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Recidiva e stupefacenti: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per coltivazione di sostanze stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione di merito che escludeva l’ipotesi di ‘lieve entità’ del fatto e applicava l’aggravante della recidiva, ritenendo il precedente per furto un reato della ‘stessa indole’. Il ricorso è stato respinto per la sua genericità, non avendo contestato in modo specifico le logiche motivazioni della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Lieve Entità: la Cassazione Dichiara Inammissibile un Ricorso Generico

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 10089 del 2024, offre importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della recidiva e del reato di ‘lieve entità’ in materia di stupefacenti. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, sottolineando un principio fondamentale del processo penale: la necessità di presentare motivi di impugnazione specifici e non generici. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

Il Caso: Dalla Coltivazione di Sostanze Stupefacenti al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna per coltivazione di sostanze stupefacenti. Inizialmente, l’imputato era stato accusato anche di furto, ma tale accusa è caduta in appello per difetto di querela. La Corte d’Appello di Palermo aveva rideterminato la pena per il solo reato legato agli stupefacenti in un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000 euro di multa.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi principali volti a contestare la qualificazione del fatto e l’applicazione delle circostanze.

I Motivi del Ricorso: Lieve Entità, Recidiva e Circostanze Attenuanti

La difesa ha articolato il ricorso su tre punti cruciali:

1. Violazione di legge sulla ‘lieve entità’: Si sosteneva che la Corte d’Appello non avesse correttamente valutato i parametri per riconoscere il fatto come di ‘lieve entità’ (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), che avrebbe comportato una pena molto più mite.
2. Errata applicazione della recidiva: Si contestava l’applicazione dell’aggravante della recidiva (art. 99 c.p.), accusando i giudici di merito di averla confermata con una motivazione stereotipata e automatica, senza un’analisi concreta.
3. Mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti: Infine, si lamentava che le circostanze attenuanti generiche non fossero state considerate prevalenti sulla contestata recidiva.

La Decisione della Cassazione e l’impatto sulla recidiva

La Suprema Corte ha respinto tutte le doglianze, dichiarando il ricorso interamente inammissibile. La ragione di fondo risiede nella genericità dei motivi presentati, che non si sono confrontati criticamente con l’articolata motivazione della Corte d’Appello. Analizziamo come la Cassazione ha smontato ogni punto.

La Valutazione sulla ‘Lieve Entità’

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata logica e coerente. I giudici di merito avevano escluso la ‘lieve entità’ sulla base di elementi concreti e inequivocabili: la coltivazione di piante in 159 vasi, da cui si potevano ricavare 932 dosi medie giornaliere, un sistema di irrigazione organizzato e il rinvenimento di 50 bustine e due bilance per il confezionamento. Questi fattori indicavano un’attività non occasionale o modesta, rendendo corretta l’esclusione del beneficio.

L’Applicazione Corretta della Recidiva

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Cassazione ha evidenziato che l’applicazione della recidiva non era stata automatica. La Corte d’Appello aveva attentamente esaminato i precedenti penali dell’imputato, in particolare una condanna definitiva per furto. I giudici hanno correttamente ritenuto il furto un ‘reato della stessa indole’ rispetto alla coltivazione di stupefacenti, poiché entrambi sono accomunati dal movente del profitto illecito. Questa valutazione, tutt’altro che stereotipata, ha giustificato il riconoscimento di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale dell’imputato.

Il Bilanciamento delle Circostanze

Anche il terzo motivo è stato giudicato generico. La Corte di merito aveva negato la prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva in base a elementi concreti: le modalità della condotta, che denotavano una certa ‘professionalità’, e la personalità negativa dell’imputato, desunta proprio dai precedenti penali.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte Suprema si fonda sul principio consolidato secondo cui il ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito, né una generica lamentela. È necessario che l’appellante si confronti specificamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata, evidenziando vizi logici o errori di diritto manifesti. In questo caso, la difesa si è limitata a dissentire dall’esito della valutazione dei giudici, senza però individuare vizi che potessero giustificare un annullamento della sentenza. La Corte ha ribadito che valutazioni come quella sulla ‘lieve entità’ o sul bilanciamento delle circostanze sono tipiche del giudizio di merito e, se sorrette da una motivazione logica e non arbitraria, non sono sindacabili in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cruciale per gli operatori del diritto: la specificità dei motivi di ricorso è un requisito di ammissibilità imprescindibile. Non è sufficiente contestare una decisione, ma è necessario dimostrare perché essa sia errata in diritto o viziata nella logica. Inoltre, la pronuncia offre un chiaro esempio di come la valutazione della recidiva e dei ‘reati della stessa indole’ debba basarsi non su automatismi, ma su un’analisi concreta dei fatti, dei moventi e della personalità dell’imputato, come correttamente fatto dalla Corte d’Appello nel caso di specie.

Quando un reato di coltivazione di stupefacenti non può essere considerato di ‘lieve entità’?
Quando una valutazione complessiva dei fatti dimostra un’organizzazione non trascurabile (in questo caso, 159 vasi e un sistema di irrigazione), la disponibilità di materiale per il confezionamento (50 bustine e bilance) e un quantitativo di principio attivo sufficiente a ricavare un numero elevato di dosi (932 dosi medie giornaliere).

Un furto e un reato di spaccio possono essere considerati della ‘stessa indole’ ai fini della recidiva?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che sono ‘reati della stessa indole’ non solo quelli che violano la stessa norma, ma anche quelli che, pur previsti da leggi diverse, presentano caratteri fondamentali comuni, come essere determinati da un movente di illecito profitto. Di conseguenza, un precedente per furto può giustificare l’aggravante della recidiva per un successivo reato di coltivazione di stupefacenti.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i motivi sono privi di specificità, ovvero se sono intrinsecamente indeterminati e non si confrontano criticamente con le ragioni logiche e giuridiche poste a fondamento della decisione impugnata. È necessario un attacco puntuale alla motivazione, non una generica contestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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