Recidiva e Scelta Criminale: Quando l’Appello Diventa Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8199/2024, offre un importante chiarimento sulla valutazione della recidiva nel contesto dei reati legati agli stupefacenti. La decisione sottolinea come la ripetizione di condotte illecite, anche se di lieve entità, possa essere interpretata non come una semplice ricaduta, ma come una scelta deliberata che aggrava la posizione dell’imputato e può portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Roma per un reato di spaccio di lieve entità, ha presentato ricorso in Cassazione. I motivi dell’impugnazione erano focalizzati su due aspetti principali: la presunta eccessività del trattamento sanzionatorio e l’erronea applicazione della recidiva. L’appellante contestava, in sostanza, la valutazione dei giudici di merito che avevano tenuto conto dei suoi precedenti penali per determinare la pena.
La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di recidiva
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo i giudici, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, basandosi su elementi oggettivi e inequivocabili.
La pena, pur se di poco superiore al minimo edittale previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (il cosiddetto ‘spaccio di lieve entità’), era giustificata dalla gravità non trascurabile del fatto, commesso in una zona notoriamente controllata da ambienti criminali per lo spaccio di droga. Questo contesto ha pesato nella valutazione della pericolosità della condotta.
Le Motivazioni
Il punto centrale della motivazione riguarda la recidiva. La Corte ha validato la decisione dei giudici di merito di considerarla sussistente. A sostegno di ciò, sono stati evidenziati non solo due precedenti condanne per reati analoghi commessi nel 2020 e 2021, ma anche l’esistenza di quattro ulteriori procedimenti penali in corso per violazioni identiche, sempre nel 2021.
Questo quadro complessivo, secondo la Cassazione, dimostra che il reato per cui si procedeva (commesso a fine 2022) non era una ‘ricaduta occasionale’. Al contrario, esso rappresentava l’espressione di una ‘consapevole scelta criminale’, sintomatica di una ‘maggiore capacità a delinquere’. In altre parole, la persistenza nel commettere lo stesso tipo di reato indica una precisa volontà di proseguire nell’attività illecita, il che giustifica un trattamento sanzionatorio più severo e il riconoscimento della recidiva.
Le Conclusioni
L’ordinanza stabilisce un principio chiaro: la valutazione della recidiva non si basa solo su un calcolo matematico delle condanne precedenti, ma su un’analisi complessiva della condotta dell’imputato. La presenza di molteplici precedenti specifici e procedimenti pendenti può trasformare la percezione del reato da un episodio isolato a una scelta di vita criminale. Di conseguenza, un ricorso che non offre argomenti validi per contrastare questa logica valutazione dei fatti rischia di essere dichiarato inammissibile. Oltre al rigetto del ricorso, l’inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che le motivazioni della Corte d’Appello, sia sulla lieve entità della pena che sulla sussistenza della recidiva, erano logiche e ben argomentate, senza vizi evidenti.
Come ha fatto la Corte a confermare la recidiva?
La Corte ha confermato la recidiva basandosi non solo su due precedenti condanne specifiche per reati simili (nel 2020 e 2021), ma anche sull’esistenza di altri quattro procedimenti in corso per violazioni identiche nel 2021. Questa sequenza di fatti è stata interpretata come una ‘consapevole scelta criminale’ e non una ricaduta occasionale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8199 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8199  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/04/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
/-
Rilevato che il ricorso /4ancini NOME NOME che, con unico motivo, deduce il vizi motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio e alla ritenuta sussistenza della recid – è manifestamente infondato, avendo la Corte di merito, con una valutazione di fatto n manifestamente illogica, motivato in ordine sia al lieve scostamentc dal minimo edittale relazione alla non trascurabile gravità del fatto, pur riconducibile nella previsione del com dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto commesso in una zona di spaccio notoriamente controllata da ambienti criminali, sia alla sussistenza della recidiva, posto c considerazione delle precedenti condanne per analoghi reati commessi il 28 febbraio 2020 e il 20 novembre 2021, nonché dei quattro procedimenti in corso per identiche violazioni realizzate nel 2021, il fatto per cui si procede, commesso il 6 dicembre 2022, è stato ritenuto espressio non di una ricaduta occasionale nel delitto, ma di una consapevole scelta criminal evidentemente sintomatica di una maggiore capacità a delinquere;
stante l’inammissibilità del ricorso, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazio della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in l’avore della Cassa de ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.