Recidiva e Stato di Necessità: la Cassazione fa il Punto sul Furto in Abitazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato due temi cruciali del diritto penale: i limiti della scriminante dello stato di necessità e la corretta applicazione dell’aggravante della recidiva. La pronuncia offre importanti chiarimenti, ribadendo che la condizione di indigenza non può giustificare un furto in abitazione e che la valutazione sulla pericolosità del reo, basata sui suoi precedenti, è fondamentale per l’aumento di pena.
I Fatti del Caso
La vicenda riguarda due fratelli, condannati in primo e secondo grado per furto aggravato in abitazione e resistenza a pubblico ufficiale. I fatti si erano svolti nel maggio 2021. Non accettando la sentenza di condanna della Corte d’Appello, i due imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di contestazione.
I Motivi del Ricorso: Stato di Necessità e Recidiva
Il ricorso presentato alla Suprema Corte si basava su due argomentazioni principali:
1. Violazione di legge sul mancato riconoscimento dello stato di necessità: I ricorrenti sostenevano che il furto fosse stato commesso a causa della loro asserita condizione di indigenza. A loro avviso, questa situazione avrebbe dovuto integrare la scriminante dello stato di necessità, escludendo quindi la loro punibilità.
2. Vizio di motivazione sul riconoscimento della recidiva: Contestavano la decisione dei giudici di merito di applicare l’aggravante della recidiva, ritenendo che la motivazione fornita non fosse adeguata a dimostrare una loro maggiore capacità a delinquere.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva e lo Stato di Necessità
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, confermando integralmente la decisione impugnata. L’analisi della Corte è stata netta e precisa su entrambi i punti sollevati dalla difesa.
L’Infondatezza dello Stato di Necessità
Sul primo punto, la Corte ha specificato che il ricorso era meramente riproduttivo di una censura già correttamente valutata e respinta nei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: il furto di beni preziosi all’interno di un’abitazione privata non può in alcun modo essere collegato allo stato di necessità. Quest’ultimo, infatti, presuppone un pericolo attuale di un danno grave alla persona, una condizione che non può essere soddisfatta da una generica condizione di difficoltà economica che spinge a commettere reati contro il patrimonio.
La Corretta Applicazione della Recidiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile e manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che, in tema di recidiva, il giudice ha il dovere di verificare in concreto se la reiterazione del reato sia un sintomo effettivo di riprovevolezza e pericolosità dell’autore. Non è un automatismo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, spiegando che i ricorrenti erano gravati da numerosi precedenti penali. Pertanto, l’ultimo episodio delittuoso non era un fatto isolato, ma rappresentava un chiaro “indice di ingravescente capacità a delinquere”. La decisione di aumentare la pena era, quindi, pienamente giustificata.
Le Motivazioni
La motivazione centrale della decisione di inammissibilità risiede nel carattere “meramente riproduttivo” dei motivi del ricorso. I ricorrenti non hanno introdotto nuovi argomenti di diritto o vizi logici della sentenza impugnata, ma si sono limitati a riproporre le medesime questioni già esaminate e rigettate dai giudici di merito. La Corte di Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione logica e coerente sia nell’escludere l’applicabilità dello stato di necessità, sia nel giustificare l’aumento di pena per la recidiva, basandosi sulla conclamata storia criminale degli imputati.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due principi giuridici di notevole importanza pratica. In primo luogo, conferma che la scriminante dello stato di necessità ha confini ben precisi e non può essere utilizzata come giustificazione per reati patrimoniali derivanti da difficoltà economiche. In secondo luogo, chiarisce che l’applicazione della recidiva richiede una valutazione sostanziale da parte del giudice, che deve considerare la storia criminale del reo come un indicatore della sua attuale pericolosità sociale. La decisione sottolinea, infine, l’importanza di formulare ricorsi in Cassazione basati su vizi di legittimità concreti e non sulla semplice riproposizione di argomenti già vagliati.
La povertà può giustificare un furto in abitazione invocando lo stato di necessità?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che lo stato di necessità si applica solo in caso di pericolo attuale di un danno grave alla persona, e non può essere invocato per giustificare il furto di beni, anche se motivato da una condizione di indigenza.
Quando un giudice può applicare l’aggravante della recidiva?
Il giudice applica la recidiva quando un soggetto, già condannato per un reato, ne commette un altro. Tuttavia, non è un automatismo: il giudice deve valutare concretamente se la reiterazione del crimine sia un sintomo effettivo di maggiore pericolosità e di una “ingravescente capacità a delinquere”, come nel caso esaminato, dove i numerosi precedenti sono stati considerati decisivi.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile, tra le altre ragioni, quando è “meramente riproduttivo”, ovvero si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare nuove questioni di legittimità o evidenziare vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8575 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8575 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a AGRIGENTO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AGRIGENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato, con atto unico, ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo del 12 dicembre 2022 di conferma della sentenza di condanna del Tribunale di Agrigento in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 624 bis 625 n. 2 cod. pen.; 81 comma 2, 110, 337 e 61 n. 2 cod. pen. commessi in Agrigento il 12 maggio 2021.
Rilevato che il primo motivo, con cui hanno dedotto la violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della scriminante dello stato di necessità, è inammissibile perché meramente riproduttivo di censura già adeguatamente vagliata e disattesa dai giudici di merito e, comunque manifestamente infondato. La Corte di Appello ha dato atto che il furto di preziosi all’interno di un’abitazione privata non poteva in alcun modo essere ricollegato allo stato di necessità ovvero all’asserita indigenza degli autori ( pag 4 e 5).
Considerato che il secondo motivo, con cui hanno dedotto il vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della recidiva, è inammissibile perché meramente riproduttivo di censura già adeguatamente vagliata e disattesa dai giudici di merito e, comunque manifestamente infondato. Va ricordato che in tema di recidiva ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità de suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, COGNOME, Rv. 256713). Nel caso di specie la Corte di Appello ha spiegato, con un percorso argomentativo rispondente al principio sopra richiamato, che i ricorrenti erano gravati da numerosi precedenti e che, pertanto, l’ultimo episodio rappresentava indice di ingravescente capacità a delinquere.
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE sp processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE de ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2024
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