LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Recidiva e spaccio: la Cassazione conferma la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. L’imputato contestava il riconoscimento della recidiva e la quantificazione della pena. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo corretta la valutazione della pericolosità sociale del soggetto basata sui suoi numerosi e specifici precedenti penali, giustificando così una pena superiore al minimo edittale e il diniego di attenuanti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Spaccio: Quando i Precedenti Giustificano una Pena Superiore al Minimo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44071/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la valutazione della recidiva e la sua incidenza sulla determinazione della pena. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, seppur in una fattispecie di lieve entità. La decisione offre importanti chiarimenti su come i precedenti penali specifici influenzino la valutazione della pericolosità sociale e, di conseguenza, il trattamento sanzionatorio.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato sia in primo grado che in appello per il reato di spaccio di stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando un errore nella gestione del trattamento sanzionatorio. In particolare, le censure si concentravano su tre punti:

1. L’illegittimo riconoscimento della recidiva, basato unicamente sui precedenti penali senza una valutazione concreta della condotta.
2. Il diniego della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), nonostante l’esiguo profitto ricavabile.
3. La quantificazione della pena al di sopra del minimo edittale, ritenuta ingiustificata.

L’Analisi della Corte sulla Recidiva

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e ripetitivo di doglianze già adeguatamente respinte dalla Corte di Appello. Il punto centrale della motivazione riguarda proprio la recidiva. I giudici hanno sottolineato come la Corte di merito avesse correttamente giustificato la sussistenza della recidiva qualificata.

La decisione non si è basata su un mero automatismo legato alla presenza di precedenti, ma su un’analisi concreta della situazione personale dell’imputato. Sono stati valorizzati non solo i plurimi precedenti specifici in materia di stupefacenti, ma anche due sentenze divenute irrevocabili pochi mesi prima dei fatti contestati e la pendenza di un altro procedimento per lo stesso reato, commesso appena due mesi prima. Questo quadro, secondo la Corte, non poteva che essere interpretato come un “indice di maggiore pericolosità”, legittimando pienamente il riconoscimento della recidiva.

Il Diniego delle Attenuanti e la Quantificazione della Pena

Anche le altre censure sono state respinte. Per quanto riguarda la circostanza attenuante, la Corte ha ritenuto puntuale la motivazione dei giudici di appello, che l’avevano negata sulla base del possesso, da parte dell’imputato, di una somma di 700 euro in contanti, considerata “niente affatto modesta” e quindi incompatibile con un lucro minimale.

Infine, circa la commisurazione della pena, la Cassazione ha ribadito il corretto uso del potere discrezionale da parte del giudice di merito. Lo scostamento dal minimo edittale è stato giudicato legittimo in quanto fondato su parametri oggettivi, come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato, desumibile proprio dalla sua storia criminale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la propria decisione di inammissibilità sulla correttezza logica e giuridica della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano fornito una risposta puntuale a tutte le censure mosse dalla difesa, esercitando correttamente il proprio potere discrezionale. La valutazione della recidiva è stata ancorata a elementi concreti e specifici (precedenti recenti e specifici, procedimenti pendenti), che delineavano un quadro di persistente inclinazione a delinquere. Questo ha giustificato non solo il riconoscimento della recidiva stessa, ma anche una pena superiore al minimo e il rigetto delle richieste di attenuanti. La decisione si allinea all’orientamento consolidato secondo cui il giudice deve motivare le proprie scelte sanzionatorie basandosi su tutti gli elementi a sua disposizione per valutare la personalità del reo.

Conclusioni

La sentenza in commento riafferma un principio fondamentale: la recidiva non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione ponderata della storia criminale del soggetto. I precedenti specifici, soprattutto se recenti, costituiscono un indice qualificato di maggiore pericolosità sociale che il giudice ha il dovere di considerare nella commisurazione della pena. Questa pronuncia serve da monito: la lieve entità del singolo fatto di reato non è sufficiente a neutralizzare una comprovata e persistente tendenza a commettere crimini della stessa specie, la quale giustifica un trattamento sanzionatorio più severo.

Quando può essere riconosciuta la recidiva in un processo penale?
La recidiva può essere riconosciuta non solo sulla base dell’esistenza di precedenti condanne, ma quando questi, in particolare se specifici e recenti, dimostrano un’effettiva e maggiore pericolosità sociale dell’imputato, come indicato dalla sua storia criminale complessiva.

Perché nel caso di specie è stata negata l’attenuante del danno di speciale tenuità?
L’attenuante è stata negata perché l’imputato è stato trovato in possesso della somma di 700 euro in contanti, che la Corte ha giudicato ‘niente affatto modesta’ e quindi incompatibile con il presupposto di un lucro minimo o di un danno di speciale tenuità.

Un giudice può applicare una pena superiore al minimo anche per reati considerati di ‘lieve entità’?
Sì, il giudice può discostarsi dal minimo edittale anche per reati di lieve entità. La decisione deve essere motivata sulla base di parametri oggettivi, come le modalità del fatto e la personalità dell’imputato, così come emerge dai suoi precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati