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Recidiva e stato di necessità: furto non giustificato

Due fratelli ricorrono in Cassazione contro una condanna per furto, invocando lo stato di necessità per indigenza e contestando l’applicazione della recidiva. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la povertà non giustifica il furto di preziosi e che la recidiva è correttamente applicata in presenza di numerosi precedenti penali che indicano una crescente pericolosità sociale.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Stato di Necessità: la Cassazione fa il Punto sul Furto in Abitazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato due temi cruciali del diritto penale: i limiti della scriminante dello stato di necessità e la corretta applicazione dell’aggravante della recidiva. La pronuncia offre importanti chiarimenti, ribadendo che la condizione di indigenza non può giustificare un furto in abitazione e che la valutazione sulla pericolosità del reo, basata sui suoi precedenti, è fondamentale per l’aumento di pena.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda due fratelli, condannati in primo e secondo grado per furto aggravato in abitazione e resistenza a pubblico ufficiale. I fatti si erano svolti nel maggio 2021. Non accettando la sentenza di condanna della Corte d’Appello, i due imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di contestazione.

I Motivi del Ricorso: Stato di Necessità e Recidiva

Il ricorso presentato alla Suprema Corte si basava su due argomentazioni principali:

1. Violazione di legge sul mancato riconoscimento dello stato di necessità: I ricorrenti sostenevano che il furto fosse stato commesso a causa della loro asserita condizione di indigenza. A loro avviso, questa situazione avrebbe dovuto integrare la scriminante dello stato di necessità, escludendo quindi la loro punibilità.
2. Vizio di motivazione sul riconoscimento della recidiva: Contestavano la decisione dei giudici di merito di applicare l’aggravante della recidiva, ritenendo che la motivazione fornita non fosse adeguata a dimostrare una loro maggiore capacità a delinquere.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva e lo Stato di Necessità

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, confermando integralmente la decisione impugnata. L’analisi della Corte è stata netta e precisa su entrambi i punti sollevati dalla difesa.

L’Infondatezza dello Stato di Necessità

Sul primo punto, la Corte ha specificato che il ricorso era meramente riproduttivo di una censura già correttamente valutata e respinta nei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: il furto di beni preziosi all’interno di un’abitazione privata non può in alcun modo essere collegato allo stato di necessità. Quest’ultimo, infatti, presuppone un pericolo attuale di un danno grave alla persona, una condizione che non può essere soddisfatta da una generica condizione di difficoltà economica che spinge a commettere reati contro il patrimonio.

La Corretta Applicazione della Recidiva

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile e manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che, in tema di recidiva, il giudice ha il dovere di verificare in concreto se la reiterazione del reato sia un sintomo effettivo di riprovevolezza e pericolosità dell’autore. Non è un automatismo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, spiegando che i ricorrenti erano gravati da numerosi precedenti penali. Pertanto, l’ultimo episodio delittuoso non era un fatto isolato, ma rappresentava un chiaro “indice di ingravescente capacità a delinquere”. La decisione di aumentare la pena era, quindi, pienamente giustificata.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della decisione di inammissibilità risiede nel carattere “meramente riproduttivo” dei motivi del ricorso. I ricorrenti non hanno introdotto nuovi argomenti di diritto o vizi logici della sentenza impugnata, ma si sono limitati a riproporre le medesime questioni già esaminate e rigettate dai giudici di merito. La Corte di Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione logica e coerente sia nell’escludere l’applicabilità dello stato di necessità, sia nel giustificare l’aumento di pena per la recidiva, basandosi sulla conclamata storia criminale degli imputati.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due principi giuridici di notevole importanza pratica. In primo luogo, conferma che la scriminante dello stato di necessità ha confini ben precisi e non può essere utilizzata come giustificazione per reati patrimoniali derivanti da difficoltà economiche. In secondo luogo, chiarisce che l’applicazione della recidiva richiede una valutazione sostanziale da parte del giudice, che deve considerare la storia criminale del reo come un indicatore della sua attuale pericolosità sociale. La decisione sottolinea, infine, l’importanza di formulare ricorsi in Cassazione basati su vizi di legittimità concreti e non sulla semplice riproposizione di argomenti già vagliati.

La povertà può giustificare un furto in abitazione invocando lo stato di necessità?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che lo stato di necessità si applica solo in caso di pericolo attuale di un danno grave alla persona, e non può essere invocato per giustificare il furto di beni, anche se motivato da una condizione di indigenza.

Quando un giudice può applicare l’aggravante della recidiva?
Il giudice applica la recidiva quando un soggetto, già condannato per un reato, ne commette un altro. Tuttavia, non è un automatismo: il giudice deve valutare concretamente se la reiterazione del crimine sia un sintomo effettivo di maggiore pericolosità e di una “ingravescente capacità a delinquere”, come nel caso esaminato, dove i numerosi precedenti sono stati considerati decisivi.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile, tra le altre ragioni, quando è “meramente riproduttivo”, ovvero si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare nuove questioni di legittimità o evidenziare vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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