenza dell’attenuante del danno lieve sulla recidiva qualificata.
2. Manifesta illogicità della motivazione sul tentativo: la difesa lamentava che, avendo la stessa Corte d’Appello riconosciuto un “lievissimo danno”, la riduzione della pena per il delitto tentato (ex art. 56 c.p.) avrebbe dovuto essere maggiore di quella applicata (pari alla metà) e tendere al massimo previsto dalla legge (due terzi).

La decisione della Suprema Corte sulla recidiva e tentativo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza, ma si concentra sulla correttezza formale e sostanziale dei motivi di ricorso presentati. Secondo i giudici di legittimità, l’impugnazione era “aspecifica” e “manifestamente infondata”, in quanto non riusciva a scalfire la logicità e la coerenza delle motivazioni espresse dalla Corte di Appello.

Le motivazioni: perché il ricorso su recidiva e tentativo è stato respinto

La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, evidenziandone le carenze.

Il primo motivo: la critica alla valutazione della recidiva

Sul tema della recidiva, la Cassazione ha bollato il motivo come aspecifico. La difesa si era limitata a riproporre le stesse censure già presentate in appello, senza confrontarsi con le puntuali risposte fornite dalla Corte territoriale. Quest’ultima aveva infatti giustificato la conferma della recidiva sulla base dei precedenti penali dell’imputato, che dimostravano una “persistente indifferenza verso i precetti dell’ordinamento” e una “propensione a compiere reati come principale fonte di sostentamento economico”.

Inoltre, riguardo al bilanciamento delle circostanze, la Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello contenesse una doppia motivazione: non solo richiamava il (precedente) limite di legge, ma svolgeva anche una valutazione di merito, affermando che “le modalità realizzative del fatto” e “l’indifferenza dell’imputato” denotavano una “pervicacia nel delinquere” tale da non rendere possibile un giudizio diverso da quello di equivalenza. Il ricorso, non contestando questa specifica argomentazione, si è rivelato inefficace.

Il secondo motivo: la logicità della riduzione per il tentativo

Anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena per il recidiva e tentativo, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Appello aveva motivato la scelta di non applicare la massima riduzione di pena facendo riferimento allo “stato avanzato a cui era giunta l’azione predatoria”.

La Cassazione ha confermato la piena legittimità di questo criterio. Lo stato di avanzamento della condotta illecita è un indice oggettivo della potenziale lesività e della vicinanza alla consumazione del reato. Questo parametro, spiegano i giudici, non è in contraddizione con il riconoscimento dell’attenuante del danno lieve. Quest’ultima, infatti, si basa su una prognosi del danno patrimoniale che si sarebbe verificato se il reato fosse stato portato a termine, mentre la valutazione del tentativo riguarda il grado di progressione dell’azione criminale. Si tratta di due profili distinti e non logicamente incompatibili.

Conclusioni: l’importanza di un ricorso specifico e puntuale

La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale del processo penale: l’atto di impugnazione non può essere una mera riproposizione di doglianze generiche. Per essere ammissibile ed efficace, deve instaurare un confronto critico e puntuale con le argomentazioni della decisione che si intende contestare. In assenza di una critica specifica, che individui le illogicità o gli errori di diritto del provvedimento impugnato, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile per aspecificità?
Un ricorso è ritenuto aspecifico, e quindi inammissibile, quando si limita a riproporre le stesse censure già dedotte in appello senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni specifiche fornite dal giudice nella sentenza impugnata. È necessario che il ricorso contesti in modo puntuale le ragioni della decisione.

Come viene determinata la riduzione di pena per un delitto tentato?
La riduzione della pena per il tentativo viene determinata dal giudice sulla base di diversi criteri, tra cui un indice oggettivo fondamentale è lo stato di avanzamento della condotta illecita. Più l’azione è prossima alla consumazione del reato, minore sarà la riduzione della pena applicata.

Il riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità obbliga il giudice a concedere la massima riduzione di pena per il tentativo?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che i due istituti operano su piani diversi e non sono incompatibili. L’attenuante del danno lieve si basa su una valutazione prognostica del potenziale danno patrimoniale, mentre la quantificazione della pena per il tentativo dipende dal grado di avanzamento dell’azione criminale. Sono valutazioni distinte e autonome.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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